«Ho visto morire tante persone», l'odissea Covid di Bruno Verini: salvato al San Timoteo

La testimonianza dom 11 aprile 2021
Attualità di Emanuele Bracone
3min
«Ho visto morire tante persone», l'odissea Covid di Bruno Verini: salvato al San Timoteo ©Termolionline
«Ho visto morire tante persone», l'odissea Covid di Bruno Verini: salvato al San Timoteo ©Termolionline

TERMOLI. Tra coloro che sono riusciti a sconfiggere l’insidia del Covid, seppur dopo un mese di ospedale e altre settimane di convalescenza domestica, con una polmonite dura da debellare, c’è anche un nostro caro amico, l’ex assessore e consigliere comunale Bruno Verini. Classe 1946, compirà 75 a luglio e negli ultimi anni certo il destino lo ha messo a dura prova, ma una tempra e una fibra forti gli hanno permesso di superare ostacoli che per altri sarebbero stati insormontabili. Nella tarda serata di sabato 13 febbraio viene portato dal 118 all’ospedale San Timoteo, per uscirne un mese dopo. In casa rientra anche per liberare posti letto in un momento assai convulso della terza ondata epidemica: era stanco, sfibrato, costretto all’ossigenoterapia h 24. «Si temeva che non tornassi. E già come dice qualcuno siamo qua. Grazie a Dio». Furono queste le prime parole che ci rivolse. Ora, con un quadro clinico ancora non del tutto normalizzato, si rende autore di una riflessione, che trae spunto dalla sua esperienza personale. «Non pensavo mai di prendere il Covid, perché mi sono sempre attenuto a tutte le regole. Una sera torno a casa e mia moglie vedendomi mi chiede se mi sentissi bene. Sinceramente stavo benissimo, non avevo nessun problema. Lei, preoccupata, mi misura la febbre e vedo che va via, va in cucina. Va in cucina e chiama il 118. L’operatore fa un controllo velocissimo e mi dicono di andare in ospedale. Praticamente, io sono arrivato in ospedale senza sapere di che cosa si trattava e perché. Guardavo in modo storto anche mia moglie perché mi chiedevo come si fosse permessa a fare una cosa del genere.

Però è stata di una velocità unica, sono arrivato lì, mi hanno ricoverato, era oltre la mezzanotte, mi hanno sistemato e mi hanno detto che l’indomani mattina sarebbe passato il dottor Rocchia. Nicola lo conosco ed è una persona che ho sempre stimato. E’ l’unico in grado di poter fare quel lavoro, per la pazienza, il modo di fare diverso dagli altri medici e, per questo, mi sentivo abbastanza tranquillo. Non ho avuto mai nessun sintomo per cui potessi pensare di aver preso questo virus. Anche la mattina che è arrivato Rocchia e mi ha chiesto come mi sentissi, io gli ho risposto che stavo bene. Febbre niente, tosse niente, altri sintomi niente. Sono uscito sempre tardi con il cane e non ho frequentato nessuno tantomeno ambienti chiusi, quindi non riuscivo a capire dove avessi potuto prendere questo virus. Mi hanno fatto tutte le visite e gli accertamenti del caso ed hanno iniziato la terapia cortisonica e antibiotica. Io stavo bene, poi dopo qualche giorno ho iniziato ad avvertire qualcosa che non andava. Mentre loro, medici e infermieri, erano consapevoli che la cosa era abbastanza seria e messa male. La diagnosi è stata una polmonite bilaterale.  Ho iniziato a capire la situazione ma con tutta sincerità ripeto, stimando Nicola ho provato sulla mia pelle che tipo di professionista è, la mia tranquillità è dovuta a lui. E, infatti, gli ho detto che non mi sarei mosso di là e che avrebbe dovuto curarmi lui. Lui mi ha rassicurato e sono rimasto lì un mese. Quando sono tornato a casa ho continuato la terapia da lui prescritta e, mi sono reso conto di quanto fosse lunga questa malattia. Tra un po’ sono due mesi e sono ancora con la saturazione ballerina.

Quando arrivava il dottor Rocchia io mi sentivo tranquillissimo. E anche l’equipe medica è stata eccellente e disponibile. Se Rocchia venisse appoggiato un po’ di più, e non gli venisse fatta fare la pallina da ping-pong, avremmo veramente l’eccellenza in persona.

Dopo sono stato spostato nel reparto di ex urologia e lui mi ha sempre tenuto sotto controllo e si è sempre reso disponibile. In medicina d’urgenza avevo con me il ragazzo che purtroppo è scomparso, Mirko. Avevamo fatto amicizia.

Purtroppo ho visto morire tante persone e di notte mi sveglio e ci penso ancora.

Abbiamo un medico che porta avanti una missione, che sa fare il medico e lo fa con passione. Uno staff affiatato che si muoveva in sincronia. Devo dire che sono un’ottima squadra.

Ribadisco, il dottor Rocchia deve esser appoggiato maggiormente rispetto ad ora».

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