In memoria il Armida Miserere a 19 anni dalla sua scomparsa

Il ricordo mar 19 aprile 2022
Attualità di La Redazione
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Armida Miserere ©Iole Ramaglia
Armida Miserere ©Iole Ramaglia

CASACALENDA. Sono trascorsi 19 anni dalla morte di Armida Miserere, che avvenne il 19 aprile 2003, quando aveva solo 47 anni.

A ricordarla è Iole Ramaglia, vicesindaca di Casacalenda.

«Il messaggio di un carissimo amico in comune mi informò della fine di Armida, non volli credergli, mi aggrappai al telefono facendo il suo numero all’infinito, fino a quando sul televideo non apparve fugacemente la notizia dell’accaduto. A quel punto mollai il telefono e distesi le braccia.

È questione di un attimo, un attimo per spegnere definitivamente i sogni, un attimo per spegnere le passioni, un attimo per chiudere i rapporti con le persone più care, ma soprattutto un attimo per mettere fine al dolore, quel dolore sordo e pesante come un macigno che accompagnava ormai da anni Armida, da quando avevano sparato al suo compagno Umberto Mormile.

Forse alla morte ci si può rassegnare, forse, ma all’infamia no, non solo le avevano ammazzato l’uomo con cui aveva deciso di condividere il cammino, ma ne avevano infranto anche il ricordo, lo avevano accusato di essere un corrotto. No, non era questo l’Umberto che   aveva amato, non era questa la memoria che voleva e doveva avere di lui.

Ristabilire la verità, restituire la memoria di un uomo moralmente integro, divenne l’ossessione che accompagnò Armida per il resto dei suoi giorni.

Dei nostri incontri in paese, scanditi dalle festività e dagli improvvisati week-end, mi restano la sua vitalità e la sua energia pura che metteva in qualunque cosa decidesse di fare, non riuscivo a starle dietro: il mare, la corsetta, le passeggiate con i suoi amatissimi cani in aperta campagna.

Solo oggi mi accorgo di quanti sforzi facesse per riempire quel vuoto che era diventato ormai una voragine e che tutto in fondo poi ruotasse intorno a quella che era diventata la sua ragione di vita.

Durante una breve vacanza in montagna mi raccontò quelle che erano le sue informazioni riguardo all’uccisione del suo compagno, sapeva naturalmente cose che non corrispondevano alla verità ufficiale, un racconto così puntuale che mi destabilizzò, quella notte non dormii, mi spaventò un po’ entrare, anche solo come comparsa, in quella che sembrava essere la trama di un thriller.

Durante le nostre conversazioni evitavo di parlare con lei di lavoro o di fare riferimenti al suo passato, volevo alleggerirla con discorsi frivoli, lenire in lei quella sofferenza latente, volevo solo farla ridere illudendomi di poterla guarire.

Negli ultimi mesi della sua vita successero molti fatti che a distanza ti tempo ancora non riesco a collocare, successe di tutto, anticipò rispetto al previsto il rientro dalle vacanze in paese, si sentiva un po’ giù, io la chiamai con una frequenza maggiore del solito, quasi tutte le sere.

Poi ad ottobre, il ricovero in ospedale di mio padre e il terremoto sconvolsero la mia quotidianità, ero io ad essere un po’ giù e fu lei a chiamarmi con assiduità, mi raccontò di un delicato incarico che aveva nella capitale in cui si recava con cadenza periodica e sembrava abbastanza serena, a tratti quasi allegra.

Cosa facesse effettivamente a Roma non l’ho mai saputo e non c’è stato più tempo per riprendere tanti discorsi che nell’ultimo periodo erano rimasti in sospeso, ma sono certa che in ogni suo spostamento lei cercava un’ulteriore tessera per ricomporre il suo puzzle.

Un puzzle che ancora oggi non è completo, in un articolo dell’8 marzo apparso sul Corriere leggo che il Gip di Milano ha ordinato nuove indagini sull’omicidio Mormile, rigettando la richiesta di archiviazione, nell’articolo si ipotizzano nuovi scenari rispetto all’uccisione dell’educatore penitenziario, l’attentato allora fu rivendicato dalla Falange Armata e il giornalista sottolinea come il nome Falange “puzza di qualcosa che non è solo criminalità e neppure solo mafia. Qualcosa che porta dritto ai servizi segreti…”

Armida Miserere è stata da molti definita come una servitrice dello Stato e mi auguro che lo Stato oggi possa riconoscerle i suoi servigi e restituirgli finalmente integro l’uomo che lei ha amato sopra ogni cosa».

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