Bilancio e mutui: la Regione Molise è tra gli enti più indebitati d’Italia

L'osservatorio mar 04 maggio 2021
Attualità di Claudio de Luca
3min
La sede della Giunta regionale ©TermoliOnLine
La sede della Giunta regionale ©TermoliOnLine

MOLISE. Bilancio e mutui: la Regione Molise è tra gli enti più indebitati d’Italia.

Il notabile Dc Ciriaco De Mita l'aveva capito subito: le Regioni avrebbero dovuto sparire dall’ordinamento. Per lo meno quelle come il Molise, buone solo a consentire alla propria classe politica di vedersi somministrare indennità e "benefit" stellari. Come il politico di Nusco la pensavano, al di là dei rispettivi schieramenti, l’allora Presidente della Conferenza delle Regioni Chiamparino (Pd), l'ex-Capo dell'Esecutivo campano Caldoro e Francesco P. Sisto ("Forza Italia"). Secondo quest’ultimo "solo una riforma degli enti sovraordinati può ammodernare il sistema e spingere la crescita economica, arginando il debito pubblico".

Alla luce di tali premesse, la Regione Molise (finita oramai sotto i 300mila abitanti) viene ritenuta dagli esperti in economia una tra gli enti più indebitati d’Italia. In questa minimale espressione geografica è nata, sin dal passato, una costellazione di partecipazioni (sicuramente discutibili dal punto di vista economico e produttivo) al solo scopo di realizzare un sistema di potere ruotante intorno al capo-partito di turno. Se n’era originata un’economia pubblica tramite cui gli Esecutivi “pro tempore” intervenivano nel capitale di aziende che poi fallivano dopo di avere assorbito decine di milioni di euro di fondi nel tentativo di tirare avanti con intraprese che avevano sicuramente poco a che fare con i fini istituzionali di un ente partecipato. Naturalmente il criterio di nomina dei vertici societari ha sempre avuto natura politica, con decisioni assunte monocraticamente per il tràmite di una sistematicità che perseverava ad onta delle condanne inflitte dalla Magistratura. In vigenza di questo sistema di nomine, praticate soprattutto negli enti strumentali, accade che possano ascendere al soglio solo personaggi che ruotano intorno alla cosiddetta Casta. Può succedere (come è successo) che ex-Assessori regionali, benché non rieletti - e nonostante imputazioni di presunto voto di scambio e di concussione - si siano visti conferire importanti sedie gestatorie (di voti, naturalmente). In passato è accaduto all’Arpam dove venne collocato il maggiorente di un redivivo partito di ieri, diventato Presidente di un Zuccherificio che ora non c’è più; è capitato in una Società di allevamento di polli di Bojano, affidata ad un “consigliere diplomatico”; al Segretario regionale di un partito ‘desparu’, invece, accadde di essere posto al vertice di una banca pubblica di sistema, poi finita sotto i Giudici amministrativi e, quindi, sotto il Consiglio di Stato. Fermiamoci qui, tanto diremmo sempre le stesse cose. Quale sia stato il risultato è noto: persino la Stampa nazionale ebbe a sostenere che, in Molise, non esistevano poltrone se non lottizzate preventivamente a vantaggio di personaggi di maggioranza e di opposizione.

Misteri molisani che non spiegano, nell’immediato, perché - dall’altra parte - non sia mai stata partorita una protesta. Ma, per fortuna, i politici non sono tutti uguali e qualcuno ha osato denunciare certo trasversalismo tra l’uno e l’altro polo. Oggi grandi realtà produttive regionali sono fallite (o quasi!) ad onta delle costanti somministrazioni di danaro pubblico. Ha chiuso lo Zuccherificio di Termoli; la “Solagrital” di Bojano, la “Geomeccanica” e la “Pomolì” di Guglionesi hanno fatto finire sul lastrico centinaia di famiglie; l’ex-Stabilimento di lavorazione delle barbabietole venne affidato ad un imprenditore isernino per un costo dieci volte inferiore a quello pagato dalla Regione pochi mesi prima di alienarlo. Ma anche questa operazione fallì, con un buco di ottanta milioni di euro; e l’imprenditore dell’epoca finì col richiedere i danni alla Regione, accusando i vertici di averlo indotto in errore. L'economista Enrico Deaglio, riferendosi al Meridione, scrisse – in uno con Federico Pirro dell’Università di Bari - che questa parte d’Italia sarebbe capace di grandi imprese economiche se non fosse oberata da una classe politica che, attenta unicamente al proprio “particulare”, non s’impegna minimamente nel tessere quella tela che potrebbe portare al successo del territorio, evitando l’addensarsi di dati statistici che marciano curiosamente all’incontrario.

Claudio de Luca

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