Il contrassegno dell’assicurazione illeggibile

lun 25 settembre 2017
Veicoli al crocevia di Emanuele Bracone
3min
Il contrassegno dell’assicurazione illeggibile ©n.c.
Il contrassegno dell’assicurazione illeggibile ©n.c.
Un automobilista viene reso destinatario di un sommario processo verbale perché, su di un veicolo in sosta, i Vigili urbani non erano riusciti a leggere il contenuto del contrassegno assicurativo. A notifica avvenuta, il sanzionato mette in dubbio quanto accertato in quel titolo esecutivo, e sostiene che, invece, il documento era stato esposto. Però, questa sua tesi si scontra con la giurisprudenza e con la dizione della contestazione degli agenti. In effetti, quando il contrassegno non sia ben visibile, la circostanza rimane sicuramente sufficiente ad integrare la violazione prevista dall’art. 181 del Codice stradale. Ancora una volta, l’ipotesi sopra rappresentata rende evidente la leggerezza con cui molti affrontano un giudizio, talora anche quando debbano corrispondere importi irrisori, opponendosi a dichiarazioni rese da pubblici ufficiali; e ciò sia detto nulla togliendo al diritto di chiunque di far valere le proprie ragioni, reali o presunte che siano. Eppure sono proprio questi casi che nascondono insidie giudiziarie imponderabili, che potrebbero portare anche ad affrontare una querela di falso, ovviamente con scarso successo per il ricorrente, con il rischio di incorrere in una denuncia per calunnia. Ciò posto, continuiamo nella descrizione del caso sopra ipotizzato. Effettivamente, il verbale in commento inerisce all’accertamento della violazione del succitato art.181 secondo i suoi contenuti il contrassegno assicurativo del veicolo non risultava leggibile ai due pubblici ufficiali che avevano proceduto alla redazione dell’atto di contestazione e di notifica. Il ricorrente, invece, sosteneva che il documento era leggibile e che, del fatto, potevano fornire accurata testimonianza i due amici che lo aveva accompagnato a riprendere il veicolo, subito dopo avere finito di pranzare insieme. Purtroppo per l’opponente, i due pubblici ufficiali, in motivazione al verbale di accertamento (costituente atto pubblico, facente fede dei fatti in esso descritti sino a querela di falso), specificavano che il contrassegno non poteva essere letto, proprio in relazione ai suoi dati essenziali, stante la posizione assunta dallo stesso e la copertura di un vetro oscurato. Se il contrassegno costituisce l’attestazione che rende pubblica e accertabile la copertura assicurativa (e, di conseguenza, la sua esposizione, sancita come obbligatoria dall’art. 181 Cds, è finalizzata in tal senso), una sua non corretta ostensione appare sicuramente inefficace alla funzione del contrassegno, e rende tale documento ‘tamquam non esset’. D’altronde, correttamente, nel nostro ipotetico verbale di accertamento, era stata riportata la dicitura “sostava senza esporre il contrassegno comprovante la copertura assicurativa”, con ciò intendendo che sul veicolo poteva essere esposto qualsiasi documento, ma che quello esternato con la modalità descritta non avrebbe potuto comprovare alcunché. Per conseguenza, non era stata contestata la violazione dell’art. 193 (quella prevista per l’assenza della copertura assicurativa), quanto piuttosto l’ipotesi - più mite per chi non la comprovi - della corretta esposizione del contrassegno. Ciò posto, atteso che un verbale redatto dai pubblici ufficiali fa fede sino a querela di falso dei fatti in esso attestati, non si potrebbe di certo ritenere che la non leggibilità del contrassegno (così come certificata nell’atto pubblico dai Vigili urbani) possa essere ritenuta una libera valutazione degli agenti, piuttosto che la constatazione di un dato di fatto. Anche le eventuali testimonianze, addotte dal trasgressore, nulla aggiungerebbero all’accertamento, pure perché i testi indicati dal ricorrente potrebbero riferire solo su di una situazione successiva, che potrebbe essere stata ben diversa da quella accertata e descritta nel verbale. Da tutto quanto sopra esposto, deve concludersi per l’inopportunità di resistere in giudizio da parte di un trasgressore che, sicuramente, si vedrebbe non accogliere il ricorso da parte delle competenti Autorità (quella amministrativa, il Prefetto; o quella giurisdizionale, il Giudice di pace). Claudio de Luca

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