Il sorriso di Michela Marzola in Antartide, la missione dell'anestesista termolese

Polare mar 14 dicembre 2021
Attualità di La Redazione
2min

TERMOLI. Ci sono persone che stupiscono, sempre, giorno dopo giorno.

Ci sono nostri concittadini, o meglio concittadine, che danno lustro a quanto di meglio significhi il termine termolesità, ossia la generosità a prescindere.

Ci sono professionisti nel mondo della sanità e della medicina come l'anestesista termolese Michela Marzola, in servizio al Policlinico Gemelli di Roma, capace di vivere e offrire le proprie competenze in tutto il mondo.

Ha preso parte a numerose campagne denominate Operation Smile, è stata in Malawi, Marocco, Perù, India, Haiti, Congo, Messico, Filippine, Ghana, Nicaragua.

Ma l’affascina anche l’Antartide, dove il Gemelli ha stretto legami col Programma Nazionale Ricerche in Antartide. Michela e i suoi colleghi nel tempo, «medici particolarmente esperti in tecniche di soccorso sanitario in “ambienti estremi”, hanno superato una scrupolosa valutazione psico-fisica da parte dell’Istituto Medico Legale dell’Aeronautica Militare; idonei, pertanto, a svolgere il proprio lavoro in un ambiente tra i più inospitali del pianeta per motivi climatici ed ambientali, il tutto a enormi distanze da qualsiasi struttura sanitaria. In queste condizioni anche una banale camminata sul ghiaccio può essere definita “ad alto rischio”. Non a caso l’emergenza più temuta, cioè il politrauma, è sempre dietro l’angolo». Come riferì il bollettino dell’Ateneo capitolino.

«All’interno della base è presente un’infermeria ben attrezzata per garantire misure di pronto soccorso e dotata di sala operatoria. Le linee guida prevedono, in caso di emergenza, che si cerchi comunque di trasferire il paziente in un centro qualificato dove possa ricevere i trattamenti più appropriati; ma questo significa organizzare un trasporto sanitario fino alla Nuova Zelanda, a più di 4000 km di distanza, con una sosta alla stazione americana di Mac Murdo per il cambio di aereo – spiegano dal Gemelli - essere in Antartide significa essere esposti alle condizioni climatiche più dure del pianeta, non sempre compatibili con le attività di volo. Tutto ciò obbliga a preventivare, per un trasporto sanitario non meno di 12 ore nelle più favorevoli delle condizioni. I sanitari presenti nella base debbono, pertanto, nella maggior parte dei casi “farcela da soli”. Tuttavia, a volte, la natura delle lesioni da trattare travalica la loro competenza come, ad esempio, eventuali lesioni oculari o ortopediche. Si è quindi avvertita l’esigenza di avere a disposizione, 24 ore su 24, la possibilità di chiedere e ottenere una consulenza specialistica a distanza».

Ora sta partendo dalla Tasmania dopo un periodo di quarantena per la base scientifica italiana in Antartide 🇦🇶 Mario Zucchelli dove vi resterà fino a febbraio, questa è la sua seconda volta in Antartide.

Innumerevoli le missioni di Michela in giro per il mondo, sempre al fianco delle popolazioni più deboli e impegnata in prima linea nell'assistenza sanitaria nei paesi poveri, nell'ambito di un'iniziativa della Fondazione 'Operation Smile', onlus che segue con le sue equipe di medici, chirurghi ed anestesisti volontari i bambini affetti da malformazioni facciali.

Lei, con altri medici, ridonano il sorriso ai bambini affetti da labioschisi (labbro leporino) e palatoschiei.

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