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giovedì 25 Settembre 2025
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Braccio di ferro sulle concessioni, da Bolkestein al dibattito politico sempre più aspro

MOLISE. Frits Bolkestein, un signore olandese di 86 anni, riteneva che le concessioni balneari fossero beni e non servizi. Al nome di questo personaggio, già Commissario europeo per il Mercato interno nei primi anni del 2000, è legato il nome della Direttiva europea sui servizi il cui recepimento in Italia è oggetto di ‘blitz’ e di promesse parlamentari ancora oggi.

Al riguardo, una sentenza della Corte di giustizia Ue ha stabilito che le concessioni per l'esercizio delle attività turistiche e ricreative nelle aree demaniali marittime e lacustri, se prorogate in modo automatico, impedirebbero di effettuare una selezione imparziale e trasparente dei potenziali temporanei candidati. Ed è proprio questo che viene considerato contrario ai termini della Direttiva. Sulla questione il decisionismo di Draghi si è trasformato in un ennesimo rinvio; e, dal Decreto “Concorrenza”, è stato stralciato il capitolo relativo. Ma Bruxelles ha reagito: l’Italia deve adeguare le proprie leggi sulle concessioni demaniali; se non lo fa, c’è una procedura d’infrazione, sempre aperta, dal 2016.

E’ dal lontano 2006 che l'Italia rinvia l'applicazione della direttiva. L'ultimo intervento legislativo risale al 2018 quando il Conte 1, su spinta della Lega, estese la proroga delle concessioni fino al 2033. Ma l’Ue ribadì che Roma doveva ricondurre a diritto le regole secondo cui, periodicamente, le concessioni vanno rimesse a bando per garantire la libera concorrenza mettendo gli spazi occupati dagli stabilimenti a gara, a livello europeo, al momento della scadenza della concessione. Sulla vicenda si è scomodato persino il WWF che, auspicando un Mediterraneo di qualità, difende le coste italiane. In un ‘dossier’ ha illustrato casi-simbolo di oculata gestione delle spiagge, sottolineando la necessità di supportare gli ambienti per il benessere delle comunità. “Un bene comune non deve restare affare ’per pochi’ ma deve essere tutelato a beneficio della comunità intera”.

Naturalmente i titolari dei titoli di occupazione hanno sempre fatto pressione contro la Bolkenstein nel timore di perdere gli spazi in questione, e spesso le loro ragioni sono state accolte dal legislatore nazionale.

Fino al 2009, in Italia, vigeva il “diritto di insistenza”, cosicché al concessionario uscente veniva offerto un regime preferenziale nel rinnovo dell’occupazione. Ma tale diritto, formalmente abrogato, era stato di fatto reinserito nelle vesti di un rinnovo automatico delle concessioni demaniali di sei anni in sei anni. Ma il nuovo regime non rispettava la normativa europea a favore della concorrenza. Dopo vari tentativi di sanare la situazione per via legislativa, si è arrivati ad una sentenza della Corte di Giustizia Ue del 2016 che ha ribadito la necessità di dare corretta applicazione alla direttiva ed ha ‘censurato’ il comportamento dell’Italia. In tale contesto si inserisce il ‘compromesso’ di Mario Draghi, consistente nel disporre una mappatura delle concessioni da effettuare entro sei mesi. In questo modo si dovrebbero sottolineare i casi in cui i cànoni siano troppo bassi rispetto al valore di mercato. In pratica si tratta dello stesso approccio apprestato per la riforma del Catasto.

Ma per Bruxelles non basta, e lo ha sottolineato. Il fatto è che il nervosismo vigente tra i Palazzi non aiuta a sbrogliare una materia complessa qual è questa in discorso. Però è chiaro che un europeista convinto, com’è Draghi, voglia tornare sul tema; e non solo per evitare una sanzione salata. E così, Palazzo Chigi, rimane nell’attesa del parere del Consiglio di Stato sulla validità della legge che proroga le concessioni al 2033. Intanto Lega e Centrodestra dicono ‘no’ alla Bolkestein per tutelare – essi dicono – “il 13% del Pil italiano” mentre i 5s chiedono quelle liberalizzazioni e l’accesso al mercato di determinati settori. Durissimi i Verdi:“Ci sono stabilimenti balneari che pagano solo 10mila euro l'anno allo Stato, ma fatturano oltre 4 milioni di euro: un privilegio, un regalo incredibile fatto con i beni dello Stato”.

Claudio de Luca