Multe, l'arrotondamento degli importi e la cancellazione degli accertamenti

lun 16 ottobre 2017
Veicoli al crocevia di Claudio De Luca
4min
Multe, l'arrotondamento degli importi e la cancellazione degli accertamenti ©n.c.
Multe, l'arrotondamento degli importi e la cancellazione degli accertamenti ©n.c.
Per comprendere la differenza tra i casi in cui l’arrotondamento degli importi di una sanzione va fatto e quelli in cui i centesimi restano occorre illustrare il meccanismo di applicazione delle “multe". Per ogni violazione il Codice stabilisce un importo minimo ed uno massimo. Salvo rare eccezioni, a chi paga entro 60 gg. dalla notifica del verbale è sufficiente versare il minimo, perché si rientra nel “pagamento in misura ridotta” (art. 202). Qui, l’arrotondamento si applica, così come in tutte le circostanze in cui la somma da pagare è scritta direttamente dalla norma o è fissata dal Prefetto. In alcuni casi, però, l'importo va determinata. Tali fattispecie sono principalmente 3: a) pagamento oltre i 60 gg., se non è stato presentato un ricorso in opposizione entro lo stesso termine (art. 203, c. 3); b) cauzione richiesta quando un conducente, con patente extracomunitaria o alla guida di un veicolo immatricolato fuori dall’U.e., non vuol pagare immediatamente all’accertatore (art. 207); c) deve sempre pagare ma, per non pregiudicarsi la possibilità di un futuro ricorso, può farlo a titolo di cauzione per una somma “pari alla metà del massimo”; d) sanzione per circolazione con veicolo non coperto da assicurazione obbligatoria per la responsabilità civile, quando il trasgressore riattivi la polizza entro il 30° giorno dalla data di scadenza che figura sul contrassegno. La circolare sembrava escludere da queste fattispecie i casi in cui l’entità della sanzione viene determinata dall’Autorità (per esempio quando questa respinga un ricorso o determini il dovuto nei confronti di chi sia incorso in più violazioni con una stessa azione) o quando l’ordinanza-ingiunzione contiene cifre già arrotondate. Infine il Ministero richiamava un analogo provvedimento, datato 15 dicembre 2003 (il n. 300/A/45864/101/20/21/10 di prot.), che invitava alla tolleranza “quando assolutamente irrisoria appariva la differenza” tra l’importo dovuto e quello che il trasgressore versa. Il riferimento appare vago, ma sembra riguardare pure chi paga una somma arrotondata quando invece dovrebbe versare con i decimali. Rappresenta danno erariale il pregiudizio arrecato all’ente pubblico dall’operatore di polizia che “cassa” i verbali per riceverne in cambio danaro. Nel caso di specie, la responsabilità amministrativa dell’agente sarà commisurata al danno dell’immagine ed al disservizio procurato alla P. a.. Lo ha chiarito la Sezione Emilia-Romagna della Corte dei conti (sent. n. 2269/2004). Nel caso di specie, due operatori di polizia stradale erano stati giudicati dal Tribunale ordinario per una serie di reati contro la P.a. In particolare, la coppia era stata sottoposta a procedimento penale perché, in concorso, minacciando la contestazione di altre violazioni ed il ritiro della patente per irregolarità accertate, avevano indotto gli interessati a consegnare indebitamente somme di danaro ed altri benefici. Il processo si era concluso con una sentenza e con l’applicazione di una pena a 19 ed a 17 mesi di reclusione. Al termine del procedimento, la Procura regionale della Corte dei conti aveva attivato le opportune indagini “in ordine alla sussistenza di un danno all’immagine e di un danno da disservizio”. Secondo la Pubblica accusa le “attività illecite commesse in palese contrarietà dei doveri d’ufficio, sfruttando il ‘metus’ connesso alla funzione esercitata per conseguirne profitti personali, avevano determinato un grave danno all’immagine ed al prestigio dell’Amministrazione di appartenenza”. Inoltre, la Procura osservò che la forzata assenza dal servizio, prodotta dai doverosi provvedimenti sospensivi adottati dall’Amministrazione, si era risolta direttamente in una minore efficienza delle attività d’istituto. Il Collegio aderì alla richiesta della Pubblica accusa, perché - secondo i Giudici contabili – “nel caso concreto sussistono tutti gli elementi costitutivi della responsabilità amministrativa come pure il danno erariale sotto un duplice profilo: danno all’immagine e danno da disservizio”. Per quanto riguarda il primo profilo, risultava particolarmente evidente, dal risalto che la vicenda aveva avuto sulla stampa locale, il pregiudizio di carattere morale, sofferto dall’Amministrazione per la innegabile, gravissima caduta d’immagine, sia nei confronti dei privati coinvolti nella vicenda sia nei confronti della pubblica opinione. “Ma deve affermarsi pure l’esistenza di un danno da disservizio determinato dall’indebolimento della capacità operativa per il perseguimento dei fini d’istituto del Distaccamento della Polizia stradale a causa dell’assenza dei due convenuti”. Nel caso in esame, dunque, verificata l’esistenza di tutti gli elementi costitutivi della responsabilità amministrativa (rapporto di servizio, elemento psicologico, nesso di causalità, danno erariale), il Collegio aveva provveduto alla quantificazione del danno:”L’attività che le organizzazioni, pubbliche e private, svolgono per la difesa e per la valorizzazione della propria immagine è quella cosiddetta di pubbliche relazioni. Tale attività, necessaria, nel caso di danno all’immagine, per il ripristino dell’onorabilità intaccata, ha un costo che deve essere risarcito a favore del soggetto leso”. Sulla scorta dell’anzidetto criterio di commisurazione del danno all’immagine, la Sezione (art. 1226 C.c.) determinò in 5.000 euro l’entità del relativo risarcimento; mentre, per quanto concerneva il danno da disservizio, la misura addebitabile fu determinata in 30.000 euro. Claudio de Luca

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