«Referendum non praticabile», in Consiglio sbotta la minoranza

Epilogo mar 15 maggio 2018
Politica di La Redazione
4min
I consiglieri nella conferenza stampa lampo ©Termolionline.it
I consiglieri nella conferenza stampa lampo ©Termolionline.it

TERMOLI. Il Consiglio comunale, a maggioranza, boccia l'istanza referendaria per motivi di bilancio, non avendo attivato un apposito capitolo, e scatena il putiferio tra gli scranni di minoranza, che in larga parte abbandona l'aula e tuona contro l'amministrazione Sbrocca in conferenza stampa.

Si è consumato davanti a decine di occhi e orecchie di cittadini e consiglieri di opposizione esterrefatti l'ennesimo niet di via Sannitica alla pronuncia popolare consultiva in merito al piano di riqualificazione del centro storico.

A porre la questione pregiudiziale in aula, dopo l'illustrazione della mozione, è stato il consigliere di maggioranza Mario Orlando, osteggiato chiaramente dai proponenti, ma nell'assise civica i numeri sono schiaccianti a favore del primo cittadino e della sua squadra di Governo, da qui l'esito assai scontato della faccenda.

Parole dure, durissime all'indirizzo del centrosinistra, che per Daniele Paradisi ha dato «l'ennesima prova di negazione della democrazia ad esprimersi su contenuti sui quali si sta dibattendo, abbiamo assistito all’ennesima spallata ai principi democratici nel momento in cui è stata negata la possibilità di discutere su un tema prima della pregiudiziale, posta e votata in maniera scandalosa.

Era stato rilasciato un parere dal Segretario comunale Vito Tenore che non era nelle sue competenze perché è meramente consultiva e perché il parere settoriale spetta ai vari settori, al dirigente del settore finanze che avrebbe dovuto rilasciare un parere senza sostituirsi alle prerogative del Consiglio comunale, unico organo che avrebbe potuto dire che non c’erano soldi per fare delle iniziative di competenze del Consiglio comunale stesso.

Possono essere revocate solo da una legge e non da un parere di un Segretario comunale rilasciato al di là delle sue competenze, se si arriva al punto in cui a un dirigente del Comune di Termoli viene consentito di sostituirsi al Consiglio comunale siamo arrivati alla chiusura del cerchio ,la maggioranza impedisce il confronto, si trincerano dietro bizantinismi di natura lessicale sui quali andremo a fondo, un parere rilasciato dai contenuti non propri mortificando il Consiglio comunale nella complicità di quanti dovrebbero difendere queste prerogative come il presidente del Consiglio e capigruppo di maggioranza complici e silenti». Ennesimo scempio istituzionale il giudizio esternato da Paolo Marinucci.

«Il parere è solo carta straccia, unico modo per farlo diventare valido era farlo arrivare come pregiudiziale bypassando il parere, questo è un attacco alla democrazia della città a questo punto venisse un commissario e governasse la città. A cosa serve un Consiglio che non può decidere delle somme a bilancio, chi farà le variazioni a bilancio? Il consiglio comunale può anche stabilire di non fare l’estate termolese e fare il referendum, questa maggioranza ha detto che non ci saranno variazioni o assestamenti di bilancio, siamo arrivati alla frutta, è una maggioranza che non sa cosa significa avere a cuore la città e la democrazia.

Rilascia un parere tecnico su una questione contabile il 3 maggio, il 6 maggio il dirigente dice che visto che il segretario ha dato un parere tecnico va bene così, siamo arrivati alla barzelletta, considerato che il regolamento della partecipazione dei cittadini dice che con delibera di Consiglio va fatto in variazione di bilancio successiva perché se si fa un seggio solo non costa come farne 29, il regolamento per una questione di costi aveva previsto la possibilità di fare anche un solo seggio».

Non è dolce di sale, ovviamente, Nick Di Michele. Riferendosi anche a Marinucci e Marone, «qui ci sono 3 candidati sindaco che rappresentano oltre il 60% dei cittadini termolesi.

Abbiamo subito un’onta gravissima, adesso c’è una escalation che sta andando verso la fine di questa maledetta legislatura e per l’ennesima volta non hanno avuto il coraggio di alzare la mano nei confronti dei cittadini, noi diremo i nomi delle persone che hanno alzato la mano, il male maggiore, per continuare su questa strada. Oramai il consiglio è stato depauperato di ogni diritto, ogni volta si va avanti per maggioranza, ci libereremo di quest'altra piaga e poi chi verrà a fare il sindaco sarà il sindaco più democratico possibile».

Riflessione politica, così l'ha presentata Michele Marone.

«La maggioranza manifesta chiaramente il timore di far svolgere regolarmente il referendum. Si tratta di un'opera macroscopica, che cambia il volto alla città e noi continuiamo a dire sconvolge il volto della città, opera che vogliono fare a tutti i costi in questa amministrazione procedendo all’approvazione di questa opera assurda e non necessaria alla città di Termoli, che ha bisogno di manutenzione, rimettendo in sesto la città, e poi si pensa a programmare le opere. Oggi ancora una volta si dimostra e prova in maniera concreta che si ha paura che a Termoli si svolga questo referendum popolare su una opera impattante, normale sarebbe porla al vaglio di tutta la cittadinanza, da più parti riceviamo il dissenso rispetto al Tunnel, ma oltretutto la natura di questo referendum è consultivo, non vincolante, e quindi hanno paura e questa paura comporta un ulteriore schiaffo alla democrazia e alla cittadinanza termolese. Questi signori non vogliono considerare le istanze di tanti cittadini. Abbiamo assistito a questo spettacolo indecente. Ci faremo portavoce presso la nuova presidenza della Giunta regionale che si dovrà esprimere sulla variante perché la Regione coi suoi poteri vada a vagliare tutte le criticità amministrative e urbanistiche che abbiamo già sollevato nelle sedi opportune e agli organi di controllo».

La chiosa è affidata a Daniele Paradisi, che aveva aperto la serie degli interventi.

«Da tutti c’è lo aspettavamo, tranne che dal popolo delle primarie, facciamolo il referendum, non solo per dirimere le faide all’interno dei partiti quando si tratta di usare gli istituti di democrazia diretta per capire davvero quale è la volontà popolare per loro il referendum non si deve fare».

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