“Fashion revolution day”: a Guglionesi nuovi modelli di sviluppo sostenibile

who made my clothes ven 19 aprile 2024
Attualità di La Redazione
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“Fashion revolution day”: a Guglionesi nuovi modelli di sviluppo sostenibile ©Termolionline
“Fashion revolution day”: a Guglionesi nuovi modelli di sviluppo sostenibile ©Termolionline

GUGLIONESI. Il 24 aprile del 2013 a Savar, nei pressi di Dacca (Bangladesh), 1138 operai del tessile abbigliamento perirono nel crollo di un edificio commerciale. In quell’edificio fatiscente di otto piani, operavano aziende che confezionavano “capi” di abbigliamento ed i lavoratori erano costretti a lavorare in un luogo insicuro, incapace di reggere il peso delle vibrazioni dei macchinari pesanti. Nonostante il segnale di allarme dato da alcune crepe al primo piano, i proprietari delle fabbriche tessili ordinarono ai loro dipendenti di tornare a lavorare il giorno successivo ignorando, in tal modo, il segnale di allarme e di evacuazione dell’edificio. Sotto le macerie del crollo vennero trovate le etichette di molti brand internazionali della moda indossati quotidianamente.

In ricordo di quel tragico evento, ogni anno si celebra il “fashion revolution day” che, nel ricordare le vittime del crollo, ha l’obiettivo di sensibilizzare sul “chi” e sul “come” vengono realizzati i “capi” che acquistiamo (who made my clothes) e di promuovere una industria della moda che, in sintonia con gli obiettivi dell’Agenda 2030 e con le diverse direttive europee, sia “sostenibile” e quindi rispettosa dell’ambiente e di coloro che vi lavorano.

L’industria tessile, infatti, è considerata (dalla Commissione per l’Europa delle Nazioni Unite) “un’emergenza ambientale e sociale” in quanto è responsabile di circa il 10% delle emissioni di gas serra, dell’8% delle microplastiche accumulate nei fondali oceanici, di un consumo di energia superiore a quello del trasporto aereo e marittimo messi insieme e del disastroso impatto ambientale causato dalla “sovrapproduzione” (le immagini delle dune del deserto di Atacama – trasformate in una immensa discarica di abiti – e di Accra, nel Ghana, sono drammaticamente eloquenti).

Il 26 gennaio 2023 la Commissione Europea ha lanciato la campagna “ReSet the trend – make fashion out of fashion” volta a sensibilizzare i cittadini europei sui danni ambientali e sociali prodotti dal “fast fashion” che costituisce un modello produttivo fondato sulla continua e rapida produzione di altissimi volumi di abbigliamento di “bassa qualità”, venduti a “prezzi bassi”.

Ciò causa una enorme quantità di materiale (di breve “vita”), composta perlopiù da tessuti sintetici derivati dalla plastica, che finiscono, per l’85% dei casi, in discarica e che per decomporsi impiegano più di 200 anni. Nel contempo alimenta (oggettivamente), in ragione dei suoi prezzi bassi, la ricerca del “minor costo del lavoro” che, spesso, porta con sé il frutto avvelenato dello sfruttamento (come mostra la tragedia del Rana Plaza).

Ma sarebbe sbagliato pensare che queste forme di “sfruttamento” possano verificarsi solo “lontano” da noi. Alcuni fatti di cronaca recente (vedi le società poste in amministrazione giudiziaria dal Tribunale di Milano) ci ricordano che, queste realtà produttive sostanzialmente illegali, sono presenti all’interno del nostro tessuto produttivo e possono soffocare le aziende “regolari”.

Mercoledì 24 aprile alle ore 9,30 a Guglionesi, presso la “Casa del Fanciullo”, si terrà un incontro nel quale, in sintonia con la campagna divulgativa “ReSet the trend make fashion out of fashion”, verranno approfondite, con l’ausilio di “immagini e testimonianze scritte” le strategie tracciate dalla Commissione Europea (Agenda 2030 – comunicazione marzo 2022) che puntano su una produzione moda “durevole, riciclabile, priva di sostanze pericolose e rispettosa dei diritti sociali e ambientali”. All’interno di queste strategie, un ruolo “chiave”, è riservato al consumatore che può, con il suo acquisto, premiare le aziende che operano nel rispetto dell’ambiente, dei lavoratori e dei consumatori (come mostra la bella esperienza del “voto con il portafoglio” lanciata da Next - Nuova economia x tutti). Ma la moda non è solo “inquinamento. La bellissima esperienza del marchio “Cangiari” ci mostra come gli intrecci artistici e culturali della moda possano, coniugando la “sostenibilità” con l’arte manifatturiera italiana, offrire nuove opportunità di sviluppo alle nostre imprese e un futuro al nostro pianeta. 

Attraverso le parole del nostro presidente Mattarella, infine, riscopriremo la comune visione che anima l’Agenda 2030, il paradigma dell’Economia civile e la nostra Costituzione (nata sulla ceneri di una guerra e di una dittatura), tutte incentrate su una visione integrata delle diverse dimensioni dello sviluppo (economico, sociale ed ecologico – richiamate da Papa Francesco nella sua Enciclica Laudato si’) e sulla dimensione sociale dell’iniziativa economica che “non può svolgersi in contrasto con l’utilità sociale o in modo da recare danno alla salute, all’ambiente, alla sicurezza, alla libertà, alla dignità”. 

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