A proposito della sanità: «Il settore cade a pezzi»

Lo studio lun 01 luglio 2019
Attualità di Claudio de Luca
4min
Nino Cartabellotta (Gimbe) ©pharmastar.it
Nino Cartabellotta (Gimbe) ©pharmastar.it

LARINO. Il ‘Gimbe’ (Centro studi per la Sanità) ha presentato il rapporto 2019 e il presidente Nico Cartabellotta ha detto: "Il settore cade a pezzi (specie in Molise, confermiamo noi, nda), avviandosi verso la privatizzazione Ci troviamo davanti al progressivo sgretolamento della più grande opera pubblica mai costruita in Italia: la perdita di un Servizio sanitario pubblico, equo e universalistico. Cosicché, oltre a compromettere la salute delle persone, andremo incontro ad un disastro sociale ed economico senza precedenti per la carenza di un disegno politico di lungo termine e per l'intromissione partitica, sempre più evidente, nella gestione delle strutture sanitarie”.

A queste aggiungiamo le inefficienze riscontrate in ordine alla programmazione del fabbisogno del personale e l’opzione di privilegiare l'erogazione di sussidi alla cura (il ‘bonus’ di 80 euro, il reddito di cittadinanza e la quota 100). Il risultato? Ne sono riuscite indebolite le tutele pubbliche e sono aumentate, di conseguenza, le spese delle famiglie. Secondo gli esperti del Centro, la spesa per la salute ammonta a 204.034 milioni, di cui 154.920 di spesa prettamente sanitaria, 41.888 milioni di spesa sociale settoriale, 7.225 milioni per deduzioni e detrazioni di imposta. Ma la vera sfida consiste nell’identificare il ritorno in termini di salute delle risorse investite. Secondo le analisi del Gimbe, il 19% della spesa pubblica (almeno il 40% di quella delle famiglie e il 50% di quella intermediata) non migliorano la salute e la qualità di vita delle persone. Ecco perché bisogna avviare riforme sanitarie e fiscali per ridurre al minimo i fenomeni di sovra-utilizzo di servizi e prestazioni sanitarie inefficaci (o inappropriate) e di sotto-utilizzo di servizi e prestazioni efficaci e appropriate. Insomma, non si tratta di spendere di più ma di utilizzare al meglio i fondi disponibili, premiando le competenze (anche organizzative) e non la fedeltà partitica.

Il fatto è che le storie molisane si dipanano da vicende che oramai troviamo dietro alle nostre spalle. Prendiamo il caso del "Vietri", da inquadrare in un Piano sanitario che risale a diversi anni addietro. Quando se ne trattò in Consiglio comunale (quello dei belli addormentati nel bosco), non si comprese che quella pianificazione prevedeva la chiusura delle strutture ospedaliere di Larino, di Agnone e di Venafro. Qualche assessore se ne adontò, accusando gli altri di non capire granché. Ed ecco che occorrerebbe parlare della continenza comportamentale di certa classe politica di passaggio e della stitichezza di tante decisioni prese. Quando del “Vietri” ebbe ad occuparsi il Tar, accadde che la sentenza aveva preceduto di pochi giorni le Assisi consiliari volute per tracciare il punto di una situazione che appariva oramai compromessa. Eppure l’Assemblea, benché sollecitata dalla minoranza consiliare, era stata convocata dalla maggioranza solo dopo che erano trascorse tre settimane dalla richiesta. La circostanza permette di constatare che, se l’argomento era parso poco sentito (già dal ritardo ostentato), mal si comprende perché poi ci si debba lamentare se i primi cittadini del circondario ed i cittadini frentani stessi rimasero assenti da eventi tanto importanti. Ciò nonostante, grazie all’ “assist” offerto dal Giudice amministrativo, la Politica provò a mettere il cappello sulla vicenda, traendone – ad uso dei “mass media” – esaltanti titoli colmi di compiacimento. Vi fu chi ipotizzò che, quanto prima, il “Vietri” sarebbe ritornato ad operare con tutte le sue Divisioni, ritornando ad essere la struttura del tempo che fu. Ma ciò non poteva essere vero; e farlo credere poteva significare solo volere ingannare la pubblica opinione.

Spesso le sentenze dei Tar si limitano semplicemente all’aspetto formale di un contendere. Nel caso del “Vietri” il Collegio amministrativo molisano aveva preso atto del motivo di censura articolato dai ricorrenti nel momento in cui avevano prospettato l’illegittimità dei decreti commissariali che, invadendo la competenza legislativa regionale in materia di programmazione sanitaria, avevano operato un intervento sostitutivo non contemplato dall’art. 120, c. 2, Cost. e dal sistema delle fonti in generale. Il Piano sanitario 2008/2010, varato con delibera consiliare n. 190/2008, era stato approvato (in attuazione dell’art. 6, c. 2, lett. B, dello Statuto) con la legge n. 34/2008. Sicché il Commissario “ad acta”, in quanto organo amministrativo, si sarebbe dovuto astenere dal modificare la rete ospedaliera a suo tempo delineata dalla normativa regionale. Da un punto di vista teorico, il “Vietri” sarebbe dovuto ritornare ad operare con tutte le sue specialità; ma, immaginando che la Regione Molise non avrebbe ottemperato alle decisioni del Tar, sarebbe stato opportuno presentare gli atti giusti a tempo dèbito perché - nel frattempo - i Pos non dovevano più essere sottoposti alle assisi consiliari per l’approvazione, essendo stato disposto che essi potevano essere approvati direttamente dal Commissario. Di recente è capitato di vedere sul telone lo stesso film: e si sono minacciate querele per interruzione di pubblico servizio, pur sapendo che - nel 2013 e nel 2014 - a Termoli vi fu un'Associazione che ne presentò addirittura due. Ma, in entrambi i casi, vi fu una richiesta di archiviazione, non potendosi parlare di interruzione di pubblico servizio quando - comunque - le medesime attività sono assicurate in altri centri territoriali.

Claudio de Luca

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