I diritti degli animali

L'osservatorio mar 19 gennaio 2021
Attualità di Claudio de Luca
3min
I diritti degli animali ©web
I diritti degli animali ©web

MOLISE. Gli uomini stanno rendendosi conto che i maltrattamenti agli animali minano alla base la stessa sopravvivenza dei nostri ‘amici’. La premessa serve a dire che c’è il bisogno di modificare il quadro legislativo per i reati a danno di questi ultimi. In effetti, nel caso di violenze o di mancato soccorso, nessuno sconta manco un giorno di prigione.

Anzi, spesso, il colpevole non finisce manco sul banco degli imputati. Alcuni mesi fa, un pastore sardo legò il suo cane all’auto o lo trascinò per istrada per impartirgli una punizione (aveva sbranato una pecora). Ne provocò la morte per le ferite. Una pattuglia di Carabinieri ebbe a bloccarlo in flagranza di reato; ma la vicenda giudiziaria si concluse con una sorta di ‘messa in prova’; e l’uomo evitò il processo, rimanendo obbligato solo ad andare a far fotocopie – per alcuni giorni – in un Ufficio comunale. Questo perché la legge n. 189 del 2004 prevede pene detentive tènui; cosicché gli imputati, alla prima udienza, possono scegliere di andare a lavorare in enti pubblici territoriali, evitando il processo e mantenendo pulita la fedina penale. Un altro esempio: una sera un cane era rimasto fuori dal cancello di una villa, senza che i suoi proprietari se ne fossero accorti. La mattina successiva, l’animale fu trovato agonizzante per un investimento in cui era rimasto coinvolto alcune ore prima. Tempo dopo, una persona si presentò dai proprietari chiedendo il risarcimento dei danni per la propria auto rimasta danneggiata nell’investimento col cane.

Non soccorrere gli animali coinvolti in un incidente non costituisce reato; è solo un illecito amministrativo (art. 189, c. 9-bis, C.d.s.). Cosicché, male che vada, chi non soccorre un cane agonizzante se la può cavare con una sanzione pecuniaria da 413 a 1.658 euro. In sostanza versa il minimo edittale e chiude la vicenda. Altro fatto: un veterinario, commettendo errori, determina la morte di un animale. Il fatto non costituisce reato e, al massimo, il colpevole dovrà attivare la propria polizza assicurativa per risarcire il danno.

E che dire, poi, del caso di un cane legato a vita ad una catena e costretto a vivere in solitudine? Solo di recente sono state approvate – da qualche Regione – leggi che vietano tale pratica che comunque rimane consentita nella gran parte dell’Italia dove nessuno si preoccupa di rilevare che, quando un cane sia tenuto alla catena, è costretto a fare i bisogni laddove si accuccia; circostanza difficilmente sopportabile per l’animale perché in contrasto con i comportamenti di specie. Non a caso la selezione naturale ha premiato questa tipologia di ‘ethos, perché mantenersi lontano dai propri bisogni significa stare alla larga da batteri e virus.

Allora, ‘rien à faire’ manco per punire chi detenga animali in condizioni incompatibili con la loro natura? Rassicuriamo gli animalisti. Una elaborazione giurisprudenziale dell’art. 727 C.p. prevede un’ammenda da 1.000 a 10.000 euro. Ma, nella maggior parte dei casi, pochi possono essere condannati perché esiste una clàusola di esclusione per varie attività tra cui quelle commerciali, non solo alimentari. Si potrebbe dire che da una parte la legge nega di fare qualcosa e dall’altra lo permette. Insomma, se, in generale, il maltrattamento etologico è vietato, da un altro rimane ammesso per ragioni economiche.

Come pensarla, dunque? Per dare una mano, diversi studiosi del problema hanno suggerito di riconsiderare i diritti degli animali, partendo dal presupposto che non esista una distinzione netta tra noi e loro, almeno per quanto concerne la capacità di soffrire. In effetti, se ripensassimo la legislazione, partendo dal fatto che l’uomo rientra nel regno degli animali (come suggerisce la teoria dell’evoluzione), e che tutti gli animali hanno i medesimi diritti alla vita, allora i principi giuridici più elementari (come il diritto alla vita ed alla non-sofferenza) sarebbero gli stessi per noi e per loro. A questo punto non sarebbe ammissibile non punire severamente l’omissione di soccorso o l’abbandono di un cane alla catena. I filosofi dei diritti hanno notato che, se diamo valore alla vita di un essere umano (prescindendo dal grado di razionalità che manifesta nei suoi comportamenti), allora dovremmo concedere un simile valore anche ad un ‘animale non umano’. Questa non è filosofia, ma necessaria declinazione della nostra umanità.

Claudio de Luca

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