Il generale Mori a Campobasso: “Mi difenderò ancora, nel rispetto delle istituzioni”

Diritto e legalità ven 18 maggio 2018
Attualità di La Redazione
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Il generale Mori tra i relatori del convegno ©Campobassoweb
Il generale Mori tra i relatori del convegno ©Campobassoweb

CAMPOBASSO. Una delle pagine più importanti delle cronache nazionali, uno dei protagonisti indiscussi nel panorama antimafia italiano: il generale Mario Mori, già comandante dei carabinieri del Ros, è arrivato questo pomeriggio a Campobasso per raccontare la sua storia, le sue lotte, gli eventi che lo hanno portato a doversi difendere in Tribunale dopo le operazioni di contrasto alla criminalità organizzata condotte in ambito professionale.

“Il giorno della giustizia”, appuntamento organizzato dall’Unione italiana forense – sezione Molise, comincia proprio dalla testimonianza del generale:

«Sono stato per quarant’anni un ufficiale dei carabinieri in servizio permanente; da 18 anni, invece, mi definisco “imputato in servizio permanente” - dice il generale con tono ilare - Ho subito una serie di procedimenti giudiziari; il primo: favoreggiamento di Rina, nonostante io abbia avuto il merito di averlo arrestato. Sono stato rinviato a giudizio nel 2006 e assolto nel 2007 e la Procura, peraltro, non ha nemmeno fatto ricorso in appello, perchè la sentenza chiarì che non ci fu alcuna trattativa tra carabinieri e mafia”.

“Successivamente - continua Mori - nel 2008, sono stato accusato sulla base delle accuse di Massimo Ciancimino per favoreggiamento di Provenzano: anche in questa occasione sono stato assolto pienamente, nel 2017. Ma non è bastato».

Già, perché lo scorso aprile l’ex vertice dei Ros è stato condannato a 12 anni in prima istanza, nell’ambito del processo sulla presunta trattativa Stato-Mafia.

«Sono stato accusato di aver condotto una trattativa per conto dello Stato al fine di convincere casa nostra ad attenuare la sua spinta terroristica: qualche mese fa il processo si è concluso nella sua prima fase con una condanna. Io ho molta pensato su cosa abbia spinto certi ambienti a tutto ciò. Ho comandato dall’86 al 1990 il gruppo dei Carabinieri ed elaborai la teoria che per colpire la mafia bisognava colpire la sua economia: nacque così l’nformativa “Mafia e appalti”, consegnata nel 1891. Falcone ci sostenne.

La Procura di Palermo, invece, concesse tutto il testo dell’informativa ai legali dei mafiosi, che ebbero così modo di venire a conoscenza di tutto quanto avevamo in possesso sul l’iro conto. Anche Borsellino si convinse che quello era il filone giusto ma, a tre giorni dalla sua morte, il gip firmó incredibilmente l’archiviazione di quel filone investigativo. Non posso dire nulla su questo ultimo processo, anche perché ancora non conosce la fine, ma posso affermare sicuramente che è nato dalle stesse carte e dalle stesse testimonianze di quelli precedenti. Sono fiducioso sull’esito. Mi difenderò, con le mie asperità caratteriali, ma sempre nel rispetto delle istituzioni. Perché io sono un uomo di istituzione”.

L’evento - cui hanno partecipato Nicola Lucarelli, delegato alla formazione del Consiglio dell’Ordine degli avvocati di Campobasso, Marco Angiolillo, componente del direttivo nazionale e presidente dell’Unione Nazionale Forense Molise, Roberto D’Aloisio, vice presidente UIF Molise e Demetrio Rivellino, presidente dell’Ordine degli avvocati di Campobasso e componente Ocf - ha rappresentato anche un’occasione proficua per riflettere sullo stato del diritto odierno e sulla necessità di opportune riforme di settore

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