Il cuore delle Tremiti minacciato per 5 euro a metro quadrato

Un regalo ai petrolieri lun 16 luglio 2018
Lavoro ed Economia di Claudio de Luca
2min
Isole Tremiti ©Termolionline.it
Isole Tremiti ©Termolionline.it

ISOLE TREMITI. Per quanto concerne le ricerche dell’oro nero, l’Italia costituisce una sorta di “paradiso fiscale” per tante società straniere. Per esempio, la “Petroceltic international” era convinta che, al largo delle Tremiti, ci fosse tanto petrolio; ma la decisione di trivellare incontrò l’opposizione della Regione Puglia, del Comune dell’arcipelago, di una parte dei politici e delle istituzioni regionali e provinciali molisane ed àppule. Si temé che potesse riuscirne distrutto il patrimonio naturalistico del Gargano e delle Diomedee. Ma perché, proprio sul territorio italiano, abbondano tante richieste per cercare idrocarburi? Estrarre petrolio lungo lo Stivale è vantaggioso. Gli atti della Commissione ambiente della Camera dicono che in Italia sono in esercizio oltre 700 pozzi e 115 piattaforme; poiché il fatturato annuo ammonta a 15 miliardi di euro, ciò comporta un introito per lo Stato di un paio di miliardi. I permessi di ricerca sono un centinaio per 37.763 chilometri circa e le concessioni di coltivazione 200 per 18.068 km. Oggi la produzione di petrolio è in flessione (4,5 milioni di tonnellate); quella di gas è stata di 7,9 miliardi di metri cubi standard (-13%).

Cosicché, per le trivelle che minacciano il cuore delle Diomedee, l’Italia incasserebbe poco più di 5 euro per ogni metro quadrato. E, considerata la risicatezza di tali importi, la ‘Petroceltic’ ha sempre ritenuto opportuno di aggiudicarsi nuovi permessi di esplorazione. L’area in prospezione si trova in acque profonde dai 30 ai 150 metri e risulta essere “infetta” dai residuati bellici della Seconda guerra mondiale e da quelli dei bombardamenti del Kosovo ordinati – come si ricorderà - da Massimo D’Alena quand’era al Governo. L’area costiera (che si estende da Martinsicuro alle cinque isole dirimpettaie di Termoli) è parte di un parco marino istituito sin dal 1989; ma, ciò nonostante, le trivellazioni hanno preso a toccarlo.

Ad illustrare i motivi per cui le Società straniere trovano comodo cercare l’oro nero in Italia è stata la canadese ‘Cygam Energy’, secondo i cui amministratori la struttura nostrana delle’royalties’ è una delle più convenienti al mondo, dal momento che - per i permessi ‘offshore - quelle sulla produzione ammontano soltanto al 4% quando, nel resto dei Paesi produttori, il livello è fissato in misure che vanno dal 30 all'80%. Per di più, è previsto che non si debba versare alcunché sui primi 300mila barili lavorati ogni anno e per ogni giacimento. Ciò lascia intendere che, se una Società se ne sia aggiudicati sette, il tetto entro cui potrà produrre liberamente è dato dal risultato che si ottiene moltiplicando i 300mila barili per sette.

Tutto ciò rende una produzione di oro nero libera da ‘royalties’ sui primi 822 barili quotidiani per ogni giacimento. Analogo discorso vale per il gas la cui produzione ‘offshore’ è soggetta ad una ‘royalty del 7%, con i primi 1.750 milioni di piedi cubi all'anno (e per giacimento) esenti da ritenute fiscali. Infine, sempre con riferimento al sistema di tassazione, quello sulle società si pone al massimo al 33% e non ci sono restrizioni al rimpatrio dei profitti maturati in Italia. La ‘Cygam’ conta sei permessi di ricerca per idrocarburi in altrettante aree, così distinti: 126 km quadrati nell'Adriatico, 337 nel Canale di Sicilia, 615 a Nord della Maiella in Abruzzo, 154 in provincia di Foggia, 165 in provincia di Potenza e 155 ancora in Dàunia. Capito mi hai?

Claudio de Luca

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