Quella staffetta salvavita per uno dei primi trapianti di cuore, si ritrovano dopo 36 anni

La storia gio 25 novembre 2021
Attualità di Michele Trombetta
3min

TERMOLI. Una notizia pubblicata Lunedi 22 novembre sulla versione online del Quotidiano Nazionale “Il Giorno”, edizione di Pavia a firma della collega Manuela Marziani, ha colpito chi vi scrive per due motivi precisi ,uno perché nella notizia ho notato la presenza di un nostro corregionale e possiamo dire anche concittadino e il secondo perché la persona in questione all’Anagrafe si chiama Michele Trombetta, nato a Petacciato oltre 70 anni  fa con legami familiari anche termolesi.

Ma la notizia che riporta il quotidiano nazionale edizione pavese, non riguarda  certamente il grado di parentela e di omonimia che lega chi vi scrive a lui, ma quello che lui ben 36 anni fa essendo ispettore di Polizia Stradale a Pavia , lui che risiede a Torre d’Isola paesino a pochissimi chilometri da Pavia, dove per qualche anno è stato anche sindaco, assieme a un suo collega dell’epoca Filippo Briatico sono stati protagonisti di un servizio che facevano spesso come pattuglia di Polizia stradale e lui stesso ci  ha raccontato  nell’incontro che c’è stato proprio lunedì 22 novembre, 36 anni dopo con il  collega e il primario di quell’anno il Cardiochirurgo di fama mondiale Mario Viganò, quello che accadde e che proprio anche grazie alla staffetta della polizia che portava il cuore da trapiantare fu possibile effettuare in tempo utile l’allora  secondo trapianto di cuore  effettuato in Italia all’Ospedale San Matteo di Pavia: “Quando è arrivata l’informativa - hanno ricordato Filippo Briatico e Michele Trombetta, i due agenti protagonisti che  oggi  sono in pensione e  che appartenevano alla Polizia stradale – siamo scappati. Il medico con noi ci ripeteva di correre, ma temevano che l’auto non ce la facesse, andavamo troppo forte”. Passaggi a livello bloccati, pattuglie agli stop per evitare rallentamenti e in 22 minuti, meno dei 25 previsti, il cuore era al San Matteo”. In quella corsa frenetica contro il tempo, un cuore batteva nel contenitore frigo e che doveva essere trapiantato ed apparteneva ad uno sfortunato ragazzo di 14 anni di Magenta (Milano) morto a causa di un incidente era la notte del 17 novembre 1985, ma assieme al quel cuore in attesa di essere impiantato  in un altro corpo umano, contemporaneamente battevano fortissimi anche i cuori  dei due servitori dello stato mentre il piede spingeva sul pedale dell’acceleratore. L’Alfetta che correva a 220 chilometri orari facendo sentire il rombo del motore da Bereguardo e le lancette dell’orologio che avanzavano. Bisognava fare presto perché si stava trasportando un cuore da impiantare, uno dei primi interventi di questo tipo in Italia”. Quei minuti concitati sono stati ricordati ieri mattina come abbiamo descritto all’inizio, in una mostra fotografica al Broletto nelle sale che ospitano la mostra “Grandangolo”, fotografie scattate 36 anni fa da Paolo Torres. Anche il cardiochirurgo Prof. Mario Viganò ha ricordato quel momento importantissimo parlando alla cronista del Giorno di Pavia: «Quella notte per me è stata importantissima», ha detto ancora commosso il cardiochirurgo Mario Viganò che effettuò l’intervento su G. M. T., all’epoca 20enne studente di Dogliani (Cuneo). Oggi  è il cardio-trapiantato più longevo al mondo: lavora in banca, è sposato e padre di due figli che frequentano l’università, ha condotto una vita normale pur dovendo sottoporsi a controlli periodici. Da quel 17 novembre 1985 Viganò ha effettuato più di mille trapianti con la sua équipe. «Fotografie come queste - ha sottolineato il presidente del San Matteo, Alessandro Venturi davanti agli studenti del corso di fotografia e new media della Fondazione Le Vele, e delle classi del liceo delle scienze umane e musicali Cairoli di Pavia - rendono onore al Policlinico».

Da allora come ricorda giustamente la collega di Pavia Marziani,  molte cose sono cambiate, ma la polizia continua ad occuparsi del trasporto di organi con una Lamborghini “Huracan“ 5200 cc. Oggi si sa che l’organo deve arrivare a destinazione in 4 ore, non in mezz’ora. E ci arriva in un frigo bar riposto nel bagagliaio di una Lamborghini. Davvero una bella storia italiana forse quando eravamo tutti più propensi a voler bene al prossimo e non diventati insofferenti egoisti e anche abbastanza arroganti come siamo un po’ tutti oggi nel 21esimo secolo.

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