Una pagina di storia locale: I Fratelli Brigida

Il saggio dom 17 febbraio 2019
Attualità di Antonio Smargiassi
3min
Corso Fratelli Brigida ©Termolionline.it
Corso Fratelli Brigida ©Termolionline.it

TERMOLI. Il secondo Corso della Città intitolato ai Fratelli Brigida e una Scuola media che porta il nome della madre, Maria, ci hanno sollecitato a riportare alla memoria i tragici fatti accaduti a Termoli 220 anni fa.

Il 17 febbraio del 1799 anni fa in un rifugio di Campomarino, dove era stato trasportato nel tentativo di curargli le ferite e salvargli la vita, moriva all’età di 22 anni Federico Brigida. Ne aveva 24 il fratello Basso Maria morto il 3 dello stesso a seguito delle ferite riportate nell’eccidio avvenuto in contrada Torre del Mulino a vento (oggi ingabbiata tra fabbricati che danno su Via di Rio Vivo). In quel luogo allora remoto erano stati condotti, accompagnati dalla derisione di una folla di scalmanati termolesi e albanesi, per subire la violenza delle lame dei Sanfedisti anche il dr. Francesco Saverio, Domenicantonio di Claudio, Annibale Bassani, Giuseppe Puca, Giambat-tista Massaro, Giovanni Leone, Giacomo de Santis di Guglionesi.

Basso Maria Brigida e pochi altri morirono sul posto,tra i sopravvissuti chi non morì dopo qualche giorno recuperò la forza per rifugiarsi nelle campagne.

La ragione dell’eccidio va trovata nel mutato clima instauratosi nel Regno di Napoli allorché nel 1793 al re Ferdinando IV di Borbone giunse dalla Francia la notizia della decapitazione di Luigi XVI e della moglie Maria Antonietta. Il timore di perdere il Regno e la vita indusse il Re a istituire una Giunta di Stato la quale, per i poteri accordati, proibì l’affissione di manifesti ritenuti eversivi, la diffusione dei fogli e la chiusura dei circoli letterari, tra i quali quello della baronessa Olimpia Frangipane Cardone di Castelbottaccio dove convenivano alcune tra le menti più illuminate del Molise. Sotto la copertura delle discussioni letterarie e filosofiche i problemi sui quali ragionavano erano di natura politica.

Basso Maria e Federico erano figli di Bernardo Brigida e di Maria Quici. Se Bernardo si distinse per la correttezza e il rispetto della legalità al servizio della Regia Dogana e per l’onestà nell’attività mercantile (Termoli in quei tempi era uno dei granai di Napoli) che ne fece un uomo più che benestante, Maria Quici fu madre e donna dalle molte virtù e capacità tali che alla morte del marito (38 anni) riuscì a portare avanti l’attività del marito suscitando scandalo nel paese. Una famiglia apprezzata, ma anche odiata da chi commerciava grano in maniera illegale.

Prima che tutto cambiasse nel Regno Maria Quici, consapevole dell’importanza dello studio, aveva mandato i due figli Napoli dove, Basso Maria e Federico non solo studiavano ma avevano preso a frequentare anche i circoli dove si discuteva soprattutto di quanto accaduto in Francia a causa delle condizioni di estrema povertà in cui viveva la stragrande maggioranza della popolazione.

Tra ritorno a Termoli, incontri con i concittadini e tra questi quelli tornati da Napoli, partecipazione al Circolo giacobino di Casacalenda e a quello della Frangipane dove l’argo-mento che univa i rivoluzionari più che il Re e il Regno, era il cambiamento della condizione di miseria in cui versava buona parte della popolazione. Per i fratelli Brigida e altri benestanti termolesi il destino dei Borbone era marginale rispetto alla povertà della gente.

Furono questi ideali ad avvicinarli, con l’entusiasmo proprio dei giovani, a personalità convinte che soltanto un cambiamento di regime, dalla Monarchia alla Repubblica, avrebbe potuto promuovere il cambiamento auspicato. Questi ideali segnarono anche la loro sorte: a seguito delle delazioni i due fratelli incapparono nella rete dei controlli e dei pedinamentitesa dalla Polizia del Re. Catturati, come tanti altri, vennero incarcerati ‘nelle umide fosse della Vicaria’ di Napoli, mischiati ai ladri e agli assassini.

Entrati i Francesi a Napoli (21 gennaio 1799) e proclamata la Repubblica i Brigida, liberati come gli altri prigionieri politici, tornarono a Termoli dove nella piazza (attuale Piazza Duomo) era stato innalzato l’albero della libertà, simbolo dell’adesione della Città alla Repubblica Napo-letana.

Il 2 febbraio un’orda di albanesi di Campomarino e di Portocannone ai quali s’era unito un gruppo di sangiacomesi capitanati da prezzolati del cardinale Ruffo riuscì, con uno stra-tagemma e con l’aiuto di tale Bartolomeo di Gregorio, a entrare nel Borgo le cui strade e abitazioni divennero i luoghi di caccia dei giacobini. Essi riuscirono a catturare anche quelli che, come i due fratelli, si erano nascosti in un stanzetta della sacrestia: una cattura facilitata dall’indicazione data ai Sanfedisti da Pasquale Marchese, addetto alle pulizie della Cattedrale.

A fine febbraio un ‘distaccamento di truppa francese’ comandata da Vincenzo Rossi di Bonefro, cognato dei Brigida, raggiunse Termoli per vendicare le vittime.

Maria Quici vedova Brigida, per evitare un ulteriore spargimento di sangue, si presentò davanti al plotone di esecuzioneproclamando ad alta voce di perdonare gli assassini dei figli.

Un gesto che le valse l’appellativo di ‘Cornelia termolese’.

Antonio Smargiassi

Storico e scrittore termolese

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