Assunzioni: selezione pubblica e criteri di valutazione. Quanti Comuni lo fanno?

Burocratese gio 16 novembre 2017
Lavoro ed Economia di Claudio De Luca
2min
Corte di Cassazione ©n.c.
Corte di Cassazione ©n.c.

LARINO. Una selezione pubblica, volta ad accertare il possesso di comprovata esperienza e di specifica professionalità nelle materie oggetto di un incarico da conferire, pur non avendo natura concorsuale, dev'essere ugualmente sottoposta ai principi derivanti da norme costituzionali. In materia esiste un chiaro orientamento giurisprudenziale che impone l’attivazione di una procedura selettiva (preliminare al pubblico concorso) da cui siano estraibili valutazioni comparative che permettano di esternare le ragioni giustificatrici delle scelte che seguiranno. Anche la Corte di Cassazione ha affermato il principio secondo cui gli atti di conferimento di incarichi dirigenziali rivestono la natura di determinazioni negoziali assunte dall'Amministrazione con la capacità ed i poteri del privato datore di lavoro, obbligando alla predisposizione di clausole generali di correttezza e di buona fede da applicare alla stregua dei principi di imparzialità e di buon andamento tali da permettere di esternare le ragioni giustificatrici delle scelte. Se ne evince che, se l'Amministrazione non abbia fornito nessun elemento circa i criteri e le motivazioni seguiti nella scelta dei dirigenti, è configurabile un inadempimento contrattuale.

Giova anche ricordare che il “decreto Brunetta” impone all'Amministrazione un preciso onere circa le ragioni ed i criteri di scelta seguiti per il conferimento dell'incarico dirigenziale. Ciò vuol dire che gli enti locali, nell’affidare posizioni di responsabilità dirigenziale (sia pure con contratti a tempo determinato), non rimangono esonerati dallo svolgere procedure concorsuali. In tale contesto si inserisce una sentenza del Tar Umbria che conferma come persino una selezione pubblica, aperta anche a candidati esterni e contraddistinta da una selezione dei candidati (di cui sono stati valutati i ‘curricula’ ed esperito un colloquio), parrebbe assumere valenza para-concorsuale essendovi una selezione comparativa tra candidati che assume consistenza di interesse legittimo all'ottenimento dell'incarico. L’importante è che la selezione non possa concretare una scelta “intuitu personae” dal momento che il conferimento di incarichi dirigenziali a soggetti esterni all'Amministrazione comporterebbe, in quanto costitutivo di un rapporto di impiego pubblico, una aperta deroga al principio costituzionale dell'accesso tramite pubblico concorso - valevole anche per le assunzioni a tempo determinato.

In buona sostanza, una scelta “intuitu personae”, motivata con l'esigenza di un rapporto di fiducia tipico del profilo dirigenziale, risulterebbe preordinata non già alla scelta del Dirigente migliore bensì a quello “maggiormente affine” all'indirizzo politico dell'Amministrazione con grave pregiudizio per lo stesso principio di separazione tra attività di indirizzo politico e attività di gestione amministrativa sancita dal Codice sul Pubblico Impiego e dal Tuel. Se ne evince che l'art.110, c. 1, indipendentemente dalla questione della natura pubblica o privata dell'atto terminale di conferimento dell'incarico, il Tuel conferma che la funzione dirigenziale non costituisce una deroga alla regola del concorso pubblico, trattandosi di una selezione para-concorsuale retta dai principi di trasparenza, imparzialità e ‘par condicio’. E ciò è ancora più vero quando un'Amministrazione abbia applicato lo strumento normativo suesposto prevedendo l'assegnazione di un punteggio ai ‘curricula’ con una soglia minima per l'accesso al colloquio e con un punteggio finale dato dalla sommatoria tra i punti ottenuti nella valutazione del curriculo e del colloquio stesso, ovvero optando per una valutazione di tipo comparativo e posta a procedimento imposto (Sez. lavoro della Corte di Cassazione, sentenza n. 9814 del 14 aprile 2008).

Claudio de Luca

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