La lettera al vescovo De Luca: «La scelta di Davide è stata il gesto d'amore più bello»

Contro-riflessioni lun 18 settembre 2023
Attualità di La Redazione
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La scelta di Davide al centro dell'attualità ©TermoliOnline.it
La scelta di Davide al centro dell'attualità ©TermoliOnline.it

GUGLIONESI. Assistente all’autonomia e comunicazione per persone con disabilità e prossima alla specializzazione sul sostegno scolastico, Lucia Lamanda, ha 49 anni e come è evidente opera nel sociale.

Giorni fa ha contribuito a organizzare una raccolta fondi per la Lilt. Ci ha contattati perché dopo aver letto la riflessione del vescovo Gianfranco De Luca, ha voluto dire la sua. Madre di tre figli e moglie, Lucia ha compreso il pensiero del vescovo sulla storia di Davide Macciocco, ma non ne ha condiviso la scelta di renderlo pubblico. 

«Caro direttore, ancora una volta vorrei approfittare della sua ospitalità per esprimere un mio punto di vita o se vuole replicare, alle parole di Monsignor De Luca in merito alla lettera testamento del giovane Davide (che avrei voluto tanto conoscere e dal quale avrei sicuramente imparato ad apprezzare di più la Vita , con tutti gli annessi e connessi, dolori e imprevisti compresi) e badi, non perché io non sia d’accordo su quanto espresso dal suo punto di vista, ovvero quello di ministro di Dio , obbediente alla Sua parola, ma perché, per l’ennesima volta, in circostanze simili (che ha interessato la Englaro, Welby e Dj Fabio), si è persa di vista la visione del diretto interessato in una scelta ampiamente ponderata e soprattutto sofferta, come quella di decidere di “partire” per un lungo viaggio, solo andata, verso una dimensione nuova e senza limiti, quella che lo stesso Monsignore chiamerebbe “vita eterna”… Non entro nel merito della scelta di Davide, non ne ho diritto.

Nella sua lettera è talmente evidente che la sua è stata una decisione dettata da imprescindibili situazioni alle quali non si può guardare in faccia e sperare che domani qualcosa migliori, anzi, il trascorrere del tempo deteriora ciò che ancora è accettabile. Le sue parole sono impregnate di amore e di riconoscenza verso coloro i quali sono stati al suo fianco per ben vent’anni, curandolo, amandolo, spronandolo e pronti ad aiutarlo a rialzarsi nei momenti di cedimento, ne sono più che certa. Ma è altresì evidente, il dolore, lungamente sofferto ed accettato in qualche modo, di dover vivere una vita che in fondo in fondo non gli apparteneva più, ma che ha imparato ad amare e della quale godere a pieno, tanto da sembrargli di aver vissuto due vite in una sola. la sua è una visione molto romantica della vita io avrei detto semplicemente resilienza!

Monsignor De Luca, quale ministro di Dio, nel suo scritto ha sottolineato la sua vicinanza umana al dolore di Davide in primis e della famiglia per quanto accaduto, ma, in un certo senso, forse neppure troppo velatamente, ha cercato di dare una sorta di giustificazione alla scelta di Davide, ritenendo che atti estremi come quello di decidere di non voler più vivere in determinate condizioni fisiche, dove anche solo respirare in maniera autonoma diviene impossibile, siano dettati dall’inadeguatezza o l’inesistenza di strutture specifiche, di supporti psicologici al paziente e ai caregiver, di leggi inadatte e incomplete a sostegno delle persone con disabilità, consolidando il pensiero cristiano che la vita è un dono che va accettato e rispettato sempre e comunque, secondo il volere di Dio, come a voler sottintendere che se tali strutture, professionisti e leggi, fossero più concrete e funzionali, anche per Davide si sarebbe prospetta l’ipotesi di una scelta differente.

Come potrebbe un prelato pensarla diversamente? La visione cristiana considera la vita un dono sacro di Dio e convalida l’importanza di proteggere e preservare la vita in tutte le sue fasi, dal concepimento alla morte naturale., ragion per cui, il solo pensare di voler porre fine alla propria vita attraverso il suicidio assistito, è visto come un illecito al valore intrinseco della vita e alla volontà di Dio. Questa prospettiva incide altresì con l’importanza della compassione e della cura verso le persone malate o sofferenti, ritenendo fondamentali e necessari trattamenti palliativi a supporto e, per alleviare la sofferenza, piuttosto che consentire o facilitare l’alternativa del suicidio medicalmente assistito.

Ma, all’interno delle comunità cristiane, ci possono essere posizioni divergenti sulle diverse questioni etiche come la morte assistita. Pertanto potranno esserci opinioni contrastanti su questo tema, secondo le proprie convinzioni, basate sulla personale comprensione della fede e dell’etica cristiana. A Monsignore direi certamente che la Vita va amata , accetta e onorata sempre, ringraziando Dio per quanto concesso e affidando ad Egli la nostra stessa vita, le nostre scelte , le difficoltà ed il nostro dolore, ma è un argomento talmente delicato che ognuno di noi ha un suo modo di pensare e di agire, ma, allo stesso tempo, credo sia importante rispettare la volontà di una persona che ha deciso consapevolmente di porre fine alla propria vita attraverso assistenza medica , considerando l’importanza dell’autonomia e della dignità umana.

Monsignore, ma noi altri, ci siamo mai chiesti davvero cosa significhi vivere o non vivere più come un tempo, giorno dopo giorno, per tutto il tempo che la Vita ci vorrà concedere, in quello che è da considerarsi un nuovo spazio, una nuova dimensione? Trovarsi a poter guardare solo avanti e non in senso figurato del termine, ma letteralmente, perdere la propria dignità di essere umano perché soggetto sempre all’aiuto di altri anche per espletare le funzioni fisiologiche, mangiare, bere, tossire, parlare? Quanto sarebbe straziante vedere sé stessi e chi ci è accanto, consumarsi giorno dopo giorno, perdere la serenità o peggio, sentire di essere diventati un peso e non sentirsi più amati? Sa, l’essere umano non è infallibile e la disperazione e la stanchezza potrebbero indurci a rivedere i nostri sentimenti verso una persona cara malata o non autosufficiente.

Non serve l’ipocrisia ed il finto moralismo, d’altronde siamo i primi a voler agevolato ogni nostro passo, cerchiamo sempre di facilitarci la vita e facciamo l’impossibile per aggirare l’ostacolo, anche il più futile degli inconvenienti. Siamo soliti pensare che il Signore non ci dà mai un peso da portare che le nostre spalle non siano in grado di sopportare, io invece prego Dio di non dovermi mai trovare a dover scegliere se continuare a vivere non vivendo oppure decidere di voler tornare a vivere morendo. In alcuni casi, come quello di Davide, decidere di voler “andar via” è, a mio parere, il più bel gesto d’amore che possa esistere. Amore puro, incondizionato, anteporre il bene dei propri cari al proprio, consapevole che ne soffriranno ma che accetteranno per amore. Resto dell’idea che la vita vada vissuta fino in fondo, presa a calci in faccia piuttosto che soccombere al suo volere, ma, prima di ogni giudizio, sarebbe doveroso e rispettoso provare a pensare, ragionare e vivere la vita, osservandola e subire gli eventi dal punto di vista dei tanti come Davide. D’altronde la “Vita” cos’è se non: lo spazio compreso tra la nascita e la morte, l’esistenza di un individuo, come svolgimento e come insieme di fatti e di esperienze che l’hanno caratterizzata.

Le meravigliose parole di Davide portano ad una profonda riflessione su quanto sia lunga ancora la strada per vedersi riconosciuto il diritto di non essere più schiavo di una vita che più vita non è. Lui stesso afferma: l’uomo è fatto per dominarla la vita, non per esserne schiavo. Ai genitori e familiari di Davide resterà un dolore nell’anima che neppure il tempo allieverà mai, ma, avranno la garanzia che Davide ha scelto di portare con sé, come baglio, solo ciò di cui si è nutrito avidamente negli anni: l’Amore, di familiari, amici e conoscenti e la stima di quanti come me, lo hanno conosciuto solo attraverso le sue meravigliose parole. Fa buon viaggio Davide, che la terra ti sia lieve… il nostro amore era troppo grande per viverlo in una situazione così, diversa da come eravamo in origine: dannazione se fino a vent’anni non ho vissuto una vita stupenda».

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