Amarcord: il sisma del 2002; quando il cratere tremò

Ritorno al futuro mer 12 settembre 2018
Attualità di Claudio de Luca
3min
Palazzo Ducale ©Web
Palazzo Ducale ©Web

LARINO. Chi scrive ha vissuto le giornate del terremoto del 2002 dall’interno del Centro operativo misto, dove operava il dottor Guido Bertolaso con la Protezione civile. Da spettatore “privilegiato”, oggi mi è possibile offrire una visione autentica dell’evento, pure a tanti anni da quegli avvenimenti. Da un istante all’altro, il Comune si ritrovò a vivere (e ad operare) in un moto perenne, e tutti compresero che una cosa è teorizzare, un’altra è affrontare per davvero gli eventi. Dopo la prima scossa di quel giovedì 31 novembre, mi resi conto che si poteva agire solo dopo di avere metabolizzato il primo giustificabile sconcerto.

Di poi, una volta compreso che il principale riferimento era il cittadino e le sue immediate esigenze, l’intera “macchina” comunale poté avviarsi e l’emergenza fu organizzata sotto la guida del Commissario straordinario del Comune.A tre mesi dal sisma, dovevo ancora abituarmi alla normalità, allo scorrere lungo delle ore, al lavoro di ‘routine’. Mi mancava l’alacre confusione di quei giorni, il vociare incomposto, le richieste di aiuto, i piccoli-grandi atti di dedizione dei volontari, accorsi da ogni parte d’Italia, soprattutto dal Lazio: regione gemellata con il Molise nel caso del verificarsi di un sisma. Ho conosciuto gente meravigliosa che non ha mai perduto la calma, sia pure pressata da mille esigenze e dalle richieste continue della Sala decisioni. Ho visto professionisti ed operatori del volontariato a confronto, con il risultato pratico di una integrazione reciproca. Guido Bertolaso, Miozzo, Sforza, quell’altra funzionaria tanto somigliante al sergente della serie americana “Scuola di polizia” (che, ogni tanto, si concedeva una sigaretta, abbandonandosi alle gioie familiari del telefonino, ma solo per rilassarsi) e quell’altra dolce signora, di non so quale funzione del Com, sempre stanca per i turni - di 18 ore di fila - che allora incrociavano le nostre vite, che elargiva nei corridoi della scuola “Rosano” il suo sorriso gratificante. Una sera, dopo la mezzanotte, per gli effetti di quell’incredibile lavoro ‘non stop’, l’ho veduta crollare dal sonno mentre era in corso una riunione. Poi, tutta questa gente mi è mancata all’improvviso.

Oggi vorrei riabbracciare i silenziosi ‘scout’ che aiutavano i vocianti cittadini sfollati a montare le tende, e desidererei di rivedere un giovane che mi commosse, rispondendo ad una mia curiosità. Firmavo centinaia di certificati di presenza dei volontari, avvicendatisi nel Com ogni 7 giorni, da consegnare ai rispettivi datori di lavoro che li avrebbero utilizzati per farsi rimborsare dallo Stato le competenze corrisposte ai dipendenti. Ero entrato in confidenza con un giovane dalla barba risorgimentale di cui non ho mai conosciuto nome e provenienza. Veniva da me a tutte le ore per risolvere problemi piccoli, e meno piccoli, dolendosi costantemente perché, di sovente, aveva a propormene proprio mentre addentavo quel panino che concedeva una sosta al nostro operare quotidiano. Nella vita, era architetto. “Pubblico dipendente?“ “No. Studio privato“. “Ma allora stai qui a rifondere del tuo?“ La bocca gli si aprì in un sorriso dolcissimo e disarmante: “Eh sì, ma mi sento veramente bene quando posso fare qualcosa per gli altri!“

E’ in frangenti come questi che le persone possono insegnare tanto, anche se poi sono ripagate dal chiacchiericcio di chi non sa, ma deve sparlare lo stesso. In quei giorni sentii ripetere più volte che i volontari guadagnavano 200mila lire al giorno; ma io sapevo solo che essi si massacravano di lavoro quotidiano, assicurando ogni possibile aiuto a gente di cui (sino al giorno prima) avevano ignorato persino l’esistenza. In quel livido (e freddissimo) novembre del 2002 montarono tende, le smontarono, presidiarono le tendopoli, distribuirono pasti, li prepararono, servirono a tavola, strapparono un sorriso a tanti bambini, suonando e cantando con loro nonostante la palese (comune) stanchezza. Ed ogni 7 giorni. lasciavano i Paesi del cratere per essere sostituiti da altri, senza di essere neppure ringraziati e restando costantemente anonimi.

Non sarebbe giusto paragonare gli eventi passati al presente, ma è necessario quanto meno sottolineare improvvisazioni e parole fuori posto, quando vi siano state; soprattutto contro di una struttura comunale che, all’epoca, ha fatto più di quanto poteva limitarsi a fare. E che, per essere stata tale, venne pubblicamente elogiata da Bertolaso e C.

Claudio de Luca

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