Educare le nuove generazioni: uno schiaffo all'indifferenza quotidiana

L'impegno delle donne dom 24 marzo 2019
Attualità di Roberto Ciavarella
3min
L'impegno delle donne ©Termolionline.it
L'impegno delle donne ©Termolionline.it

TERMOLI. Uno schiaffo all’indifferenza quotidiana. Questo è stato l’incontro che è avvenuto oggi in sala consiliare, a Termoli. A far parte di questa conferenza, sono stati l’associazione “Mai più sole-non una di meno”, il sostituto procuratore del tribunale dei minori Rossana Venditti, il presidente vigilante in rappresentazione dell’amministrazione comunale, la presidentessa dell’associazione “Liberaluna onlus” Maria Grazia La Selva, la dottoressa Valentina De Leonardis, educatrice della comunità alloggio “Casa di Kore” e il dirigente scolastico Eugenia Carfora dell’Istituto superiore “F. Morano” di Caivano. Un incontro moderato da Giulia Di Paola.

L’incontro è stato teatro di un tema, come l’educazione giovanile, ma più in generale il riassetto dei valori al centro della vita, che ha lasciato a bocca aperta il pubblico in sala. Le parole della direttrice Carfora hanno emanato vibrazioni diverse, quasi del tutto nuove. Emozioni che arrivano senza sfumature alle nostre orecchie e che trovano voragini nelle nostre menti. Le quali rimangono stordite da apparenti soddisfazioni materiali, che anestetizzano in qualche modo le nostre ansie e la scarsa capacità di convivere con situazioni difficili. Ma ci sono persone, donne, che con la loro passione e personalità, hanno trasformato realtà complesse e dimenticate.

Un cambiamento che diventa possibile, solo se si arriva a toccare la parte più nascosta di una persona. Il che permette di creare un legame, dove gli unici filamenti, sono intrecciati dalla fiducia. Eugenia Carfora ha fatto questo. Ha cercato di ottenere la fiducia dei sui ragazzi mostrando loro attenzione e affetto. Due elementi tanto rari nella vita cosiddetta “tranquilla”, ma ancora più sporadici in ambienti difficili come quelli di Caivano. Ha raccontato storie di vita che oscillavano dalla gioia alla disperazione, intervallate da considerazioni fredde e dirette sulla situazione attuale del vestito sociale vecchio e logoro che veste l’Italia. La direttrice afferma:“ Io non faccio niente di strano, amo tantissimo la scuola. Quel luogo dove io ho imparato a vivere le regole e non a subirle. Il piacere di trovare dentro la forza di esprimersi con grande libertà. Tutti i bambini vivono questo momento. Ma ci sono luoghi dove questa felicità di vivere la scuola, non viene vissuta. Non c’è il coraggio di raccontare questo tipo di realtà sociale.” Continua Carfora “ Io sono arrivata 12 anni fa in quel luogo: mi occupavo dei figli delle prostitute. Un giorno una ragazza mi raccomandò il figlio, chiedendomi che avesse la sua opportunità.”

In queste zone, come dice la direttrice, non c’è stato un investimento nell’ambito della formazione professionale. Ma per citare l’intero pensiero della direttrice Carfora “dell’educazione alla vita e al diritto di esserci.” Quando vai in posti dove non ci sono regole, ti cambia la vita —continua la direttrice — ed è quello che sta facendo anche lei con i suoi ragazzi, Contro tutti e tutto.

Il rischio di essere dimenticati, non essere considerati e non avere le stesse opportunità. Questo mix di elementi(senza dimenticare altri fattori) portano a forme di violenza, dettate da una mancanza di guide, soprattutto tra i giovani. Ma questo non riguarda solo i ragazzi delle zone più problematiche, ma anche quelli che vivono una cosiddetta vita “tranquilla”. Secondo il sostituto procuratore del tribunale dei minori, Rossana Venditti, é un problema che riguarda la cultura del rispetto. Afferma Venditti:” La cultura del rispetto si costruisce presto. Lo si costruisce in famiglia con l’esempio, tra i banchi di scuola, nei rapporti interpersonali sin dall’esordio della vita sociale. È un percorso lungo, ci vuole impegno. Perché le parole servono a poco e sono i comportamenti che educano. Dobbiamo recuperare questa capacità. Prima nei paesi c’era un controllo sociale che ora abbiano smarrito. Oggi si è tornati in una dimensione molto individuale e abbiamo perso la forza delle radici robuste e di esempi importanti. Dobbiamo recuperare questa strada.” Stiamo vivendo in una società dove le strutture interne stanno diventando deboli e indifese.

Su questo Venditti afferma: “ Ci stiamo rifugiando troppo dietro la tecnologia. Abbiamo perso l’abitudine di guardare il nostro interlocutore negli occhi e a vivere le cose in prima persona. Senza partecipare alla vita e alle esperienze di qualcun’ altro. E identificarci con modelli lontani, che certe volte, non sono virtuosi e ci portano verso un edonismo pericoloso che impoverisce le relazioni umane. Le quali scadono nella frustrazione, nella rabbia e nella violenza. Il cerchio si chiude in negativo, la relazione termina miseramente, perché non è stata ben costruita. E alla base di questo fallimento rimane il rancore, che non trova il modo di esprimersi e si trasforma in distruzione.”

Oggi notiamo, come queste disparità che dilaniano la società odierna, stiano raggiungendo una saturazione massima, fatta di realtà difficili e poche prese di coscienza. Per cambiare questa situazione, non bisogna girare più la testa dall’altra parte e mostrare la guancia alla diffidenza.

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