Sanzioni: gli inganni dei Comuni
Veicoli al crocevia
di
Claudio De Luca
2min
Sono in tanti a pensare che i Comuni usino la disciplina della circolazione stradale solo per fare cassa. Però l’Associazione nazionale degli enti locali territoriali respinge questa affermazione e nega che quello delle “multe” sia esclusivamente un ‘business’. Il fatto è che le cronache giudiziarie degli ultimi dieci anni sembrerebbero dimostrare il contrario dal momento che comportamenti discutibili (talvolta addirittura illegittimi se non illegali o semplicemente subdoli) vengono posti in essere da tanti Comandi di Polizia. Le vicende che hanno sollevato più polemiche ammontano ad una diecina e concretano un campionario di trucchi utilizzati al solo scopo di compilare più verbali di accertamenti di infrazione, aumentando il gettito degli introiti contravvenzionali. Ad ogni buon conto manco ciò potrebbe giustificare gli automobilisti irrispettosi del Codice né accusare – indistintamente – tutti i Corpi di Polizia. Gli utenti della strada che abbiano violato le norme debbono sempre essere sanzionati. Ma non sarebbe ammissibile che, a non rispettare le regole, siano proprio coloro che indossano una uniforme. In un Paese civile non può essere ammesso che, sia pure per far rispettare una norma, si violi la legge oppure si abusi dei suoi contenuti. Nel 2016 I Comuni hanno incassato dai verbali di accertamento di violazioni 1,42 miliardi di euro (il 4,2% in più rispetto al 2015). Palazzo Marino a Milano è quello che ha ricavato di più (157 milioni, il 22% in mano in confronto ai circa 200 del 2015). Alle spalle del capoluogo lombardo c’è Roma con 144,6 milioni; soltanto uno in meno rispetto all’anno precedente. Le varie Città metropolitane (le ex-Province di Roma, Milano, Napoli, Torino, Genova, Venezia, Firenze, Bologna e Bari) hanno messo in cassa 50,7 milioni (+19%) mentre tutte le altre Amministrazioni provinciali hanno ricavato 83,3 milioni (+21%). In totale agli ee.ll. le ‘contravvenzioni hanno fruttato più di 1,55 miliardi di euro. Restando in argomento, ci piace ricordare che – in forza della legge – I parcometri devono avere il ‘pos’, dando la possibilità di pagare, oltre che con le monete, pure con il ‘bancomat’ e con le carte di credito. Il termine per l’adeguamenrto è scaduto il 1° luglio del 2016. Peccato, però, che, accampando la scusa di fantomartici problemi tecnici, non tutti i Palazzi si siano adeguati. Il risultato è stato che in troppe realtà pagare la sosta è diventato un affare complicato, nel senso che è diventato più facile sbagliare, vale a dire pagare di meno, rispetto al dovuto, per carenza di moneta, rischiando una sanzione di 41 euro seppure si sia sbagliato per pochi centesimi. Ma di questo parleremo più diffusamente trattando - prossimamente - il problema della trappola della sosta (continua – 1).