Ancora gatti avvelenati, «Siete mai entrati nel cuore di un animale?»

DOLORE sab 22 ottobre 2022
Attualità di La Redazione
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 ©TermoliOnline.it
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TERMOLI. C’era un gatto in via Oliviero a Termoli. C’era perché adesso non c’è più. Sono tante le segnalazioni di gatti abbandonati ma soprattutto di gatti avvelenati. Una problematica che i cittadini segnalano a gran voce, perché il veleno potrebbe essere pericoloso per tutti. 

C’era un gatto in via Olivieri, preso e accudito da una signora. Oggi non c’è più perché qualcuno si diverte a ucciderli.

Era un gatto nato all'aperto, che aveva adottato la signora Lucia Monica Flocco che ci segnala la notizia, poi ha scelto di vivere libero. Nella serata di ieri l'ha trovato morto, con sangue dal naso e dalla bocca, chiaro segno di avvelenamento, riverso su un marciapiede.

«Siete mai entrati nel cuore di un animale?

Vi siete mai immedesimati nelle sue sensazioni, emozioni, sentimenti, pensieri?

Avete mai provato le gioie e le paure?

Vi siete mai sentiti combattere tra l'istinto e l'amore?».

È un inno all’amore verso un animale. Verso un amico a 4 zampe, che sia esso cane o gatto, non importa. Imparare ad amarli e accudirli è un’arte. 

«Avete mai amato, sofferto, gioito?

Avete mai affondato il naso nella sua pelliccia calda?

Lo avete mai stretto a voi, ne avete mai sentito il peso addosso nel suo abbandono totale a voi, nella sua fiducia incondizionata nel vostro amore e protezione?

Ne avete mai apprezzato l'unicità del carattere, il suo modo di dimostrarvi l'amore, le sue piccole manie?

Avete mai provato quella sensazione di essere finalmente al sicuro, con qualcuno che non vi tradirà mai, che vi ama d'un sentimento totalmente libero dal giudizio, pulito e sincero, che supera la sua capacità di esprimerlo e la vostra di comprenderlo?

No. Non sapete nemmeno lontanamente di che cosa sto scrivendo. E non leggerete mai neppure queste mie parole. E non potete nemmeno immaginare tutto il dolore, lo sconforto, la rabbia che provo.

Non lo immaginate, ma vi giuro che le maledizioni che vi ho lanciato con tutta la ferma determinazione di cui sono capace vi hanno già raggiunto. Ed è solo questione di tempo, ma soffrirete, voi e le generazioni e le incarnazioni a seguire. E la morte vi sarà tremenda, sarà la peggiore esperienza che vi possa capitare e la paura di quel momento dovrà essere la vostra compagna sempre presente ogni istante della vostra miserabile vita.

Buon viaggio piccolo amico. Avevi scelto la libertà alla vita in casa. Avrei voluto trattenerti ma non mi è stato possibile. Ma ho sempre superato in un tuo ritorno.

Ci incontravamo e ci salutavano, l’ultima volta che ti ho visto in vita, stranamente mi hai chiamato con insistenza e seguito. Forse avrei dovuto capire qualcosa, o forse chiedevi solo del cibo. Non sono riuscita a riportarti a casa. Assaporata la libertà forse non si torna mai indietro.

Ora sei libero per davvero, ma quanto ti è costato? Giorni di agonia, perché il veleno non uccide subito, dà una morte lenta e dolorosa per emorragie degli organi interni. Impedisce l'assimilazione della vitamina k e di conseguenza la coagulazione del sangue. Sei morto su quel freddo marciapiede, a pochi metri da me e dalla persona che ti nutriva dopo di me, e dal cortile che ti aveva fatto da rifugio e riparo. Sei morto solo, senza una carezza, ed ora giaci su quel marciapiede.

Domani verranno a prelevarti. Ci sono procedure da seguire in caso di avvelenamento, e questa sera le autorità competenti non rispondono al telefono.

La tua vita è stata breve. Sei volato via come l’angelo di cui portavi il nome.

Ora sei Luce, Uriel, angelo della Luce.

Illumina, ti prego la nostra strada di miserabili umani, la nostra ottusità, egoismo, incapacità d'amare, la cupidigia, l'arroganza con cui ci sentiamo i padroni del creato, in diritto di decidere della morte delle creature a noi affidate. Noi, capaci di uccidere gli angeli.

E illumina me, perché faccio fatica ad accettare di vivere in un mondo così brutto e di far parte di una specie tanto ingrata e violenta ed immeritevole di salvezza.

Accogli le mie lacrime, che sono tutto quello che posso ancora donarti, anche se avrei voluto, piuttosto, nutrirti, coccolarti, farti spazio nel letto, amarti». Lucia Monica Flocco.

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