Andiamo con gioia incontro al Signore

Vangelo Strabico dom 27 novembre 2022

I Domenica di Avvento: (Isaia 2,1-5; Romani 13,11-14; Matteo 24,37-44)

Attualità di Don Benito Giorgetta
3min
Andiamo con gioia incontro al Signore ©Web
Andiamo con gioia incontro al Signore ©Web

Ascoltiamo il Vangelo:

“In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Come furono i giorni di Noè, così sarà la venuta del Figlio dell’uomo. Infatti, come nei giorni che precedettero il diluvio mangiavano e bevevano, prendevano moglie e prendevano marito, fino al giorno in cui Noè entrò nell’arca, e non si accorsero di nulla finché venne il diluvio e travolse tutti: così sarà anche la venuta del Figlio dell’uomo. Allora due uomini saranno nel campo: uno verrà portato via e l’altro lasciato. Due donne macineranno alla mola: una verrà portata via e l’altra lasciata. Vegliate dunque, perché non sapete in quale giorno il Signore vostro verrà. Cercate di capire questo: se il padrone di casa sapesse a quale ora della notte viene il ladro, veglierebbe e non si lascerebbe scassinare la casa. Perciò anche voi tenetevi pronti perché, nell’ora che non immaginate, viene il Figlio dell’uomo»”.

Inizia un nuovo anno liturgico. Inizia col tempo dell’attesa. Un’attesa gravida di Dio. Lo stupore di quest’attesa è la sorpresa di scoprire che l’uomo desidera Dio perché è prima di tutto Dio stesso che desidera l’uomo. L’incontro sarà il coronamento, l’abbraccio, fra due desideri realizzati.

L’avvento, così è denominato liturgicamente questo periodo, ci consegna ancora una volta questa certezza: Dio non è stanco degli uomini, delle sue debolezze e fragilità, dei suoi peccati. Anzi questo è il motivo principale per il quale lui scomoda sé stesso per mettersi in viaggio verso l’umanità. Liberarla dalla schiavitù del peccato. Dio non sopporta che l’uomo, da lui creato per la gioia, la serenità, debba essere schiavo dei vizi, ostaggio dell’egoismo. Non permette che sia paralizzato dal suo individualismo. Non tollera che sia nemico dell’altro uomo e men che meno che lo combatta, lo osteggi o lo ignori.

Per Dio siamo tutti figli, tutti fratelli, tutti pari in dignità. Per lui non esistono divisioni, fazioni, sopraffazioni. Non esistono i primi e gli ultimi. I buoni e i cattivi. I privilegiati e gli scartati. I ricchi e i poveri. I liberi e gli imprigionati. Queste asimmetrie non appartengono a Dio. Non le tollera. Ma siccome l’uomo le ha create e combatte per conservarle, ingigantirle, Dio decide di fargli visita. Non sono bastati gli avvisi, le voci di coloro che lui ha delegato per ricordare all’uomo la sua dignità. Considerato che tutto è stato inutile, decide di scendere lui stesso per rendersi conto. Interviene. Si mimetizza in mezzo agli uomini. Uomo tra gli uomini. Di essi assume la condizione estrema di servo, di ultimo, per comprendere tutti. Inizia dalla periferia e ricapitola. Nessuno escluso.

In questo modo paga lui il prezzo del costo per riallineare, per ricreare la simmetria che lui ha creato e quindi voluto per la dignità di ogni uomo. Il dislivello che si è venuto a creare lo colma Dio col suo amore rigenerativo.

Ecco perché viene. Ecco perché lo dobbiamo attendere. Ecco perché dobbiamo corrergli incontro. Il “Figlio dell’uomo viene”, questo è certo. Ma quando? Ogni momento, ogni attimo della nostra vita è gravido di Dio. Non importa il quando, il come, il dove. Importa che abbiamo la certezza della sua venuta. E Dio, ne siamo certi, non delude mai. Dinanzi alla certezza del suo arrivare ogni altra domanda svanisce. La gioia prende il posto della tristezza. La sua venuta dissipa ogni nebbia. Le incertezze si sciolgono come neve al sole. In questo modo ci attrae più il desiderio di accoglierlo, accompagnarlo, farci abbracciare, piuttosto che il tormento del come, del dove del quando.

Non possiamo inquinare la bellezza di un arrivo con il turbamento dei pur legittimi interrogativi prettamente umani. Solleviamo il capo perché la nostra liberazione è vicina. Allertiamo le deboli forze residue del cuore umano perché, se vogliamo, è finita la schiavitù. Viene il Dio della gioia, del giubilo, della salvezza.

Occorre che diventiamo sentinelle che sanno attendere. Essa, la sentinella, alimenta con la speranza il disagio dell’attesa. Condisce con la gioia, le difficoltà dell’incertezza. Tutto questo è ancora possibile, oggi, per tutti coloro che lo permettono. Difatti la vera notizia è che, se vogliamo, possiamo essere noi stessi artefici, assieme a Dio, di questo abbraccio che lui vuole donarci. Non ci resta che metterci in viaggio sapendo che Qualcun altro ha intrapreso lo stesso viaggio verso di noi.

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