«Ci vorrebbe il silenzio», quando la memoria è corta

Se questo è un uomo mar 29 gennaio 2019
Attualità di Alberta Zulli
2min
L'incontro Arci a Guglionesi ©Termolionline.it
L'incontro Arci a Guglionesi ©Termolionline.it

GUGLIONESI. Ci vorrebbe il silenzio. Ci vorrebbe silenzio per ricordare, commemorare una delle pagine più tristi della storia mondiale, quella dell'Olocausto e dello sterminio da parte della “razza ariana” nei confronti degli ebrei.

Il silenzio, però, non basta. Perché il silenzio, il più delle volte si trasforma in indifferenza e, come tutti sanno, l'indifferenza può uccidere. E, in questo caso, ucciderebbe ancora anche chi è sopravvissuto a quella strage.

“Se comprendere è impossibile, conoscere è necessario” diceva Primo Levi nel suo libro “Se questo è un uomo”, ed è davvero così, bisogna conoscere, parlarne e tramandare ai più giovani tutto quello che la seconda guerra mondiale e l'ascesa di Hitler hanno portato nel panorama mondiale, così da cambiare radicalmente la storia.

La memoria, però, è corta. Non basta un giorno all'anno per ricordare chi ha pagato un prezzo troppo caro solo perché qualcuno aveva manie di protagonismo, solo perché qualcuno era un folle, pazzo e psicopatico da credersi al di sopra di tutto.

Primo Levi continua la sua frase “ciò che è accaduto può ritornare, le coscienze possono essere sedotte”, un chiaro allarme che torna prepotentemente nelle nostre vite, nel nostro quotidiano, nei nostri giorni.

Senza fare distinzioni di razze, senza fare distinzione di numeri: tutte le morti provocate da pazzi e psicopatici devono esser ricordate. La distinzione porta all’ignoranza, l'ignoranza porta all’indifferenza, l'indifferenza porta alla morte dell'anima, alla morte dell’umanità. Un’umanità che davanti alle tragedie viene a mancare, un’umanità che davanti alle tragedie punta il dito verso il più debole.

“Era il 27 gennaio 1945 quando vennero aperti per la prima volta i cancelli di Auschwitz. Era la prima volta che l’apertura di questi cancelli mostrava al mondo intero le atrocità di questa tragedia, e anche gli strumenti di annientamento utilizzati in quei lager. Dal ghetto di Roma furono presi e deportati circa 1600 persone, nel ’45 tornarono a casa solo 16 di loro, tra i quali una donna”.

L'Arci Francesco Iovine di Guglionesi ha voluto ricordare i morti e i sopravvissuti di quella “Shoah” che troppo spesso o viene dimenticata o viene strumentalizzata. Un ricordo a più voci, tramite le letture di chi in prima persona ha vissuto quei momenti, come appunto Primo Levi e Liliana Segre. Un momento di riflessione riportato ai giorni nostri, con il caso della tragedia che, troppo spesso avviene nel Mediterraneo e con il caso del Messico, dove, passateci il termine, è tornato “di moda” marchiare le persone con i numeri sul braccio. Una “moda” folle che non siamo in grado di debellare.

La storia non insegna nulla. Se siamo tornati a marchiare persone, fratelli, gente con il nostro stesso sangue vuole dire che la storia non insegna. Se siamo tornati a sentirci “onnipotenti e al di sopra degli altri” vuol dire che la memoria è corta, che la storia non insegna e che i folli, pazzi e psicopatici vanno avanti.

La giornata della memoria deve essere un monito per tutti come ha ricordato il Presidente della Regione Donato Toma “Avere il coraggio di guardarsi intorno, senza far finta di non vedere e non sentire, comprendere come sia potuto accadere che siamo diventati un po' tutti figli dell'indifferenza, dell'algidità e dell'egoismo […] ma quanti cancelli, quanti muri, quante barriere di filo spinato vengono ancora eretti in diverse parti del mondo?”.

È proprio da questo interrogativo che, tutti noi, dovremmo ripartire per ricordare e per far sì che altre tragedie non accadano più. Forse, solo così, potremmo davvero vivere in un mondo migliore e dare valore alla giornata della Memoria.

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