Inchiesta sui rifiuti Gargano Nostrum, parla il documentarista Giuseppe Barile

L'intervista mar 19 ottobre 2021
Attualità di Chiara Gabriele
4min

CHIEUTI. È di pochi giorni fa, la notizia dell’operazione Gargano Nostrum, che ha visto l’arresto di 14 persone, con l’accusa di disastro ambientale. Si parla di non meno di 27 tonnellate di reste dismesse e quattromila tonnellate di gusci di mitili morti, considerati a rifiuti a tutti gli effetti. Sono anni che enti ed associazioni di tutela ambientale e marina, cercano di sensibilizzare la popolazione, le aziende e i governi sulla problematica delle plastiche e dell’impatto che queste hanno sull’ecosistema.

Oggi torniamo sull’argomento, con un’intervista a Giuseppe Barile, documentarista e reporter, ideatore del documentario insieme alla casa di produzione Nira Studios riguardante la presenza di microplastiche nel mediterraneo. La prima cosa che chiedo a Giuseppe Barile, è un’introduzione su questo delicato problema. “Il problema della plastica non riguarda solo uno specifico territorio, come in questo caso il Gargano che anzi, rischia di diventare il capro espiatorio per l’intero fenomeno, ma ha un carattere globale.” Giuseppe, da sempre impegnato su questo tema, e con grande esperienza, dovuta alla collaborazione con istituti di ricerca nazionali e attivisti, ci spiega che: “Ho compreso mio malgrado che non esiste una pianificazione per ridurre l’impatto che questi impianti hanno sull’ambiente, fermo restando che chi commette un illecito vada certamente punito.

Il più grande errore che si possa commettere, dopo l’operazione Gargano Nostrum, è quello di non sedersi ad un tavolo congiunto, composto da enti e associazioni per la tutela marina. Davanti alle coste del Gargano è situato uno dei più grandi parchi mitili d’Europa, un allevamento di tipo intensivo che però ha un impatto disastroso sull’ambiente; questo perché, le reste necessarie a contenere i mitili sono costituite da materiale plastico e purtroppo non esiste, ad oggi, un materiale ecosostenibile che possa sostituire queste reti. Giuseppe Barile ci spiega il perché queste reste siano così dannose per l’ambiente: “Le reste che finiscono in mare, non solo inquinano le nostre spiagge; questo è il problema più visibile. L’inquinamento più subdolo e dannoso è quello presente nei fondali marini, dove il materiale plastico impatta l’ambiente sottomarino creando danni incalcolabili.

Con il nostro documentario, abbiamo raccolto molti dati dal CNR di Genova e Greenpeace, e ci siamo resi subito conto di quanto la situazione fosse grave.  Dagli studi è emerso che nelle profondità dei mari vi è una quantità di molto maggiore a quella rilevata nelle acque superficiali. Le reste quindi, come qualsiasi materiale plastico, in acqua si frantumano diventando microplastica, frammenti fino ad un massimo di 5 mm che gli animali, scambiano per cibo e quindi le mangiano. Possiamo purtroppo affermare con certezza che la plastica è ufficialmente entrata nella catena alimentare. Uno studio ha rilevato che un essere umano ingerisce l’equivalente di plastica di una carta di credito settimanalmente.

Gli effetti a lungo termine delle microplastiche sulla nostra salute non sono ancora conosciuti.” Giuseppe Barile si ritiene soddisfatto del fatto che la magistratura cominci ad occuparsi di questo problema che le associazioni e gli enti di tutela marina denunciano da tanti anni; inoltre specifica che non bisogna considerare il Gargano l’Inferno dei rifiuti nel mare, ma che, come già scritto, si tratta di un problema globale e che quindi va affrontato nella sua totalità, evitando di mettere alla gogna un determinato territorio. Sarebbe necessario pensare ad un piano, affichè questi impianti producano meno plastiche, in modo che impattino il meno possibile sull’ambiente. L’impatto zero non è possibile, perché attualmente non ancora esiste un materiale che sostituisca queste reste, quindi questa sarebbe una via da percorrere. Gargano Nostrum può servire, oltre che punire chi ha sbagliato, a sedersi ad un tavolo tecnico con tutte le associazioni che operano per la tutela marina, per trovare una soluzione. C’è bisogno di sensibilizzare le persone, nella comprensione che l’inquinamento riguarda tutti da vicino, come dice Giuseppe: “Ognuno prenda coscienza del problema dell’inquinamento.

Questa inchiesta non dovrebbe terminare qui, punendo chi ha sbagliato e basta, mi auspico abbia un seguito. Può essere una grande occasione per cercare delle soluzioni comuni al problema dell’inquinamento dovuto agli impianti di mitili”. Noi come cittadini possiamo cercare di avere un attegiamento più sostenibile, non eliminando completamente la plastica perché sarebbe un’utopia, ma perlomeno ridurla il più possibile, magari aumentando la pratica del riciclo. “È importante comunque garantire una sostenibiltà anche dal punto di vista lavorativo a questa filiera, perché da’ lavoro a tantissime famiglie del territorio, bisogna preservare il lavoro di queste persone. Si tratta di una grande sfida per il territorio del Gargano: preservare l’ambiente e il lavoro.”, sottolinea il documentarista. In conclusione quindi, bisogna effettuare un ragionamento strutturato per tenere la produzione, rimodularla in base a tecniche e materiali indicati dagli esperti, come più sostenibili, tenendo conto di una filiera che non deve morire, ma che può e deve diventare più sostenibile per l’ambiente. 

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