Il porto come strumento e opportunità per restituire centralità a Termoli

L'intervento lun 20 maggio 2019
Attualità di Antonio Fusco
6min
Il porto di Termoli ©Termolionline.it
Il porto di Termoli ©Termolionline.it

TERMOLI. I porti come strumento ed opportunità per restituire centralità al Mezzogiorno. Restituire centralità a Termoli. Non occorre un mago per comprendere le problematiche e indicare soluzioni per il decollo di questa importante area del territorio costiero, in un significativo percorso di valorizzazione del porto “frontiera marittima naturale”. Occorrono competenze per un’efficace azione amministrativa e mirati interventi per far si che questo territorio diventi un punto strategico e di sviluppo socio-culturale, turistico e occupazionale. Non è più il tempo delle promesse , di una politica fondata sulle chiacchiere, dei buoni propositi e null’altro. E’, piuttosto, un momento di cruciale importanza per edificare la Città nella quale tutti noi vogliamo vivere, per consegnare ai nostri figli un territorio che non resti incagliato ed in attesa dell’alta marea. Bisogna restituire la centralità che spetta alla fascia costiera, al suo mare, una centralità non subalterna, bensì capace di traghettare le enormi potenzialità turistiche e commerciali che pur ci sono verso contesti nazionali epaesi d’oltremare.

Oggi lo sviluppo del Mediterraneo dovrebbe portare a riflettere maggiormente sulla opportunità di realizzare anche un ruolo di cerniera fra il nostro territorio e le coste dei paesi frontalieri. La disponibilità di un porto consente alle imprese di partecipare ai processi di integrazione economica, spingendo il raggio di azione su un numero molto ampio di mercati. Tutto ciò si traduce in un recupero di centralità della Regione che si rende più competitiva, utilizzando la via del mare. Si arriva per questa via all’identificazione del porto regionale non semplicemente nel senso di uno scalo che serve una regione, ma piuttosto di un porto che è espressione di una logica di ristrutturazione logistico-produttiva regionale al cui sviluppo esso contribuisce in modo assolutamente determinante e di un bisogno di relazione ed integrazione in rete che si fa via via più complesso. Attualmente anchel’economia di questa regione è interessata da un profondo processo di trasformazione rispetto ad un passato "non-competitivo" di forte dipendenza dai trasferimenti pubblici e di scarsa presenza di imprese competitive in settori aperti alla concorrenza.

Malgrado i mutamenti in atto, continua comunque a caratterizzarsi come un’area territoriale che presenta ancora scarsi elementi di omogeneità al suo interno e che necessita pertanto di sostegno atto a facilitarne il processo di integrazione con le aree più avanzate del resto del Paese. Il miglioramento delle infrastrutture, dei servizi e della organizzazione strategico-territoriale dei trasporti marittimi e delle connessioni terrestri, rappresenta un importante presupposto per favorire l'inserimento dei sistemi produttivi locali in un contesto aperto, competitivo e sostenibile. Una "nuova" politica di sviluppo del Mezzogiorno dovrebbe necessariamente passare da un’analisi dettagliata del commercio internazionale e delle sue rinnovate opportunità globalizzate e dovrebbe portare alla valorizzazione della più grande risorsa che storicamente appartiene a questa parte del Paese: il mare e le coste. Lo sviluppo economico di un porto, la sua capacità di attrarre traffici e di generare effetti positivi sul territorio circostante, non dipendono soltanto dalla dotazione portuale infrastrutturale in senso stretto (banchine, gru, attrezzature, magazzini, depositi, ecc.), ma anche e soprattutto dal grado di interconnessione dello scalo con i mercati interni, attraverso corridoi plurimodali efficienti, oltre che dall’offerta di servizi portuali moderni e funzionali. Il potenziale economico di un porto, l’impattoin termini economici, di reddito e di occupazione tende ad incrementarsi nell’area portuale e nel territorio circostante.

La realizzazione di un porto dunquepuò solo determinare una serie di effetti positivi del territorio locale, regionale e nazionale e a tale relazione causa-effetto, è il fattore essenziale ai fini dello sviluppo. In linea di massima, infatti, la presenza di uno scalo marittimo ha rappresentato un importante fattore di attrazione per svariate attività economiche. A tale proposito è possibile effettuare una distinzione tra attività cosiddette “port-required”, che esistono in quanto esiste il porto e attività cosiddette “port-attracted”, che si localizzano nella città/area portuale per sfruttare i rilevanti vantaggi economici che la presenza di un porto determina.Il porto dovrebbe essere capace di svilupparsi con una logica di sistema territoriale-portuale fondata su: efficienti collegamenti terrestri ed adeguate infrastrutture logistiche di supporto; individuazione della propria vocazione specialistica legata al territorio ed alle attività produttive/distributive insediate.

In questa prospettiva il problema più importante non è quello dimensionale (essere grandi o essere piccoli), quanto piuttosto quello relazionale (essere efficienti a scala locale-regionale e quindi connessi alle grandi reti). Tra le attività strettamente legate alla presenza di un porto rientrano certamente quelle relative al trasporto, all’imbarco e lo sbarco, al deposito, nonché alle altre attività di servizio connesse, quali agenzie marittime, spedizionieri, imprese armatoriali, operatori logistici, imprese di importexport, borse merci, servizi assicurativi e legali, provveditori e fornitori di bordo, uffici consolari ecc. Ne consegue, in definitiva, uno sviluppo non soltanto economico, ma anche demografico e sociale dell’entroterra portuale. Per quanto riguarda il futuro di questa Regione è fondamentale ricollocare il mare al centro del processo di sviluppo del territorio “Molise blu”, sia per motivi di ordine strategico/politico che economico e stimolare un approfondimento sul nuovo ruolo della portualità come opportunità fondamentale ed impellente. Il Molise blu i cui confini non si limitano alla costama penetrano, oggi più che mai, all’interno del territorio, con esso dialogano, si integrano e si arricchiscono culturalmente ed economicamente. Il mare vive in funzione della terra e viceversa, sia essi intesi come ecosistemi che come economie diverse e complementari.

Per questo oggi la nostra economia del mare è debole perché è debole il suo rapporto con la terra in termini di reti trasportistiche, di cultura d’impresa, di politica strategica e di alleanze. La “power projection”, cioè essere lontano dai propri confini, deve essere esercitata anche in economia e soprattutto attraverso il mare. Da noi il mare è stato trascurato per la ricerca del nuovo vello: “la fabbrica”, spazi nei quali chiudere l’uomo, anziché tenerlo a produrre ricchezze all’aria aperta, non inquinata, sul mare. Nel nostro Paese non c’è ancora cultura del mare. Solo Mussolini, per il solo fatto che andava in pattino, poteva pensare che l’italiano è un popolo di navigatori”. Siamo in una conformazione ottimale per lo sviluppo del cabotaggio marittimo, che tuttavia oggi non deve essere concepito semplicemente come collegamento tra due porti, ma bensì come trasporto integrato terra-mare dove l’origine e la destinazione sono terrestri e i due terminali portuali sono gli anelli intermedi della catena.Insommaesiste un problema fondamentale che sta alla base di tutti gli ostacoli che innegabilmente sono infrapposti tra noi e il mare: l’ignoranza generale del fatto che la “marittimità” costituisce per l’Italia non semplicemente una potenziale risorsa di ricchezza, ma un elemento di importanza vitale per tutto il paese. Questa mancata consapevolezza ha riguardato tra l’altro anche la politica governativa degli ultimi decenni, con conseguenze disastrose per l’attuale situazione dei trasporti marittimi che sono stati decisamente trascurati rispetto a quelli via terra.

Uscire da questa situazione non è facile ma neanche impossibile, ciò che conta è cominciare a piccoli passi senza pensare di poter ottenere risultati immediati, iniziando a recuperare le infrastrutture già esistenti con adattamenti e interventi che non comportano poi costi impossibili. A volte ci si chiede : “Ma in una città senza mare a chi si rivolge la gente per ritrovare il proprio equilibrio!” Come pure sono convinto che se non avessi condotto questo tipo di vita, cercando di spiegare il mare a chi lo guarda e vede solo acqua, non avrei sviluppato questa visione allargata, e sarei ancora chiuso nella mia cittadina con i miei quattro amici a giocare a tresette.

Antonio Fusco - raccomandatario marittimo

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