Chiudono gli esercizi commerciali per una pianificazione mai fatta

Sipario mer 11 luglio 2018
Lavoro ed Economia di Claudio de Luca
3min
Saracinesca ©Youtube
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LARINO. In Molise è impossibile continuare ad essere “il buon mercante, inteso alla moneta” di gozzaniana memoria. I Paesi stanno morendo e la politica langue, occupata com’è in ben altre faccende più intriganti. Per conseguenza. le saracinesche chiudono e le luci serali delle vetrine si spengono senza destare stupore. In dieci anni la regione ha perso circa 1.000 imprese. A Campobasso pressoché tutti i locali di Via Ferrari espongono il cartello "affittasi". Sì, ma a chi? Forse che diventa più giusto (?) investire in agricoltura, negli allevamenti e nel turismo? E, mentre si pensa al domani, calano soprattutto le serrande delle attività di vicinato, le più essenziali per garantire vitalità ad ogni Comunità. Non va scordato che ciascun esercizio costituisce la perdita di un pezzo del tessuto di un territorio. Eppure a Venafro la situazione è - a dir poco – drammatica. Ma la situazione non è diversa a Termoli e soprattutto a Larino dove il settore è precipitato sotto l’incalzare di una crisi che non ha lasciato scampo ai ‘piccoli’, mal supportata dalle istituzioni pubbliche per permettere di indirizzare investimenti diversi. Al presente Cittadine e Paesi pagano lo scotto di una programmazione mai attivata nel corso dei decenni ed il palcoscenico percepito nel succitato quarto centro del Molise non incoraggia.

Ciò nonostante, le testate giornalistiche sono piene delle ‘iniziative’ che la politica vorrebbe (o avrebbe voluto?) attuare per il settore. Purtroppo è solo pubblicità che fornisce pessima comunicazione ai lettori. Non v’è stato alcuno ‘scriba’ che abbia avuto il buonsenso di mettere in evidenza cosa farebbe Tizio, se fosse eletto, con quali obiettivi ed utilizzando quali risorse. Finora nessuno ha parlato mai di un nuovo piano regionale di sviluppo, una volta dato per scontato che quello che attualmente fa da riferimento, è stato superato col passare dei decenni. Eppure, non c’è altra necessità che mettere organicamente in piedi un piano complessivo delle risorse umane, tecniche, e finanziarie di cui disponiamo e potremmo disporre - come Regione - per indicare con chiarezza (e senza tortuosità) il cammino da fare per riportare il Molise su livelli di produttività e occupazione ante-crisi.

Finora ai candidati-presidenti è stata scaricata una valanga di proposte e di suggerimenti, di richieste e di sollecitazioni che, probabilmente, più che aiutarli a capire qualcosa li ha solo frastornati. Ma è tanta la coscienza che siano a digiuno di idee, di progetti e di conoscenze specifiche e collettive in grado di risollevare le sorti del territorio, che ciascuna organizzazione e/o rappresentanza categoriale si è sentita e si sente in dovere di sorreggerli in qualche misura e con qualche proposta da portare avanti. In ordine di tempo, si sono cimentanti i molisani di Roma delle “Forche Caudine”, i Vescovi delle Diocesi molisane, gli imprenditori edili dell’Acem e poi la Confesercenti che ha illustrato ciò di cui il settore ha bisogno per ritornare ad essere protagonista nell’economia molisana. Come per le precedenti occasioni, anche in questa, crediamo che la ristrettezza di tempo sarà un ostacolo alla possibilità che i candidati acquisiscano fino in fondo le motivazioni che vengono loro presentate, le necessità che vengono richieste di essere tenute in considerazione e soddisfatte, favorendo un generico assenso, una vaga promessa di attenzione ed una promessa di assunzione di responsabilità.

Per cui, più che le ‘bugie’ della transizione pre-elettorale, sarà interessante verificare ciò che verrà detto e fatto ad elezioni concluse e a governo regionale insediato. Col rischio più che probabile (e verificato) che le promesse le porta via il vento del successo, lasciando gli eletti in balìa dello strumentalismo politico e degli interessi che fanno capo e riferimento ai gruppi di potere e ai loro intrecci di reciproca convenienza.

Claudio de Luca

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