Ascensione del Signore: il servizio è la lingua più universalmente conosciuta

Vangelo Strabico dom 16 maggio 2021

Termoli (Atti 1,1-11; Efesini 4,1-13; Marco 16,15-20)

Attualità di Don Benito Giorgetta
3min
Ascensione del Signore ©Diocesi Cassano alla Ionio
Ascensione del Signore ©Diocesi Cassano alla Ionio

Ascoltiamo il Vangelo:

“In quel tempo, [ Gesù apparve agli Undici ] e disse loro: «Andate in tutto il mondo e proclamate il Vangelo a ogni creatura. Chi crederà e sarà battezzato sarà salvato, ma chi non crederà sarà condannato. Questi saranno i segni che accompagneranno quelli che credono: nel mio nome scacceranno demòni, parleranno lingue nuove, prenderanno in mano serpenti e, se berranno qualche veleno, non recherà loro danno; imporranno le mani ai malati e questi guariranno».
Il Signore Gesù, dopo aver parlato con loro, fu elevato in cielo e sedette alla destra di Dio.
Allora essi partirono e predicarono dappertutto, mentre il Signore agiva insieme con loro e confermava la Parola con i segni
 che la accompagnavano”.

Gesù dopo aver predicato, dopo essere stato messo a morte, dopo essere risorto e più volte apparso ai suoi amici, abbandona la storia del mondo che lo ha accolto. Lascia i luoghi in cui ha svolto, prima da semplice operaio il lavoro di artigiano nella bottega del padre, e poi, per tre anni, evangelizzando per le strade della Galilea, della Samaria, della Giudea. Ma prima di chiudere il sipario su questo mondo ha ancora una missione da affidare a coloro che ormai hanno vinto la loro paura, si sono scongelati dal loro timore. Li convoca su di un monte e dice loro: “Andate in tutto il mondo e proclamate il Vangelo a ogni creatura”. Affida a loro, sparuto, impreparato, renitente gruppo di povere persone, il suo stesso compito, la sua medesima missione. Portare fino ai confini della terra la salvezza che lui ha procurato morendo sulla croce e risorgendo da morte. Dio non ha paura delle nostre debolezze e fragilità. Non cerca uomini e donne dai poteri particolari. A lui non interessa la muscolatura corporea ma quella del cuore, dell’entusiasmo, del desiderio di testimoniare.

Dio non si scandalizza se coloro che chiama a collaborare con lui non ne sono capaci, rinunciano, sbagliano. Lo sapeva bene che doveva camminare con le gambe fragili di poveri pescatori. Che doveva fidarsi dell’entusiasmo che facilmente si assopisce di coloro che agiscono per impeto. Lui conta sulle buone intenzioni, i risultati non gli importano o, comunque, non sono prioritari e non segnano l’ago della bilancia.

Essi, carichi di fragilità  lo stesso partirono, andarono, si fidarono, si misero in competizione, in gioco. Chi si dona non lo fa in vista del risultato. I giocatori che scendono in campo per una competizione è chiaro che vorrebbero vincere ma può capitare di perdere, non per questo cessano di lottare, di donarsi, di ricominciare, di riprovare. L’evangelizzazione richiede la stessa dedizione, lotta. Lo stesso stile agonistico. E allora occorre darsi da fare nella convinzione comunque che il tutto non è frutto di strategie, anche se ben pensate, articolate ed espletate, quanto piuttosto dono e frutto dello Spirito di Dio che suscita, accompagna, feconda e fa pervenire ai risultati utili. L’evangelizzazione anche quella che oggi viene definita nuova è un frutto sinergico tra la disponibilità umana, quindi fragile e la potenza divina dello Spirito, quindi garanzia. 

“Allora essi partirono e predicarono dappertutto, mentre il Signore agiva insieme con loro e confermava la Parola con i segni che la accompagnavano”. Gesù garantisce dei segni per verificare la veridicità e la genuinità: “… parleranno lingue nuove… “. Il cristiano di questi giorni deve parlare lingue nuove, non certo quelle fonetiche ma quelle testimoniali. Il mondo ha bisogno di segni concreti che non possono che essere quelli del servizio gratuito, generoso e totalizzante. Chi agisce insegna prima e meglio di chi parla. E il cristiano deve essere colui che parla con la vita, con i segni del servizio che è la lingua più universalmente conosciuta.

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