La “Prefetta” molisana che si occupava della ‘gente perduta’

Il personaggio lun 18 marzo 2019
Attualità di Claudio de Luca
3min
La prefetta Giuliana Perrotta ©Privacy Italia
La prefetta Giuliana Perrotta ©Privacy Italia

LARINO. Quando l’allora Procuratore della Repubblica di Larino Nicola Magrone (oggi Sindaco di Modugno) dichiarò di volere procedere alla riesumazione della salma del termolese Quintino De Notariis, lo fece perché il defunto fisico era rimasto collegato alla vicenda dello smaltimento dei fusti radioattivi di Castelmauro.

Una storia che fu ripresa non solo dai quotidiani nazionali (come tutte le vicende trattate da questo P.m.), quand’anche da “Striscia la notizia”, assumendo connotati misteriosi che forse non meritava. Più tardi fu ancora l’Ufficio del citato Procuratore a sostenere la pubblica accusa nell’affaire Di Paolo, il giovane larinese scomparso senza che, ancora oggi, ne sia stato rinvenuto il cadavere. Le due vicende fanno venire in mente quelle di tanti altri soggetti volatilizzatisi in terra di Molise e quelle di coloro (ne sono migliaia) che ogni anno s’involano dall’Italia, senza lasciare traccia alcuna di sé. Cosicché la pubblica opinione finisce con il meditare in ordine al mistero che avvolge questi fatti che concretano un fenomeno statisticamente in continua lievitazione.

Ma su di loro medita anche il Viminale che ha attivato da anni un Ufficio al fine di censire le persone scomparse ed i cadaveri non identificati. Al principio, a dare la caccia ai dimenticati, fu posto il Prefetto Rino Monaco (antiche ascendenze isernine, già Capo della Squadra mobile di Roma).

Il succitato dirigente, personaggio noto alle cronache, aveva catturato – da poliziotto - il cassiere della Mafia Pippo Calò, il ‘boss’ di Cosa nostra Giovanni Brusca ed il neo-fascista Pierluigi Concutelli. All’epoca (1974), degli oltre 30mila scomparsi, risultavano ancora da rintracciarne ben 24.553 (9.988 italiani e 14.565 stranieri). I minori erano 10.267 (1.810 italiani e 8.457 stranieri). Oggi Commissario straordinario per le persone scomparse è la campobassana Giuliana Perrotta, all’Interno sin dal 1981.

L’Ufficio che dirige venne istituito nel 2007 per favorire il confronto incrociato tra le informazioni sui ‘dèsparu’ e sui cadaveri non identificati. Agisce nell’ambito del Sistema-interforze e riferisce i risultati della propria attività (ogni sei mesi) al Presidente del Consiglio dei ministri. Infine, mantiene i rapporti con i familiari degli scomparsi e con le associazioni più rappresentative a livello nazionale che - sotto diversi aspetti - si occupano della penosa materia.

Per le ricerche rimane sempre aperto un canale con gli Istituti di medicina legale, con le Asl, con i Comuni e con i Presidi ospedalieri. In tal modo il settore si pone nella condizione di conoscere tutto sui cadaveri non identificati, giacenti negli obitori; e ricostruisce vita, morte e miracoli di tanti altri soggetti rimasti avvolti dal nulla. Insomma, quello della Perrotta è un oscuro e silenzioso lavoro che porta ad inquadrare - nella giusta dimensione – anche l’intero triste primato italiano collegato alla sindrome pirandelliana di Mattia Pascal a cui dà corpo il comportamento di chi scompare senza lasciare tracce, dopo di avere pianificato con cura la propria fuga ed essersi creata una nuova identità.

Questa sindrome prende il nome dal personaggio di Adriano Meis che si inventa una nuova, seppur temporanea, esistenza. Gli esperti dicono che è l’urgenza del cambiamento a fare scattare il desiderio del cambiamento e, quindi, il desiderio di fuga. Chiaro che, all’origine, debbano esserci motivazioni forti e ponderate, sostenute da spinte interiori che debbono mettere in discussione la famiglia, il lavoro, lo stato sociale, le proprietà ed i beni.

Gli studiosi del fenomeno chiamano ‘runaway questi soggetti che, deliberatamente, scelgono di sparire nel nulla con una condotta misteriosa, difficile da prevedere. Davanti ad un caso di sparizione (soprattutto quando il protagonista sia un minore) viene chiamata in causa la psicologia investigativa; e le prime domande a cui gli addetti ai lavori cercano di rispondere sono: 1) la fuga è volontaria o involontaria (rapimento)?; 2) il fuggitivo dove potrebbe essere andato (profilo geografico)?; 3) come potrà atteggiarsi nel suo nuovo ambiente (profilo comportamentale)?

Claudio de Luca

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