Sanità: le norme sui vertici non valgono solo sulle presidenze altrui

Vulnus gio 08 novembre 2018
Attualità di La Redazione
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Sanità pubblica ©Termolionline.it
Sanità pubblica ©Termolionline.it

LARINO. Dal 2010 la Fondazione di diritto privato “Gruppo italiano per la medicina basata sulle evidenze” promuove e realizza attività di formazione e ricerca finalizzate: 1) a consolidare la formazione continua dei professionisti sanitari; 2) a migliorare la qualità metodologica, l’etica, l’integrità, la rilevanza clinica e il valore sociale della ricerca; 3) a favorire il trasferimento delle migliori evidenze scientifiche alle decisioni professionali, manageriali e politiche; 4) a migliorare la qualità dell'assistenza in termini di sicurezza, efficacia, appropriatezza, equità, coinvolgimento degli utenti, efficienza.

Nell’ultimo suo rapporto il Gruppo ha stimato che la spesa sia ammontata (nel 2016) a 157,5 miliardi di euro, di cui 112,1 di parte pubblica e 45,4 di privata (che a sua volta si può suddividere in 5,6 miliardi intermediati da mutue ed assicurazioni e 39,8 interamente a carico delle famiglie). Insomma, la salute è la più grossa industria del Paese, ma, per il suo costo, sarebbe giusto farla funzionare al meglio. Il fatto è che «le stime indicano che il 19% della spesa pubblica e il 45% di quella privata non producono alcun ritorno in termini di salute. Nella sostanza si tratta di costi che non hanno alcunché a vedere con la cura della persona. E così vi sono 24 miliardi di euro di fondi pubblici persi ogni anno a causa di frodi, abusi, esami inutili, acquisti a costi eccessivi, burocrazia e scarso coordinamento dell'assistenza». Una somma enorme che finisce in fumo.

Chi scrive non è mai tenero col Presidente della Giunta regionale. Il suo proclamare quotidiano (o quello dell’Ufficio Stampa che lo supporta?) non ci piace per via di quel 'Faso tuto mi’, continuo e petulante. Però manco ci sta bene leggere ciò che dice la Fanelli: "Toma non è riuscito nel suo desiderio più grande. Non sarà Commissario alla Sanità e per questo si ritroverà a gestire solo un quarto delle risorse regionali". Senza entrare nel merito di queste considerazioni, ci piace sottolineare che - ove Toma non acquisisse il ruolo auspicato - sarà solo perché i grillini hanno chiuso le porte della Sanità ai Presidenti delle Regioni (lasciando, però, ai loro posti alcuni vecchi colleghi); ed hanno fatto tutto questo infilando il 'niet' in camìce legislative che nulla hanno a che fare con la giusta pretesa di non potersi aggravare i vertici delle Regioni di tale ulteriore pesante incarico. E non scordiamo che già c'era stato un 'reset' al riguardo da parte del Presidente Mattarella, a cui è conseguita la capotica ed irrispettiva reiterazione della medesima manifestazione di volontà.

Ciò nonostante la ministra Grillo persevera:“Nel momento in cui si commissaria una Regione, si sta mettendo tutto nelle mani di una singola persona che deve risolvere ogni problema che gli altri non hanno saputo risolvere. E come lo può fare uno che già deve fare il Presidente della Regione? Mi pare complicato e leggermente ambizioso”. Il tema è stato dibattuto, ed affrontato, sin dalla scorsa legislatura. E, nella legge di bilancio 2015 fu inserito un comma (voluto dall’allora Ministro Beatrice Lorenzin) che già prevedeva l’incompatibilità delle cariche. Di poi, nella legge di bilancio 2017, su forte pressione del Presidente della Campania Vincenzo De Luca, si riparlò di compatibilità. Le nomine dei Commissari le fa la Presidenza del Consiglio con l'assenso del Ministro della Salute e del Ministro dell'Economia; e, dopo l’intervento della Grillo, il tema ritornò d’attualità. Certamente le riflessioni ministeriali non lasciano indifferenti, ma non possono valere solo per il Molise e non per la Calabria, per la Campania e per il Lazio. Ciò nonostante la questione non viene risolta; e, con l’avvento dei grillini, parrebbe quasi che le novità debbano riguardare soltanto determinate Regioni e certe parti politiche quando è pur vero che – per la risoluzione delle Sanità regionali – occorrerebbero per davvero ‘manager’ competenti, sicuramente svincolati dalla politica locale. Ma sarebbe veramente possibile? O ai vincoli locali finiranno col sostituirsi quelli romani?

Claudio de Luca

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