Urbanistica molisana: ormai è troppo tardi

Trama assente ven 24 maggio 2019
Attualità di Claudio de Luca
2min
Paesaggio del Molise ©aifb.it
Paesaggio del Molise ©aifb.it

CAMPOBASSO. In passato le trasformazioni urbane molisane, ivi comprese quelle realizzate nei centri minori, avrebbero necessitato di un rapporto più stretto fra i tre soggetti primari in competizione: 1) proprietari dei fondi; 2) progettisti; 3) Comuni. Questo sempre che l’intenzione fosse stata quella di tutelare i diritti dei cittadini alle aree verdi ed ai servizi in genere. Ma così non è stato, ed oggi se ne ‘apprezzano’ i risultati un po’ dovunque. In effetti le quantità edificatorie assentite dai vari Palazzi sono state contrattate, consensualmente, in base ad accordi con le proprietà fondiarie, peraltro determinate non su preventivi criteri di congruità urbanistica quanto piuttosto sulle aspettative di rendita dei vari proprietari che – logicamente - serbavano soltanto visioni di parte. Ed ecco perché il criterio di valutazione dell’utilità pubblica non è stato mai tenuto in conto e la necessità della dotazione di spazi pubblici si è rivelata perdente. Tant’è vero che ben poco verde ed ancor meno servizi sono stati effettivamente realizzati.

Eppure il legislatore nazionale si era mosso bene, individuando quelle quantità minime di spazi pubblici per abitanti/utente (che poi concretano gli ‘standard’ urbanistici), garantendole per legge al fine di renderle indisponibili alla cedevole volontà ‘amministrativa’ comunale ed alle fantasiose soluzioni dei progettisti, peraltro ispirate dalle aspettative dei proprietari. Purtroppo questi elementi necessari si sono dimostrati sempre insufficienti a garantire l’interesse pubblico collettivo, trovando posto ben di rado nelle soluzioni realizzate, ivi compreso l’obbligo di approvare un Piano regolatore generale prima di qualunque possibilità di intervento da parte dei privati, abilitati a muoversi solo sulla scorta di localizzazioni, di quantità edificatorie e di spazi pubblici prefissati. Regole peraltro già stabilite nella Legge urbanistica del 1942 con cui il Fascismo mirava ad impedire che l’assetto urbanistico fosse determinato prevalentemente dalla struttura della proprietà fondiaria che – pure legittimata alla propria valorizzazione economica – non poteva avere la necessaria visione d’insieme possibile soltanto col disegno di un assetto urbano complessivo. Per di più, con l’affidamento degli incarichi dei progetti dei piani regolatori e particolareggiati approvati dai Comuni prima di ogni intervento edificatorio, si sarebbe offerta un’ampia occasione di sviluppo economico e di affermazione del ruolo culturale e sociale dei progettisti urbani.

Caduto il Fascismo, la Repubblica dové preoccuparsi di ricostruire le città bombardate; ma poté applicarvisi solo con strumenti di emergenza. E, per diffondere l’attività edilizia, i Comuni affrontarono l’emergenza ricorrendo abitualmente alla prassi delle ‘convenzioni’ che altro non erano se non accordi di natura privatistica contratti con chi voleva edificare anche in carenza di un razionale progetto pubblico complessivo delle città. E così gli enti locali stipulavano contratti con cui – a fronte dell’impegno a rilasciare licenze per volumetrie concordate – s’impegnavano a realizzare strade di accesso all’area, tragitti di distribuzione interna, marciapiedi ed illuminazione stradale. Ed ecco perché oggi si vedono interi quartieri con case troppo alte attorno a strade troppo strette, invase da autovetture in sosta. Fu allora che i Comuni si indussero a non fidarsi della deontologia dei vari professionisti dell’urbanistica, prevedendo quelle prescrizioni inderogabili fissate con gli ‘standard’ del 1968 (distanza minima di 5 m dai confini di proprietà, distanza tra gli edifici pari a quella di altezza maggiore con un minimo assoluto di 10 m tra pareti finestrate, la realizzazione di almeno 18 mq di verde e 9 di scuole e parcheggi ed altri 15/ab. di parchi territoriali). Ciò nonostante basta guardare il caso di Larino, un tempo Città del verde, diventata oggi Comunità senza verde.

Claudio de Luca

TermoliOnline.it Testata giornalistica

Reg. Tribunale di Larino N. 02/2007 del 29/08/2007 - Num. iscrizione ROC:30703

Direttore Responsabile: Emanuele Bracone

Editore: MEDIACOMM srl
Via Martiri della Resistenza, 134 - 86039 TERMOLI(CB)
P.Iva 01785180702

© Termolionline.it. 2024 - tutti i diritti riservati.

Realizzato da Studio Weblab

Navigazione