Per la salvezza del dialetto termolese

Storia & Amarcord dom 16 dicembre 2018
Attualità di Luigi De Gregorio
2min
Borgo antico al tramonto ©http://riviera-adriatica.biz
Borgo antico al tramonto ©http://riviera-adriatica.biz

TERMOLI. Il dialetto compagno della vita quotidiana per noi, i nostri genitori, i nostri nonni e così di seguito all’indietro per secoli. Non possiamo lasciarlo morire nell’oblio.

A scuola. Quanti sforzi per riuscire a parlare italiano ed abbandonare il dialetto che ora si vorrebbe salvare. Sembra un controsenso. Ma solo in apparenza.

Nati e cresciuti immersi nei suoni del dialetto termolese. Nella scuola elementare e poi nella scuola media inferiore l’insegnante ci inculcava la lingua italiana. E tale scopo veniva raggiunto in aula prevalentemente e relativamente per lo scritto e la lettura. Ma al di fuori della scuola, quasi liberi da una camicia di forza, ci si sfogava a parlare liberamente il dialetto. Che, sin da pochi anni dopo la nascita, non ci aveva mai mollato e noi non avevamo mollato lui. Come cozze attaccate allo scoglio, nonostante l’intruso: l’italiano.

Ma alle scuole medie superiori parlare in italiano al 100% era una necessità basilare. All’interrogazione non si poteva presentare in dialetto la vita di uno scrittore (manzoni, leopardi carducci…), le sue opere ed il significato di esse, né rispondere in dialetto alle domande su altre materie umanistiche o tecnico scientifiche. Insomma parlare in italiano (congiuntivo compreso) era un must. Altrimenti la bocciatura era assicurata.

E così nella guerra italiano contro dialetto la vittoria spetta alla lingua nazionale. Anche se una parte dei cittadini self-stoppisti alla scuola elementare oppure alla terza media ovviamente continuarono a parlare in dialetto, liberi dall’obbligo nazional scolastico.

Ma nel 1954 arriva la televisione. Che giorno dopo giorno, anno dopo anno, italianizzò bene o male tutti gli italiani.

La vittoria dell’italiano è completa. Il dialetto sopravvive in alcuni strati della popolazione ed in alcuni territori geograficamente poco collegati al resto del mondo.

Ma da qualche lustro si parla di riabilitazione del dialetto.

Un’indagine del 2017 di baci perugina effettuato con metodologia woa (web opinion analysis) è stata condotta su circa 3500 italiani, uomini e donne di età compresa tra i 18 e i 65 anni, attraverso un monitoraggio online sui principali social network, blog, forum e community dedicate, per scoprire che ruolo ha il dialetto nella vita dei giovani italiani. La conclusione: il 63% dei ragazzi italiani ha dichiarato di utilizzarlo abitualmente ed è incuriosito da espressioni tipiche di altre regioni.

A suddetta situazione nazionale, molto sinceramente dobbiamo dire che non è nota in termini numerici il rapporto tra i giovani termolesi e il dialetto termolese.

Premesso quanto sopra, se vogliamo salvare il dialetto termolese, occorre mettere in rete uno strumento che delle prime 300 parole (come primo step) più frequentemente usate dia come si scrivono e come si pronunciano mediante il sonoro. Alla prossima occasione, scontato che le difficoltà non sono di tipo tecnico, vedremo invece che necessita organizzare un piccolo gruppo di termolesi veraci che si mettano d’accordo per singola parola proprio sulla pronuncia e su come va scritta.

In sintesi. Quando parliamo di cultura e tradizioni da trasmettere alle future generazioni il dialetto è certamente tra le prime posizioni. Esso compagno della vita quotidiana di tante generazioni, non possiamo lasciarlo morire.

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