Infermiere di famiglia, la vera svolta della medicina territoriale

mer 07 aprile 2021
Attualità di Emanuele Bracone
6min
Infermieri ©Termolionline
Infermieri ©Termolionline

TERMOLI. La pandemia ha evidenziato quanto sia importante potenziare la medicina territoriale, non solo. Ha anche ribadito la centralità nell'assistenza sanitaria e nel diritto alla salute della figura infermieristica. Un connubio è possibile con la figura dell'infermiere di famiglia. 

Nei prossimi dieci anni 8 milioni di anziani avranno almeno una malattia cronica grave.

Nel 2030, potrebbero arrivare a 4 milioni e mezzo gli ultra 65enni che vivranno soli, e di questi, 1,2 milioni avrà più di 85 anni. Il potenziamento dell’assistenza domiciliare e della residenzialità fondata sulla rete territoriale di presidi sociosanitari e socioassistenziali, oggi ancora privilegio per pochi con forti disomogeneità a livello regionale, non è più procrastinabile anche in funzione di equilibri sociali destinati a scomparire, con la progressiva riduzione di persone giovani all’interno dei nuclei familiari. Se oggi ci sono 35 anziani ogni 100 persone in età lavorativa, nel 2050 ce ne saranno quasi il doppio: 63.

Un cittadino su due reputa che il numero di infermieri sia insufficiente per garantire l’assistenza non solo in ospedale ma anche sul territorio: i cittadini chiedono soluzioni che promuovano la figura del professionista nella realtà quotidiana della persona, vorrebbero essere assistiti da un infermiere nella farmacia dei servizi (65,5%), poter disporre di un infermiere di famiglia/comunità (78,6%), avere la possibilità di consultare un infermiere esperto in trattamento di ferite/lesioni cutanee (86,1%), un infermiere a disposizione nei plessi scolastici per bambini e ragazzi che ne abbiano bisogno (84,1%). Vorrebbero avere un infermiere di fiducia convenzionato come il medico di famiglia perché lavori in sinergia con questo ed entrambi possano assicurare assistenza h24. La FNOPI ha calcolato che per far fronte nell’immediato al bisogno di salute sul territorio delle persone con patologie croniche e non autosufficienza, oltre ai medici di medicina generale per quel che attiene alla diagnosi e alla terapia, servono per l’assistenza continua di cui questi soggetti hanno bisogno almeno 31mila infermieri (uno ogni 500 persone con queste caratteristiche, che in Italia sono oltre 16 milioni).

La forma contrattuale per questi infermieri, se non dipendenti delle aziende sanitarie che potrebbe essere un problema dal punto di vista dell’organizzazione del lavoro ed è giudicata un’opzione limitante dagli stessi infermieri finora coinvolti nelle sperimentazioni/organizzazioni locali, potrebbe essere anche quella libero professionale o, appunto, convenzionata, in modo tale da poter anche dividere con il Mmg il rischio di impresa: lo studio funziona se funzionano i professionisti, il paziente è fidelizzato se si ottiene la loro fiducia. Secondo l’Oms il "nuovo infermiere" è colui che aiuta gli individui ad adattarsi a malattia e disabilità cronica trascorrendo buona parte del suo tempo a lavorare a domicilio della persona assistita e della sua famiglia. L'obiettivo è mantenere, e migliorare nel tempo, l'equilibrio e lo stato di salute della famiglia, nella comunità, aiutandola a evitare o gestire le minacce alla salute. Oggetto dell'assistenza dell’Infermiere di famiglia è l'intera comunità, di cui la famiglia rappresenta l'unità di base. In tal senso l'infermiere di famiglia svolge il suo ruolo nel contesto comunitario di cui fanno parte la rete dei servizi sanitari e sociosanitari, le scuole, le associazioni e i vari punti di aggregazione. 

Il limite attuale è che tutto ciò avviene soprattutto in periferia, nelle realtà più piccole e senza un’organizzazione istituzionalizzata che sarebbe necessaria per allargare il metodo anche alle grandi città e alle metropoli e uniformare il modello di assistenza. L’idea potrebbe essere quella del medico di medicina generale “clinical manager” dei pazienti sul territorio e dell'infermiere care manager, il loro “welfare manager" Perché dopo la giusta diagnosi e la scelta della migliore terapia il paziente ha assoluta necessità di essere seguito, guidato e aiutato nei suoi bisogni di salute con approccio proattivo e trasversale, prerogative della professione infermieristica. Un infermiere che lavori in équipe col medico, un infermiere “di famiglia” accanto e a fianco del medico di famiglia, vere e proprie “micro-équipe” sul territorio che siano davvero a fianco del paziente, senza soluzioni pericolose e che dia a ciascuno il suo ruolo nel rispetto delle singole professionalità. L’infermiere di famiglia può gestire i processi infermieristici in ambito familiare e di comunità di riferimento e opera in collaborazione con il medico di medicina generale e il pediatra di libera scelta, il medico di comunità e l'équipe multiprofessionale per aiutare individuo e famiglie a trovare le soluzioni ai loro bisogni di salute e a gestire le malattie croniche e le disabilità.

Dieci potrebbero esse le funzioni che lo descrivono, sempre, si intende concordate e coordinate in base allo spirito multiprofessionale e di collaborazione:

1. Valutare lo stato di salute e i bisogni della persona nelle diverse fasi della vita (adulta, infanzia, adolescenza), del contesto familiare e conoscere quelli di comunità

2. Promuovere e partecipare ad iniziative di prevenzione e promozione della salute rivolte alla collettività

3. Promuovere interventi informativi ed educativi rivolti ai singoli, alle famiglie e ai gruppi, atti a promuovere modificazioni degli stili di vita

4. Presidiare e facilitare i percorsi nei diversi servizi utilizzando le competenze presenti nella rete

5. Pianificare ed erogare interventi assistenziali personalizzati alla persona e alla famiglia, anche avvalendosi delle consulenze specifiche degli infermieri esperti (es. wound care, sto mie e nutrizione artificiale domiciliare, ventilazione domiciliare, cure palliative ed altre)

6. Promuovere l'aderenza ai piani terapeutici e riabilitativi

7. Partecipare alla verifica e monitoraggio dei risultati di salute

8. Sostenere i percorsi di continuità assistenziale tra sociale e sanitario, tra ospedale e territorio e nell'ambito dei servizi territoriali sanitari e sociosanitari residenziali e semi-residenziali

9. Garantire le attività previste per la realizzazione degli obiettivi della nuova sanità di iniziativa

10. Partecipare nell'integrazione professionale al perseguimento dell'appropriatezza degli interventi terapeutici e assistenziali, contribuendo alla relazione di cura, al rispetto delle volontà del paziente espresse nella pianificazione delle cure, anche in attuazione della Legge 219/17 (Norme in materia di consenso informato e di disposizioni anticipate di trattamento).

La presidente della ordine degli infermieri interprovinciale di Campobasso-Isernia, Maria Cristina magnocavallo, evidenzia che Il Patto per la Salute 2019-21 valorizza la figura dell’Infermiere di famiglia e comunità. Tale figura ha l’obiettivo di rispondere ai cambiamenti socio demografico del paese. Un paese in cui vi è un progressivo aumento della popolazione, un aumento delle cronicità e delle fragilità.

La necessità di ridurre le ospedalizzazioni o le istituzionalizzazioni fa sì che l’infermiere di famiglia abbia un ruolo cardine nei modelli di welfare che vengono definiti generativi. Generativi perché riescono, attraverso gli attori (infermieri di famiglia, Medici di medicina generale, fisioterapisti ecc ecc ), a sviluppare percorsi di prevenzione e formazione dedicati a determinate categorie di persone con e senza patologie in modo sinergico e collaborativo.

La figura dell’Infermiere di famiglia riesce quindi ad aumentare il controllo delle persone sulla loro salute, si concentra sulla promozione del Salute e del benessere degli individui e della comunità e riconosce le situazioni a rischio mobilitando in maniera precoce le risorse atte a trattare una determinate criticità. Da poco, anche in Molise, è attivo il gruppo regionale Aifec (Associszione Infermieri di Famiglia e comunità), che si impegna per implementare e diffondere la figura dell’Infermiere di famiglia nelle realtà italiane come già sperimentato in altre regioni con il modello delle micro-aree.

A tal proposito bisogna precisare che il Molise si presta molto da un punto di vista geografico. Recentemente l’associazione ha pubblicato, assieme alla Fnopi, un position statement con la quale viene definita la visione dell’Infermiere di famiglia e per giungere ad una definizione univoca del modello, riconoscibile sia all’interno che all’esterno della professione infermieristica. Il gruppo molisano, coordinato dagli infermieri Andrea Di Cesare Andrea e da Andrea Laurelli, collaborerà in sinergia con le istituzioni e con l’Opi Campobasso-Isernia per creare iniziative per la comunità molisana e non.

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