Mancate rivoluzioni, ma riuscita (?) elezione

Analisi logica mar 19 giugno 2018
Politica di Claudio de Luca
3min
Palazzo Ducale ©Termolionline.it
Palazzo Ducale ©Termolionline.it

LARINO. Un lustro addietro quella della “Fabbrica delle idee” era parsa ai più una sorta di rivoluzione; ma, poiché non lo era di fatto la vicenda è finita nel peggiore dei modi. Il fatto è che Larino (ed il Molise in genere ), con certe drastiche mutazioni, ha sempre intrattenuto rapporti tormentati e difficili; e, nel corso della storia, è possibile ricordare solo quella del brigantaggio meridionale cantato anche da Iovine. Ecco perché – al massimo - abbiamo avuto corsi e ricorsi, sinché siamo finiti nelle mani (incàute?) di personaggi applauditi (e poi rifiutati!) persino dai tanti sanculotti che li avevano partoriti.

Al punto che gli antichi ‘Fabbricatori’ hanno deciso di non collocarsi in alcuna delle cosiddette ultime liste ‘civiche’, fatta eccezione per il bravo ex-assessore Vitulli. Presumibilmente, un po’ tutti, devono avere temuto di poter essere ‘mangiati’ nelle cabine dagli accoliti del quinquennio precedente e di fare la fine di donna Eleonora Pimentel de Fonseca, messa a danzare appesa alla forca di una piazza di Napoli mentre la gente le ballava d’intorno, oscenamente sbirciando sotto la sua veste, lanciando grida di giubilo all’indirizzo del boia Mastro Donato. Cantavano rime a cappella sul ritmo di una giga indiavolata:”Addò è gghiuta ‘onna Eleonora, c’abballava ‘ncopp’ ‘o triate? Mo abballe miez’ ‘o mercato ‘nsieme cu mastu Donato”. Da quel bagno di sangue, a Napoli nacque il Risorgimento italiano, che pure già portava con sé il germe di un possibile fallimento, unito alla convinzione profonda dell’impossibilità di recare una vera luce di civiltà in contrade tanto buie ed infide. Ora, a Larino, con meno sangue (ma con tanta democrazia), gli elettori hanno sgranato un rosario quasi del tutto nuovo, dimostrando che chi aveva appena lasciato le cadrèghe di Palazzo ducale non aveva punto convinto, ad onta degli inutili proclami finali sul “grande” lavoro posto in cantiere.

Però – scrive qualcuno - il risultato elettorale non sarebbe stata una ‘rivoluzione’, ma solo il buon successo del ‘risiko’ della lista-Puchetti, finita bene per essere stata accortamente assortita nelle sue varie componenti, maschili e femminili. L’ha sottolineato il candidato di una compagine rifiutata dalla Commissione elettorale comunale che ha inteso di dover tracciare perfino i meriti (?) che avrebbero avuto alcune illustri parentele del neo-Sindaco che - politicamente – oggi varrebbero quanto il due di picche se la briscola sia a danari. Nella disàmina l’unica cosa vera è che non si è trattata di una ‘rivoluzione’, dal momento che un fenomeno del genere (accostato all’indole larinese, così poco inclìne alle mobilitazioni strategiche) suona quasi quanto un paradosso.

Tutt’al più si potrebbe chiamarle ‘rivoltine’, ‘tumulti’, ‘moti’, rivolture, forse tempeste improvvise che si scatenano nel mare, sollevando onde che non riuscirebbero mai ad affogare qualcuno. In effetti, passata la ‘tempesta elettorale’, il mare si è già placato, perdendo ogni residua increspatura; anzi addirittura pare non essersi mai mosso, lasciando sotto l’acqua il relitto affogato dagli stessi naviganti del quinquennio appena trascorso. Volendo potremmo scendere, in apnea, a visitarli, incontrandone i fantasmi che non riescono più manco a sussurrare nenie di dolore moleste. E così, a Larino, la storia si incista nel ricordo, pur senza pretendere di rimanere attuale; e pare mutarsi in un gioco delle parti di cui gli stessi nuovi protagonisti (Puchetti & C.) devono sperare di non perdere mai il vero filo. Ma Pino è una vecchia lenza che sa come muoversi nei meandri del Palazzo; deve stare solo attento a scegliere bene i collaboratori e – ‘in primis’ – il Segretario comunale senza mostrare di avere paura della Comunità frentana che, di sovente, si rivela mutevole e capricciosa.

Un popolo che, mentre il mondo viaggia e dovrebbe spostarsi per cercare di uscire dal proprio orticello per trovar fortuna, lamenta come una sciagura l’eventualità di staccarsi da certe sue eterne abitudini. Una Comunità che, in buona sostanza, confida nel fatto che - da certe mense - potrà pur sempre cadere qualche briciola, mentre è in netto calo la densità demografica di questa ‘Civitas’ collocata in un area dove le distanze tra una ed un’altra possono essere coperte solo con mezzi pubblici e privati. Lavoro non facile per un Sindaco; ed ecco perché auguriamo a Pino Puchetti di far bene a favore del suo Paese, perché è interesse di tutti (a qualunque congregazione si appartenga) di fare bene le cose.

Claudio de Luca

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