La speranza di una vita normale dopo 5 anni da incubo, la storia dei coniugi Ceglia

Giustizia... alla fine lun 19 febbraio 2018
Cronaca di Elisa Sarchione
3min
Maria Pia Cusenza e Pasqualino Ceglia ©TermoliOnLine
Maria Pia Cusenza e Pasqualino Ceglia ©TermoliOnLine

TERMOLI. Uno sfogo lungo e toccante, quello dei coniugi Pasqualino Ceglia e Maria Pia Cusenza, protagonisti di una singolare vicenda giudiziaria, che, pur essendosi conclusa con una sentenza di assoluzione pronunciata dal gup del tribunale di Larino l’8 gennaio, porta ancora con sé strascichi dolorosi.

Li incontriamo in un bar di Termoli, ed iniziano subito a raccontarmi dell’incubo che vivono da 5 anni, desiderosi come sono che i riflettori non si spengano sulla loro storia. “La sentenza di assoluzione è stata una bellissima sorpresa, non ci speravo proprio, perché sono sfiduciato nei confronti della giustizia, anche se i miei avvocati erano ottimisti (Joe Mileti e Stefania Gianandrea, ndr).”

“Non ho mai avuto nessun dubbio sull’innocenza di mio marito”, dice la signora Ceglia: “siamo sposati da 20 anni, se fosse l’orco che hanno descritto, di certo non ci sarei stata insieme tutto questo tempo. Certo è stata dura senza mio marito: qui a Termoli, a parte la sua famiglia, non ho nessuno, ma ho cercato di essere forte per lottare, per lui e per i miei figli.

”Viene spontaneo pensare allo stigma sociale che un’accusa infamante come quella di abuso sessuale sui figli minori e maltrattamenti familiari comporta in una cittadina piccola come Termoli, in cui tutti si conoscono: “La maggior parte delle persone che mi conoscono erano certi che non mi ero macchiato dei crimini orrendi di cui ero accusato, ho potuto sperimentare la solidarietà di buona parte del paese: Anche il mio titolare è stato subito pronto a riprendermi al lavoro.

E quei pochi che mi additavano, sono stati costretti a ricredersi. L’assoluzione è stata una rivincita.”

Quale è stato il momento più difficile in questi anni?

“Il momento in cui sono stato portato via da casa e sono stato arrestato”, ci dice il signor Ceglia con gli occhi lucidi: “Chi avrebbe pensato alla mia famiglia? Cosa ne sarebbe stato di mia moglie e dei miei figli?”

Dopo l’arresto del padre, i loro tre bambini sono stati portati in comunità protette: “Per loro, naturalmente, è stato traumatico. Abbiamo constatato un peggioramento delle condizioni di salute del nostro primo figlio, che ora ha 19 anni. La nostra figlia più piccola, che all’epoca aveva 2 anni, praticamente non ci conosce: speriamo di riuscire a costruire un rapporto con lei.”

Quali sviluppi ci sono stati dopo la sentenza di assoluzione?

“L’unico sviluppo positivo è che mi sono stati concessi incontri protetti con mio figlio, ma delle mie figlie non so nulla. Anche mia moglie è un anno che non le vede. Ovviamente speravamo che ci sarebbe stato un loro rientro in famiglia, ma per ora ancora nulla si muove. Capiamo che, per il loro benessere, un eventuale rientro debba essere graduale e ben preparato, ma non capiamo perché, nonostante una sentenza di assoluzione, le istituzioni non cominciano a muoversi in tal senso: addirittura si è parlato di darli ad una famiglia affidataria: sappiamo che sarebbe un provvedimento temporaneo, ma la nostra paura è che si affezionino a questa famiglia e si dimentichino di noi.”

Cosa desidera per il futuro questa famiglia?

“Innanzitutto buttarci tutto alle spalle e tornare a vivere la nostra vita di sempre, come prima che iniziasse questo incubo, con i nostri figli a casa: questo è il nostro sogno, e useremo ogni mezzo che la legge ci consente per realizzarlo, non smetteremo di lottare.”

Immagino che, ora che questa vicenda si è giuridicamente conclusa a vostro favore, la voglia di rivalsa sia tanta:

“Non sono vendicativo, non è nella mia natura, ma di certo io e mia moglie vogliamo giustizia: è frustrante vedere che nei confronti di chi mi ha calunniato e ha rovinato la nostra vita non è stato preso alcun tipo di provvedimento. Inoltre credo che lo Stato, che ha svolto le indagini in maniera così superficiale, debba risarcirmi per tutto quello che ho ingiustamente subito. Un risarcimento che useremmo per ricominciare da capo, possibilmente il più lontano possibile da Termoli.”

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