Il giornalismo della Tav che non c'è

Strada ferrata mer 12 dicembre 2018
Attualità di Claudio de Luca
3min
Ferrovia adriatica ©Termolionline.it
Ferrovia adriatica ©Termolionline.it

TERMOLI. Il Molise è figlio delle colline che lo conformano; ma i viaggiatori dei convogli ferroviari in transito non si rendono conto dello stato di questa regione; e, per conseguenza, non si domandano se essa potrà risorgere dalla situazione in cui è stata fatta precipitare. Tra i personaggi “on the board” (che non si accorgono del decadimento a cui stanno per assistere) ci sono quelli che si immergono nella lettura delle pagine di un libro, rimanendo estranei a quanto avviene nella carrozza e fuori di essa. Viaggiando in treno lungo l’Adriatico, una volta giunti all’imbocco del Molise (Montenero, Petacciato, Termoli e Campomarino) diventa agevole rilevare come si atteggi questa porzione d’Italia quando sia rimasta inzuppata dalle piogge che rovinano i campi. Questo pezzullo minimo di territorio si dilava come un cencio, ricoprendosi di una massa d’acqua da cui parrebbe non volere più riemergere. Ma è proprio quando diventa preda delle alluvioni e dei nubifragi che questa terra, dai tetti chiari delle case e con gli asfalti grigio-scuri delle sue strade, appare in tutta la sua povertà. Vedendola così intrisa, non si pensa che, dopo pochi giorni di sole, essa ridiverrà secca quanto una lisca di pesce, mostrando la porzioncina di una terra già misera, continuamente rivestita e spogliata, e perciò ridotta a rimanere nuda come un verme.

Eppure chi vive lungo la costa molisana, si sente continuamente ripetere (dagli amici): “Fortunato te che hai il mare!”. Ma la nostra gente non «ha» il mare; semplicemente vive, per la gran parte dell'anno, vicino ad un luogo che, d’inverno, è un posto inservibile al punto da diventare “estraneo”. In effetti nei posti di mare è come se tutto si anestetizzasse nell’attesa dei mesi da giugno a settembre; e, al massimo, vede transitare treni che, in 30 anni non hanno mutato le cose, contribuendo agli antichi tempi biblici, ammansendone – al massimo - i ritardi. Ed il Molisano è rimasto, suo malgrado, il simbolo di un paese che al mondo deve pur restarci, che perciò deve attrezzarsi, imparare a competere per la fatidiche «sfide globali». Deve esistere, insomma. Missione che, se non impossibile, si fa complicata a causa dei trasporti ferroviari che ci ritroviamo, seppure attenuati dai pochi solitari “Freccia rossa”.

L’unica attività migliorata è stata quella del giornalista che ha potuto giovarsi del progresso di tanta tecnologia (televisioni, collegamenti, connessioni ….). Quando cominciai a collaborare con i quotidiani regionali negli Anni ‘60, potevo solo battere il pezzullo di cronaca sulla Olivetti 22 per poi imbustarlo nel fuori-sacco da consegnare in littorina o telefonare il testo “in partenza da …”. Oggi, premendo la tastiera del p.c. per l’invio, posso spedire un articolo dovunque; e ciò che ho scritto arriverà ancor prima che abbia staccato il dito dall'aggeggio. Ma forse sarà per questo che un mestiere, fatto soprattutto di esplorazione ha finito con l’essere impostato diversamente; e si privilegiano i comunicati, senza manco correggere quanto comunicato dal brigadiere. Non si può risolvere tutto con lo ‘smartphone’. Per un reportage devi mescolarti alla gente, la vecchia regola del cronista in mezzo al ‘maelstrom’ non potrà mai essere cancellata da nessuna realtà.

Il fatto è che i treni continuano a soffrire di malattie endemiche: sono cari, e sono lenti. Per soluzioni più accomodanti, i prezzi scendono, ma le ore diventano tante. In tal modo quanti viaggi, quante opportunità di lavoro si perdono? E così continuiamo a sognare una velocità ferroviaria degna di questo nome, non condizionata dal trasporto regionale su gomma. Insomma, una sorte di ‘Tav’, senza se e senza ma, che possa trasportarci se non a livelli asiatici, almeno a livelli non molisani, Muoversi bene e in fretta è importante; ma, nella ventesima regione, se non hai l’auto, sono guai. È possibile lavorare così alle soglie del terzo decennio del terzo millennio? Purtroppo, per linee come le nostre, l'alta velocità non esiste per carenza di presupposti strutturali e per le mène di una politica che sogna, pensando alle stelle, il ritorno ai dorsi di mulo, meditando piuttosto di finanziare redditi di cittadinanza.

Claudio de Luca

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