Esodi di Comuni da una Regione all’altra e Costituzione

L'osservatorio gio 06 maggio 2021
Attualità di Claudio de Luca
5min
Piccoli comuni ©Web
Piccoli comuni ©Web

MOLISE. C’è un articolo della Costituzione sopravvissuto a tutte le modifiche del Titolo V. Concerne Regioni, Province e Comuni interessati, in altri tempi, alla riforma costituzionale del Governo D’Alema; poi a quelle bocciate dai cittadini (il federalismo dei Governi Berlusconi e Renzi che aveva all’interno anche alcune norme di modifica, essendo una riforma organica della Costituzione).

L’art. 132, c. 2, recita: “Si può, con l'approvazione della maggioranza delle popolazioni della Provincia o delle Province interessate e del Comune o dei Comuni interessati, espressa mediante ‘referendum’ e con legge della Repubblica, sentiti i Consigli regionali, consentire che Provincie e Comuni, che ne facciano richiesta, siano staccati da una Regione ed aggregati ad un'altra”. Si tratta di una procedura complessa, ma non impossibile: si vota, si sentono i Consigli regionali, si fa una legge (semplice, non costituzionale, con maggioranze qualificate) e uno o più Comuni passano da una Regione all’altra. In passato Chieuti, Lèsina e Serracapriola volevano entrate a far parte della Provincia di Campobasso. Ma anche altrove, in Italia, negli ultimi anni, le pretese di passaggi di Comuni da una Regione ad un’altra si sono intensificati. Ad un’Assemblea civica che nutra di queste intenzioni occorre innanzitutto avere riferimento con la Provincia e con l’Assessorato regionale agli enti locali. Poi il Sindaco dovrebbe essere nominato portavoce di un movimento che trovi il favore della popolazione.

I Serrani si sono sempre sentiti vicini al Molise. Sino al 1985 questo centro, insieme a Chieuti, era parte integrante della Diocesi di Larino; Lesina, invece, è legata alla Città frentana da frequentazioni e da tradizioni religiose. Nel 2008, ben 33 enti locali (17 Veneti, 11 Marchigiani più altri della Lombardia, Piemonte e Lazio) richiesero di fare il gran salto, chiedendo però soprattutto l’aggregazione alle Regioni a Statuto speciale contigue che, grazie a tale ‘status’, sono dotate di maggiore autonomia fiscale e finanziaria. Perciò certe richieste lasciano pensare di essere riconducibili unicamente al desiderio di acquisire i benefici riservati agli enti ad autonomia differenziata. Dette iniziative maturarono sin dal 2005 quando, per effetto di una sentenza della Corte costituzionale, la procedura di indizione del ‘referendum’ popolare per il distacco venne notevolmente semplificata grazie alla dichiarazione di illegittimità costituzionale dell’art. 42 della legge n. 352/1970, laddove si prescrivevano adempimenti eccessivamente onerosi per l’attivazione. In sostanza, la sentenza aveva stabilito che la legittimazione attiva a richiedere il passaggio spetta ai soli Comuni direttamente interessati e che l’ambito territoriale (in cui deve svolgersi la consultazione) rimane limitato alla popolazione dei centri “secessionisti”.

Eppure, questa che sembrerebbe una procedura facilissima, a qualcuno pare impossibile; e, una volta, nell’aula di Palazzo Madama, nello spazio periferico e di fine seduta dedicato agli “argomenti non iscritti all’ordine del giorno”, il senatore pentastellato Marco Croatti, grafico pubblicitario riminese eletto in Emilia-Romagna, fece un intervento sacrosanto:“Sono ormai anni che, in quest'Aula, parliamo di un argomento che penso ormai conoscano tutti: i Comuni di Montecopiolo e Sassofeltrio. Le risposte che non arrivano a questi cittadini sono inammissibili, non fanno onore ai lavori di quest'Assemblea. Il 24 e 25 giugno 2007 hanno votato lo spostamento dalle Marche all'Emilia Romagna, sono passati 14 anni e non sono ancora arrivate risposte. Sono cambiati i sindaci, i Presidenti di Regione; sono cambiati i Governi ed i Ministri, ma nulla è mutato per questi cittadini. Soprattutto è inammissibile il fatto che non sia arrivata alcuna risposta. Dal 18 settembre 2019 il d.d.l. recante questo spostamento è in discussione. Esso riguarda 2.421 abitanti che stanno vivendo una difficoltà molto grossa in materia di scuole e sistema sanitario; i loro amministratori hanno difficoltà ad affrontare i bandi regionali ed europei e c'è una grandissima mancanza di fiducia nelle istituzioni. Ricordiamoci che la sovranità appartiene al popolo, che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione. Quei cittadini l'hanno esercitata; rispettiamo il loro volere, calendarizzeremo questo d.d.l. e concludiamone l'iter.” Ma qui il punto è che i cittadini di questi due Comuni della Val Marecchia non hanno ancora avuto giustizia rispetto al loro voto previsto espressamente dalla suprema Charta. Non stiamo parlando di una petizione ‘on line’, ma proprio di un procedimento disciplinato dalla Costituzione, con i documenti, i seggi, i timbri, le Corti, tutto come in un’elezione “vera”.

E il punto è che, per chi conosce il territorio in questione, la scelta degli elettori della Val Marecchia non è un capriccio, ma una cosa ovvia e logica: infatti, da quei paesi per raggiungere Rimini ci si mette poco più di mezz’oretta, mentre per andare a Pesaro, che è il “loro” capoluogo di provincia, la strada è molto più lunga. Infatti, non è un caso che Casteldeci, Maiolo, Novafeltria, Pennabilli, San Leo, Sant’Agata Feltria e Talamello (la terra della poesia di Tonino Guerra) tutti i Comuni dell’alta Val Marecchia che votarono il 18 dicembre 2006 - con il 60% di sì decretarono il passaggio dei loro paesi dalla Regione Marche alla Regione Emilia-Romagna e fu uno dei due casi in cui il c. 2 dell’art. 132 Cost. fu realmente applicato ed il passaggio di Regione andò a buon fine. L’altro caso è quello del Comune di Sappada che, dal Veneto, venne aggregato al Friuli-Venezia Giulia, dopo che il referendum aveva sancito la vittoria dei sì con quasi il 72% dei voti. E qui occorre fermarsi, trattandosi degli unici procedimenti di passaggio di Regione terminati, con il caso clamoroso di Montecopiolo e Sassofeltrio che stanno aspettando da due decenni, a volte anche per azioni – legittime, ma lobbistiche del territorio – di parlamentari che remano contro per non spiacere ad una Regione o all’altra e facendo di fatto ostruzionismo contro il voto dei loro cittadini. In altre 19 occasioni hanno vinto i ‘no’ ai referenda spesso motivati con la volontà di passare da una Regione a Statuto ordinario ad una a Statuto speciale con i relativi vantaggi economici, peraltro respinti dai cittadini in questione, mentre dodici volte (oltre a quelle già citate) hanno vinto i sì, senza peraltro arrivare alla fine dell’iter.

Claudio de Luca

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