Sanità, dichiarare ineleggibili chi ha governato producendo disavanzi di bilancio

mer 14 aprile 2021
Attualità di Claudio de Luca
3min
Conti della sanità ©Altroconsumo
Conti della sanità ©Altroconsumo

MOLISE. Anni addietro, prima dell'inizio di una campagna elettorale per il rinnovo dei Consigli regionali, il Ministro Sacconi (che, di solito, non era persona da assumere imprevedibili comportamenti di questo genere) ebbe un’idea che forse avrebbe risollevato le sorti di tante gestioni sanitarie locali. Propose di fissare l’ineleggibilità (in forza della legge) di quegli amministratori che, eventualmente, avessero governato producendo disavanzi di bilancio.

All’epoca veniva palesemente accusato di tanto il Presidente Michele Iorio che aveva occupato per anni la gestione della Sanità; ed il succitato Ministro non poteva sapere che, di seguito, lo avrebbero sostituito altri amministratori quali Frattura e Toma. Col senno di poi, è possibile convenire che l’idea – se attuata - sarebbe stata ottima per avere l'obiettivo di costringere a conseguire bilanci in pareggio, come peraltro già avviene negli Stati uniti d’America; in campo sanitario come in sede amministrativa. La conseguenza era quella per cui, chi avesse governato originando soltanto debiti (da far rimbalzare, di seguito, sul groppone tributario dei cittadini-elettori), avrebbe dovuto cambiare mestiere, contribuendo in tal modo all’equilibrio dei vari patti di stabilità fissati dal legislatore ed introducendo un meccanismo di selezione della classe politica, fatta finalmente di soggetti privi di patenti regalate da un’opinione pubblica mutevole senza di essere muniti di titoli autentici.

L'idea del succitato Ministro avrebbe dovuto far discutere, soprattutto se poi certe “chiacchiere” avessero veramente portato ad una adozione futura del provvedimento. Al tempo, a supportare questo lampo di luce sarebbero dovuti essere, più di tutti, i rappresentanti della Lega nord, se non altro al fine di vedere accelerata la sospirata marcia verso l'attuazione del Federalismo fiscale. Presentemente la stessa idea dovrebbe essere stata fatta propria dai Cinquestelle, in luogo del perseguimento di tante chiacchiere quotidiane, pronunciate solo per finire nelle righe delle varie testate giornalistiche. Al tempo di Sacconi si sarebbe potuto conseguire il successo sperato semplicemente proponendo una riformina di fiancheggiamento in grado di favorire l’ascesa di tale novità, tenuto conto che sono soprattutto le Regioni in disavanzo a creare problemi all’intera collettività che non riesce più a sopportare i costi ‘standard’ di produzione di servizi pubblici quali la Sanità, i Trasporti e l’Assistenza sociale, rischiando di fallire in assenza di robusti trasferimenti somministrati indirettamente dallo Stato e dalle consorelle più virtuose.

Parliamoci chiaro, le Regioni ed i Comuni indebitati rappresentano l'equivalente (passato) della Grecia per l'euro ai tempi del ‘default’ e della Troika. Ed anche l’Italia, prima o poi, potrebbe finire in crisi di sostenibilità fiscale del debito contratto. Ecco perché, in un tale contesto, i consiglieri molisani dei Cinquestelle dovrebbero essere quelli che, in luogo di “ruggire”, avessero a proporre ai confratelli parlamentari una riforma estrema, se non altro per mantenere lontane le mele buone da quelle bacate. In definitiva, il Federalismo parte e si applica esclusivamente alle Regioni in avanzo di bilancio. Perciò tutte quelle in disavanzo andrebbero abolite per legge, assegnandone funzioni e competenze allo Stato centrale, fatta eccezione per le Regioni a statuto speciale tutelate – haimé - dalla Costituzione. Detta decisione porterebbe ad una semplificazione radicale dello scenario economico, nell'interesse dell’intero Paese. Cosicché le Regioni virtuose riuscirebbero sussidiate dal Federalismo fiscale, guadagnandone in competitività; quelle in disavanzo, invece, verrebbero assorbite nei vari Ministeri dello Stato centrale che potrebbero finanziarne al meglio i disavanzi e curare, con una sorta di commissariamento, i mali cronici della finanza pubblica locale. Chi potrebbe essere contrario? Secondo noi strillerebbero soltanto quei politici e quei dirigenti che avessero perduto una poltrona oltre ai ‘benefit’. Ma l'Italia intera eviterebbe di diventare come la Grecia, assestando una botta autentica ai parassiti della spesa pubblica.

Claudio de Luca

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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