Restauro del cinema Adriatico, prescrizioni infinite e difficili da realizzare

L'odissea lun 22 aprile 2024
Attualità di Emanuele Bracone
5min
Cinema Adriatico ©TermoliOnLine
Cinema Adriatico ©TermoliOnLine

TERMOLI. Come sarà lo skyline di Termoli quando l'ex Cinema Adriatico non colpirà la visuale come un pugno negli occhi? Una delle domande da cento pistole che da decenni si rincorrono a Termoli. Poco meno di due anni fa fu concessa alla società immobiliare Pollice l'autorizzazione integrata da ulteriori prescrizioni, le prime nel 2017.

Ma diviene difficile ottemperare a ogni aspetto, a causa della scarsità del materiale originale che viene imposto nel rifacimento della struttura, oltre ad alcune previsioni progettuali che pare in altri luoghi d'Italia per interventi simili abbiano concesso in modo più immediato. Quanto tempo, dunque, dovremo ancora aspettare? Non è molto semplice interloquire con la Soprintendenza archeologica belle arti e paesaggio del Molise, a quanto pare. Forse, sarebbe il caso di effettuare sopralluoghi più attuali e considerare cosa davvero e come è possibile ricostruire, partendo da un assunto, si cerchi una svolta. Ci sono anche altri casi di siti da recuperare con altre criticità, vedi l'ex Fornace o l'ex Bentonite, su cui torneremo in seguito. Giusto preservare siti storici e di pregio, ma cum grano salis.

L'ex cinema Adriatico appartiene alla categoria delle Maestranze Ottocentesche.

Il manufatto, edificato agli inizi del sec. XIX, era originariamente un granaio della famiglia Norante di Campomarino. Nel corso del sec. XX i locali che si affacciano su via Cristoforo Colombo continuarono ad essere utilizzati come magazzini, quelli su via Roma vennero trasformati in teatro e subito dopo in cinema dove venivano proiettati film muti accompagnati solo dalle note di un pianoforte. Dotata di una galleria in legno, aveva camerini senza servizi igienici. Nel 1935, con l'avvento del sonoro, furono effettuati lavori di trasformazione con la galleria e le balconate in muratura, la cabina di proiezione e lo schermo nuovi e l'Adriatico divenne un vero e proprio cinema-teatro che entrò nel circuito delle compagnie di avanspettacolo.

Il vincolo come bene di particolare interesse, come prescritto dal codice dei beni culturali, risale al 27 settembre 2004, dunque sono 20 anni che si trova sotto l’ombrello del Ministero della Cultura, nelle sue varie articolazioni, apposto con provvedimento dell’allora direttore regionale Ruggero Martines.

Volgendo lo sguardo a quella data, dunque, si sono avvicendate ben cinque amministrazioni comunali, tre di centrodestra e due di centrosinistra.

Nella richiesta di autorizzazione ai lavori dell’agosto 2017, promosso dal privato, la Soprintendenza prescrisse:

1)    La profondità dei previsti terrazzini sulla copertura non superi i 2,5 metri, evitando così di interrompere la centralità del tetto lungo i fronti dell’edificio;

2)    Conservare l’attuale definizione architettonica della facciata Sud, evitando la realizzazione del nuovo cornicione e conservando la veletta esistente.

3)    Diversamente, sul fronte Nord si realizzerà un cornicione di più modeste dimensioni a completamento della parete che attualmente ne è sprovvista.

4)    Non sia realizzata la veletta sul corpo aggiunto in via Cristoforo Colombo

5)    Non sia realizzata la finestra prevista sulla parete Nord, pertinente al corpo di fabbrica minore.

6)    La sopraelevazione, del suddetto corpo di fabbrica minore, dovrà essere più bassa del previsto di almeno 20 centimetri. In modo tale da conservare il dislivello con il corpo di fabbrica principale.

7)    Sia conservata la pavimentazione in pietra all’esterno del fabbricato sul lato Nord.

8)    Siano conservate in opera tutte le componenti decorative, siano esse in pietra, mattoni o stucco, compreso le parti bagnate, attualmente previste, sia all’interno che all’esterno dell’edificio, evitando sabbiature e pulizia profonda con mezzi meccanici anche se manuali.

9)    Le volte che si prevede di ripristinare nel soffitto del piano seminterrato siano del tipo a vela, uguali a quelle crollate.

10) Il tipo di pavimentazione del piano seminterrato sarà stabilito in corso d’opera successivamente allo sgombero dei materiali di crollo, in base ai conseguenti accertamenti. Esso potrà essere realizzato in laterizio o in pietra monocolore.

11) I lucernai non siano del tipo “bombato” ma piani e posti a raso copertura.

12) Il colore delle parti bagnate, presenti in maniera estesa sulla parete Sud e parzialmente su quella Nord, sarà di un tono di grigio molto chiaro, uguale a quello degli elementi lapidei che decorano l’edificio.

13) I canali di gronda e i pluviali saranno in zinco mentre i terminali saranno in ghisa.

14) Gli infissi di tutte le finestre siano di tipo tradizionale con telai a doppia anta del tipo di quelli visibili ancora sugli edifici storici.

15) Le porte avranno la parte inferiore realizzata completamente in legno e non vetrate. Per il portone principale dovrà essere presentato un particolare costruttivo in scala 1:20 che, conservi l’attuale disegno, qualora esso non fosse interamente recuperabile mediante restauro.

16) Saranno conservati anche i portoni laterali sulla parete Sud, previo restauro.

17) I pavimenti dei piani superiori saranno concordati in corso d’opera.

Prescrizioni sottoscritte con la specifica che prima dell’autorizzazione dovrà essere presentata una scheda che soddisfi tutte le disposizioni adottate e quelle vigenti nel comune di Termoli.

Autorizzazione che giunge poco più di cinque anni dopo, nel maggio 2022, con ulteriori accorgimenti:

Gli infissi risultanti dai lavori dovranno essere tutti della stessa tipologia e materiale in legno verniciato; le porte avranno la parte inferiore in legno e non saranno completamente vetrate; saranno conservati anche i portoni laterali sulla parete Sud, previo restauro.

La pavimentazione esterna in pietra, sul lato Nord, dovrà essere conservata e integrata su tutta l'area di pertinenza con materiale lapideo simile e non dissonante; le pavimentazioni interne superstiti saranno conservate e in ogni caso integrate con materiale simile e adatto al contesto storicizzato.

Gli interventi su superfici decorate di beni architettonici e di materiali storicizzati di beni immobili di interesse culturale dovranno essere realizzati da una ditta in possesso dei requisiti previsti, ovvero da restauratore di beni culturali, con riferimento allo specifico settore di competenza a cui si riferiscono le attività di restauro.

Al di fuori dell'autorizzazione trasmessa dalla struttura molisana del Mibact, occorrerà tenere in osservanza le norme antisismiche e quelle relative al titolo 3^ del codice dei beni culturali e del paesaggio. Inoltre, la Soprintendenza richiede almeno 10 giorni prima dell'avvio dei lavori di sapere:

data di effettivo inizio e termini previsti di ultimazione;

estremi di tutte le autorizzazioni necessarie rilasciate dagli altri enti competenti;

nominativo del direttore dei lavori (un architetto); nominativo dell'impresa esecutrice, secondo i parametri di legge.

Entro 30 giorni dall'ultimazione dei lavori andrà consegnato un consuntivo scientifico che indichi in maniera puntuale i lavori eseguiti in relazione al progetto autorizzato e il cartello di cantiere dovrà riportare in maniera evidente gli estremi dell'autorizzazione.

In questi due anni, in ogni caso, non ancora viene trovata la quadra per realizzare tutti gli interventi e anche la reperibilità di alcuni dei materiali indicati per rispettare le direttive della Soprintendenza risulta tutt’altro che scontata.

Quale, dunque, la soluzione per cercare di adeguare il progetto di restauro e recupero quanto più possibile ai desiderata della Soprintendenza? Occorrerebbe agire con quella concretezza che permetta di avviarne la realizzazione, con la presentazione della Scia in municipio, dove ancora non perviene, perché lasciarlo ancora in questo stato non credo che nemmeno risponda agli obiettivi stessi di tutela di un bene vincolato. 

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