Cattedrale di Larino, i meriti del canonico Vincenzo Levante

Omissioni mar 20 agosto 2019
Attualità di Claudio de Luca
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La cattedrale di Larino ©termolionline.it
La cattedrale di Larino ©termolionline.it

LARINO. Ci scrive il ricercatore larinese Berardo Mastrogiuseppe: ”Su ‘Il Mattino illustrato n. 12/1929, un articolo ricorda il ruolo del can. Vincenzo Levante, canonico della Basilica Cattedrale di Larino e Regio ispettore ai monumenti e scavi. Senonché la Mostra organizzata nell’occasione del 700nario del citato Monumento non reca memoria dei meriti del suddetto, così bene descritti da Ettore A. Vincelli” che ricorda come sia stato Pio XI ad elevare alla dignità di Basilica il Duomo di Larino. “Occorre valorizzare questa Città”, diceva il canonico succeduto allo storico Alberto Magliano nelle funzioni di regio ispettore ai Monumento ed agli scavi. Larino, che vanta una storia ricca di avvenimenti succedutisi in 23 secoli, ebbe il privilegio di battere una propria moneta. Fu unita dall’imperatore Adriano all’Apulia, facendone parte sino al 1811. Nell’evo di mezzo ebbe il grado di Contea, sopportò le invasioni dei Longobardi, dei Greci, dei Franchi, dei Saraceni e degli Ungari sino a passare sotto il dominio di vari feudatari. La Cattedrale influì non poco a far eleggere Larino a Sede vescovile. La sua costruzione risale al 1319 a la sua facciata è fortemente obliqua rispetto all’asse della Chiesa. Lo stesso Vincelli ricordache, “mentre i pilastri delle altissime arcate, che dividono le tre navate in cui l’ambiente è dipartito, questi sono cinque al lato sinistro e sei al destro”.

Don Levante aveva grande rispetto delle antichità locali. Scrivendo ad un amico (l’8 gennaio del 1929) riferiva che il dr. Battista stava eseguendo scavi su di un fondo; che ne erano venuti fuori “pochi oggettucci di terracotta, rotti e buttati alla rinfusa. Ciò dimostra che il terreno è già stato rovistato. Più importanti sono i rinvenimenti nel villino de Gennaro. Accanto alla Torre, l’edificio, ricostruito sulle fondamenta di un antico tempio pagano, è stato estratto un colossale blocco di pietra rettangolare del peso di una 20ina di q.li. Più indietro c’è il principio di una galleria che parrebbe volgere verso l’Anfiteatro (...). Ieri ho completato un discreto lavoretto per conto della Regia Sovrintendenza di Napoli. Dovendosi pubblicare la Carta archeologica d’Italia, ho trasferito tutte le lapidi di questa Città – con relative notizie – in numero di ben 45. Mi promise di passare a Larino, per una visita, anche il prof. Majuri”. Altri tempi, quando, persino per ricevere da L’Aquila degli esemplari fotografici, occorreva avere “referenze specialissime dal Gabinetto fotografico del Ministero della P.i.”. Il sacerdote, ispettore ai monumenti e scavi, aveva scoperto che, nel fascicolo IV dell’aprile 1929 del ‘Monitore ecclesiastico’, si leggeva: “Quando fosse esteso l’uso dell’appellativo ‘Basilica’ si rileva dal ‘Thesaurus linguae latinae’ che indica quelle di Ostia, Milano, Firenze, Nola, Padova, Perugia, Larino, Ravenna, Capia, Cagliari, etc.”. Insomma quella larinese veniva annoverata “tra quelle di Città cospicue, mentre questa gloria locale rimane ancora avvolta nel mistero”. Ma non è che di don Levante si parla quanto basta perché il personaggio viene ritenuto in odore di massoneria?

Quella risorgimentale è un’epopea che ha fatto terra bruciata d’ogni moderatismo e realismo, trasformando la lotta politica in una favola violenta. Eredi di questa tradizione sono stati gli interventisti del 1914, i Fascisti ed i Comunisti, i partigiani, i repubblichini, le “volanti rosse” ed i terroristi di Destra e di Sinistra degli anni di piombo. Parrebbe quasi un film in cui si sia capitati, risucchiati da un incantesimo. In tale quadro la Massoneria molisana (seconda metà del ‘700) si rivela la vera protagonista di una storia di tutto rispetto a cui aderirono professionisti ed intellettuali giacobini che la fortificarono in grazia dei sacrifici dei martiri del 1799, crescendo in virtù degli ideali liberali dei carbonari e dei rivoltosi (1848). Secondo Giacomo Donati, conseguita l’Unità proprio per gli sforzi generosi dei massoni (Mazzini, Garibaldi, Cavour e V. Emanuele II), nel Contado molisano i galantuomini dettero vita a legami più forti, cementati dall’anticlericalismo testimoniato dalle gazzette regionali. La Massoneria si configurò come la più grande “lobby” (trasversale) operante sul territorio. I più importanti posti di comando si trovarono nelle mani dei “fratelli muratori”, pure perché il Clero stabilì intese per un appoggio reciproco, assumendo persino funzioni di supplenza. L’àpice fu raggiunto nel ‘900, con l’avvento del Fascismo, quando i partiti politici moderni si mostrarono incapaci di scalfire il tessuto regionale, senza riuscire ad aprire – come a Campobasso – manco una sezione. Le elezioni molisane promuovevano sempre gli stessi personaggi e la Sede provinciale di Palazzo Magno fu roccaforte e “monumento” della setta abruzzese e molisana, facendo della Città di S. Giorgio la vera Capitale delle due regioni. Che sia stata questa la ragione per cui il canonico della Basilica Cattedrale di Larino (e Regio Ispettore ai monumenti e scavi) non ha trovato posto – ad onta dei suoi meriti verso la Città – nell’occasione del 700nario della Basilica Cattedrale di Larino?

Claudio de Luca

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