Vicenda Giada-Don Marino, il testo dell'interrogazione di Ortis alla Cartabia

In Senato lun 14 giugno 2021
Attualità di La Redazione
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La conferenza stampa del 5 maggio scorso ©TermoliOnLine
La conferenza stampa del 5 maggio scorso ©TermoliOnLine

ROMA. Dopo l’annuncio dato dal senatore molisano Fabrizio Ortis, disponibile il testo dell’interrogazione a risposta scritta con cui il rappresentante di Palazzo Madama pone all’attenzione della Guardasigilli Marta Cartabia la vicenda di Giada Vitale.

«Non cessa di destare clamore la – tristemente nota – vicenda di Giada Vitale, la giovane che, nella  primavera del 2009, all’età di tredici anni, cominciò ad essere oggetto di abusi sessuali da parte di Don  Marino Genova, parroco di Portocannone, nel campobassano; abusi che si protrassero per circa quattro  anni, fino al luglio 2012, quando la ragazza aveva 17 anni. Nell’aprile del 2013 la giovane denunciò i fatti, di cui era stata vittima, alla Procura della Repubblica di Larino; durante le indagini preliminari il procedimento a carico del Genova venne diviso in due faldoni: il primo per i fatti avvenuti fino al compimento del quattordicesimo anno di età della vittima e, l’altro, per quanto accaduto successivamente a tale genetliaco; questa decisione è stata discutibilmente giustificata con quanto previsto dal nostro ordinamento, laddove si dice che, compiuti i quattordici anni, il soggetto possa esprimere libero consenso. Il 17 settembre 2020 don Marino Genova fu condannato con sentenza definitiva a quattro anni e dieci mesi di reclusione per reiterati atti sessuali con minorenne (artt. 81 e 609-quater c.p.; sentenza n. 1083 della terza sezione penale della Corte suprema di Cassazione). Questa condanna fa riferimento, però, solo ai reati compiuti fintantoché Giada Vitale era ancora tredicenne: per quel che concerne gli abusi perpetrati dopo il quattordicesimo compleanno della vittima, il pubblico ministero inoltrò per ben due volte richiesta di archiviazione al GIP in sede che, a sua volta, emesse ordinanze di archiviazione; va sottolineato come la Vitale non fu mai sottoposta né a una perizia né a un incidente probatorio; e ciò, per entrambi i periodi in cui fu diviso il suo fascicolo.

È quindi anche a causa di queste gravi mancanze che, dopo la prima archiviazione avvenuta nel 2016, nel novembre 2017 il legale della giovane presentò un’istanza per la riapertura delle indagini: riapertura che poi avvenne nel febbraio del 2018, quando la Pm Ilaria Toncini concentrò la sua attività investigativa nell’escutere i medici e gli psicologi che avevano in cura Giada Vitale; dopo un anno e mezzo di totale immobilismo, nell’ottobre del 2019, la stessa Pm richiedeva però poi l’archiviazione del procedimento; durante la citata attività istruttoria emersero, tuttavia, elementi di grande rilievo sotto il profilo probatorio. I professionisti auditi, infatti, descrissero una condizione di fragilità psichica e uno stato di grave costernazione psicologica della vittima; in particolare due psicologhe, di cui una esperta in abusi  sessuali infantili, affermarono con certezza che la Vitale si trovava, al momento dei fatti, in uno stato di forte soggezione. Detta condizione fu ribadita dalla dottoressa Luisa D’Aniello, psicologa giuridica, che  nella sua consulenza dell’8 aprile 2019 – acquisita dalla Procura della Repubblica – chiariva come il  ritenuto consenso fosse stato costruito attraverso il «conferimento, ingannevole, di normalità ai  comportamenti sessualizzati così ingenerando nella vittima una confusione permanente ed una  dipendenza affettiva.

Giada Vitale non poteva dare il suo consenso in modo libero e spontaneo dopo il  compimento dei 14 anni perché vittima di esperienze sessuali precedenti traumatizzanti ed assoggettata  al controllo psicologico di Don Marino che lo esercitava attraverso una falsa affettività»; tali novità investigative, però, non determinarono la prosecuzione del giudizio penale: il giudice per  le indagini preliminari, infatti, «non potendo sostenersi in maniera chiara ed univoca» la condizione di inferiorità psichica della vittima, decretava l’archiviazione del procedimento.

Questa decisione appare però valicare i confini di cognizione attribuiti in questa fase processuale al Giudice, non essendogli conferita la piena valutazione della responsabilità penale dell’indagato ma esclusivamente la superfluità della prosecuzione del procedimento penale. Pertanto, solo nel caso in cui il corredo indiziario offerto evidenzi chiaramente la insussistenza degli elementi costitutivi della fattispecie penale contestata, può disporre la archiviazione; in caso di dubbio, deve ordinare al Pubblico Ministero di formulare il capo d’imputazione; nel febbraio 2020, quindi, il Gip di Larino, Rosaria Vecchi, archiviò definitivamente il procedimento; alla luce degli eventi processuali fin qui esposti, il 29 marzo 2021 venne presentata un’ulteriore richiesta di riapertura delle indagini; ciò, anche alla luce della motivazione della, sopracitata, sentenza della Suprema Corte di Cassazione, nella quale non solo condannava il parroco per i fatti avvenuti fino ai quattordici anni d’età della vittima, ma criticava altresì la decisione della Procura della Repubblica di Larino per non aver approfondito i fatti inerenti agli abusi avvenuti successivamente, affermando che ‘sarebbe stato opportuno un approfondimento dibattimentale o peritale prima di giungere ad una archiviazione che comunque sarebbe potuta essere oggetto di rivalutazione’.

Tale richiesta – peraltro corroborata da indagini difensive e da una ulteriore consulenza psico-criminologica di parte – venne comunque immediatamente (dopo appena cinque giorni) rigettata dal Pm, la quale sostenne che ‘anche l’eventuale “perizia” di tipo psicologico-criminologico auspicata, da svolgersi mediante consulenza tecnica del Pm oppure in sede di incidente probatorio, si sarebbe risolta in un accertamento ora per allora’; in merito, è da rilevare come la Procura della Repubblica di Larino sia caduta in contraddizione: solo due anni fa, infatti, cercava elementi che potessero dimostrare lo stato di soggezione psichica della Vitale. Inoltre, premesso che la letteratura scientifica non stabilisce un limite cronologico nell’espletamento delle consulenze psicologiche relative ai fatti d’abuso sessuale, va inoltre considerato come la Pm avesse considerato le indagini difensive, e l’ulteriore consulenza psico-criminologica depositata, come mere valutazioni; dimenticando inoltre come esse fossero state confermate dalla stessa confessione di don Marino Genova; il 5 maggio 2021, nel corso di una conferenza stampa organizzata presso la Camera dei deputati dalle deputate Stefania Ascari e Rosa Alba Testamento (Caso Giada Vitale: “14 anni e un giorno” e l’abuso è lecito), alla presenza della presidentessa del Telefono rosa Maria Gabriella Carnieri Moscatelli, oltre che dei legali e della consulente che seguono Giada Vitale, si è ampiamente dibattuto della questione. Dalla discussione è emerso ancora come la Procura non abbia inteso approfondire le dinamiche psicologiche che hanno determinato l’abuso sessuale eludendo, peraltro, le indicazioni della Suprema Corte di Cassazione; è da ricordare infatti come Giada Vitale, rimasta orfana di padre dall’età di tre anni, venne affidata dalla nonna al parroco, nel quale avrebbe ritrovato una figura assimilabile a quella paterna.

Don Marino, quindi, entrando nella vita della vittima, fa in modo che la stessa non riconosca gli abusi successivi. Non conta, dunque, se il Genova fosse presente nella vita della ragazza per ragioni di istruzione o educazione: pur non avendo un ruolo istituzionale, ma trattandosi di un sacerdote, ha rappresentato, – non solo nell’immaginario della minore, ma concretamente – il ruolo di tutore, ovvero di persona alla quale la stessa poteva affidarsi durante la sua crescita per essere accolta, educata e difesa. Il trauma dell’abuso sessuale ha provocato danni irreversibili nella normale evoluzione di questo processo maturativo; determinando, inoltre, la successiva vulnerabilità della Vitale a sottostare alle violenze sessuali avvenute anche dopo i quattordici anni di età. Pensare che una ragazzina di tredici e poi quattordici anni possa avere una relazione con un uomo di 55 anni è un oltraggio al diritto, alla psicologia e soprattutto all’infanzia. Una posizione folle e, inoltre, istigante, che può far pensare ai pedofili sia lecito manipolare e poi abusare una vittima; il disinteressamento della Procura si è palesato inoltre anche quando la Vitale, dopo aver denunciato don Marino, è stata vittima di bullismo e diffamazione.

La ragazza ha sporto più volte querela, ma le sue denunce sono state sistematicamente ignorate, senza che abbiano dato luogo a nessun tipo di provvedimento -: se il ministro interrogato intenda valutare se sussistano i presupposti per adottare iniziative ispettive presso gli uffici giudiziari coinvolti nella vicenda qui sommariamente esposta, anche alla luce dei recenti sviluppi della stessa; se il Governo non intenda intraprendere le opportune iniziative legislative per estendere anche alla magistratura e ai pubblici ministeri i corsi di formazione già previsti per il personale della Polizia di Stato, dell'Arma dei Carabinieri e della Polizia penitenziaria dalla legge 69/2019 (cosiddetto “Codice rosso”), al fine di evitare che si ripetano vicende giudiziarie come quelle descritte; se non si intenda potenziare gli organici dei tribunali periferici, inadeguati alla mole di lavoro loro  richiesta».

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