A Termoli il vento è protagonista

Storia & Amarcord dom 17 febbraio 2019
Attualità di Luigi De Gregorio
3min
Piazza Insorti d'Ungheria a Termoli ©Termolionline.it
Piazza Insorti d'Ungheria a Termoli ©Termolionline.it

TERMOLI. Quando a Termoli sc-i-u-sc- u’ vin-t fort può succedere di tutto. Anche morire. Vi racconto quando, dove e come. Dalla Piazzetta lui (il vento forte e freddo) s’infila in via Marconi con un particolare accanimento. Sembra che voglia sfidare e buttare a terra chiunque provenga dalla direzione opposta.

Quel giorno, inizio anni ’50, potenzialmente fatale,tornavo da scuola. Iniziai a percorrere via Marconi, cominciando dall’altezza di via Alfano, per arrivare a casa ( numero civico 22, vicinissimo alla piazzetta stessa). Ma appena girato l’angolo (Alfano-Marconi), lui si presentò con tutta la sua potenza in particolare in fa-cci (in faccia). Per istinto, mi girai porgendogli le spalle ed iniziai a camminare all’indietro.

Vestito di un mantello di gomma (modello cappuccetto rosso,ma di colore verde bottiglia ) e stivali anch’essi di gomma, non sentivo più lo sferzante vento sul viso Soddisfatto del risultato, proseguii guardando lateralmente, quasi ad ogni passo, le singole porte o portoncini d’ingresso delle case delle famiglie abitanti lungo il tratto di strada che mi avrebbe portato a casa.

Mancavano pochi metri dal portoncino del civico 22. Improvvisamente i talloni (vi ricordo che stavo camminando all’indietro) trovarono un ostacolo e pertanto caddi all’indietro. E precisamente nel mezzo di un cordolo circolare di sabbia alto 20-25 cm, al cui interno c’era la calce viva ( che bolle come fosse latte) pronta per essere mescolata alla sabbia e all’acqua ed essere utilizzata per l’intonaco delle pareti murarie.

Prontamente due muratori mi hanno sollevato e tirato fuori dalla calce. Mi tolsero di dosso il mantello e relativo cappuccio: letteralmente carbonizzati.

Ne uscii sano e salvo perché, oltre al soccorso ricevuto, il mantello con il relativo cappuccio fece da protezione di ogni parte del corpo, dato che era di quattro misure più grande delle mie reali dimensioni. Devo ringraziare i genitori del possibile errore fatto al momento dell’acquisto? Assolutamente no. Perché era una meditata e tramandata abitudine al risparmio indiretto di quasi tutte le famiglie che normalmente compravano l’abbigliamento sovradimensionato. Si sa i ragazzi crescono in fretta.

Ma torniamo al vento (o sarebbe meglio dire ai venti che più spesso si fanno sentire a Termoli) che quando diventa forte dà origine anche a delle potenti mareggiate.

In queste occasioni, pensate ad onde così alte che i motopescherecci di limitate dimensioni (ed ancora di più lo erano cinquanta anni or sono) sembrano delle barchette da gioco. Ed immaginate le mogli e le madri termolesi sul Muraglione affacciato sul porto in attesa del ritorno delle imbarcazioni dei loro cari.

Prima ansiose, poi angosciate. Infine il panico. Più passava il tempo e più si pensava al peggio. Il pensiero della vita e della morte si alternava nelle loro menti. D’improvviso si intravedeva da lontano un singolo motopeschereccio che stava rientrando. Forse si fanno largo un sorriso ed un pianto liberatorio? Assolutamente no. Perché si ponevano le domande: quale imbarcazione? Quale equipaggio? Quale dei mariti di lì a poco sarebbe arrivato salvo nel piccolo porto? (Non quello attuale. leggasi La bufala sul porto e del suo progettista suicida del 25 Novembre 2018 https://www.termolionline.it/news/attualita/770204/la-bufala-sul-porto-e-del-suo-progettista-suicida).

Un’attesa straziante. Angosce vere (vita o morte) che sovrastano come giganti quelle attuali che (in gran parte) sono soprattutto dei fantasmi della mente, gestibili ed spesso annullabili.

Infine poche righe relative ad un vento specifico che tutti conosciamo bene, U’ GARBIN. Il più conosciuto tra la gente comune. Seccante nel doppio significato: scocciante e che secca la pelle.

Da esso ognuno si difende in maniera diversa. Chi non esce di casa e chiude balconi e finestre. Chi si mette ammollo in acqua per ore (del mare ovviamente). Chi obtorto collo lo sopporta perché deve lavorare, perché costretto a fare commissioni od altro. Quanto dura? Un’ora, 24 ore, più giorni, non si sa. Mai conosciuto qualcuno che abbia detto a me u’ garbin m’ pi- e-c (a me il garbino piace). L’avrebbero rinchiuso in manicomio. A meno che fosse d’inverno.

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