La frana simbolo del Molise, «Guardare al futuro con speranza o costruire un futuro altrove?»

Il caso gio 22 agosto 2019
Attualità di Alessandro Corroppoli
8min
Il caso Civitacampomarano ©Gabriella Tutolo
Il caso Civitacampomarano ©Gabriella Tutolo

CIVITACAMPOMARANO. Guardare al futuro con speranza o costruire un futuro altrove? Via alle domande per il contributo di ristoro, ma tante sono le incognite.

Giovedì 20 giugno si è tenuta una riunione cittadina nella quale è stato spiegato come poter accedere al contributo di ristoro del danno causato dalla frana. “Finalmente una prima parziale buona notizia per i civitesi”, esulta il sindaco. Ma non mancano i problemi e le incognite. “Le banche stanno creando degli intoppi - spiega Manuele - e nel decreto ministeriale c’è anche la possibilità di delocalizzare le abitazioni in altri comuni regionali favorendo la morte del paese”.

Primo cittadino e i tecnici comunali hanno spiegato come poter accedere al contributo di ristoro del danno causato dalla frana del marzo del 2017. In base all’ultima delibera del 21 dicembre 2018, è stato fatto un primo elenco dei beneficiari: a più di due anni dall’evento franoso del marzo 2017, dunque, i civitesi potranno finalmente fare richiesta di accesso a un contributo economico per i danni subiti. Un contributo ristoro, così viene definito, che però porta con se diversi problemi. Il primo riguarda l’oggetto alla domanda di richiesta al contributo, la delocalizzazione. Il secondo, la modalità di erogazione dello stesso.

La delocalizzazione

La normativa nazionale sulla delocalizzazione regolamenta sia il dissesto idrogeologico che il sisma e prevede di potere delocalizzare solo quando necessario, come nel caso di Civitacampomarano. “Lo si poteva fare in un altro sito dello stesso comune o in un agro dei comuni limitrofi/confinanti” spiega il sindaco. Dal 2018, invece, la norma è stata modificata, aggiornata: per la prima volta è possibile delocalizzare, “spostare” la propria abitazione, in un qualunque altro territorio regionale. Un vero e proprio paradosso se pensiamo che Civitacampomarano è uno dei tanti paesi molisani delle aree interne a rischio spopolamento. “Se si parla di aree interne, di stop allo spopolamento questo aggiornamento normativo va a disciplinare una nuova forma contributiva che, seppur in maniera legittima, consente a una persona di andare a costruire altrove”. Cosa significa questo? “Significa non rimanere a Civitacampomarano, significa incentivare a lasciare il paese”. Una modifica, questa, che ha creato due linee guida nazionali che si vanno ad annullare a vicenda. Da un lato c’è la Snai, il servizio nazionale aree interne, che incentiva il turismo, la cultura e lo sviluppo delle aree interne; e dall’altra una norma che regolamenta il dissesto idrogeologico consentendo di andare a ricostruire la propria abitazione altrove. “Da un lato lo Stato incentiva le aree interne e combatte lo spopolamento, dall’altra finanzia quegli stessi cittadini ad andare altrove: se a Civitacampomarano togli 20 persone queste difficilmente torneranno e il paese continuerà a morire” è la triste analisi del sindaco. Dal 2017, anno in cui la frana ha spaccato in due la comunità, la popolazione è passata da poco di 400 abitanti agli attuali 382. Una diminuzione, però, che nulla a che fare con l’evento calamitoso ma dovuto al semplice rapporto tra le nascite e le morti. ”L’evento ha rafforzato il legame tra i residenti e nessuno delle 24 persone evacuate ha lasciato Civita - evidenzia Manuele -. Alcuni di loro hanno ristrutturato casa, con soldi propri, e sono andati a viverci. Alcune di queste seconde case sono state messe a disposizione di due nuclei familiari mentre altri sono stati trasferiti in case di proprietà del comune”.

Come funziona il contributo di ristoro al danno?

Quando si è colpiti da un terremoto, il cittadino danneggiato, nella richiesta di contributo allo Stato fa riferimento all’indennizzo del danno. Quando invece è colpito da una frana, dissesto idrogeologico appunto, si parla di contributo del danno. I civitesi potranno avere un ristoro economico pari al 26% rispetto al danno stimato. Esempio: se una abitazione ha subito danni pari a 500mila euro, il proprietario potrà richiedere e ottenere solo il 26% di quanto stimato, ossia 130mila euro. Oppure: per tutte le prime abitazioni il contributo non può superare le 185mila euro (indipendentemente dal danno stimato). 150mila euro, invece, per le seconde case. A Civita quasi tutte le abitazioni lesionate sono delle prime case. “E’ stato distrutto o quasi l’intero patrimonio culturale cittadino: case del ‘700, ‘800, case signorili, uffici pubblici del passato e anche la casa di Gabriele Pepe” elenca il sindaco. La quasi totalità della popolazione ha visto la propria prima casa danneggiata, quindi farà una richiesta di ristoro di 185mila euro, indipendentemente dal danno subito.

Modalità di accesso e di erogazione del contributo

“Lo Stato utilizza il credito d’imposta che hanno alcune banche per dare i soldi ai cittadini” spiega il primo cittadino. In sostanza lo Stato invece di utilizzare direttamente i suoi soldi dice alle banche: voi mi dovete delle tasse, di queste una quota parte anziché darle a me la utilizzate per favorire quei cittadini che risiedono in dei territori che hanno subito degli eventi calamitosi ed emergenze. La banca ovviamente può accettare o meno di aderire. L’istituto bancario che accetta firma una convenzione con la Cassa Depositi e Prestiti, e si mette a disposizione del territorio in stato di bisogno/emergenza. Il cittadino danneggiato, a sua volta, sceglie una delle tante banche convenzionate, si fa consegnare la modulazione necessaria a cui deve allegare il nullaosta del comune recante la stima tecnica ed economica del danno subito e inoltrare la richiesta. Tutto facile e veloce? Non proprio.

Un primo intoppo riguarderebbe proprio le banche. “Alcune persone -evidenzia il sindaco - che hanno iniziato questo iter, riferiscono che non tutte le banche convenzionate agevolano l’accesso/erogazione del contributo. Sembrerebbe che alcune di esse prendano del tempo prima di finanziare l’importo, chiedendo delle garanzie”. Garanzie come se il cittadino dovesse fare accesso a un mutuo: “aprire e portare un conto corrente, pretendere di avere garanzie dai cittadini che non servono perché è un contributo statale e non un prestito bancario - puntualizza il sindaco- . Nei prossimi mesi verificheremo e cercheremo di capire se la convenzione lascia la possibilità di decidere alla banca i tempi e le modalità di erogazione nonostante il deliberato ministeriale”.

A questo si aggiunge un ulteriore ultimo problema. Nella delibera ministeriale vi è una voce che riguarda l’indebito arricchimento, ossia la possibilità che qualche furbo possa prendere il contributo anche se non avesse diritto e, quindi, arricchirsi. Fatto sta che, per scongiurare l’indebito arricchimento, lo Stato ha messo nero su bianco la possibilità che il cittadino fruitore del contributo, a seguito di controlli, anche a distanza di diversi anni, possa restituire la somma di denaro ricevuta qualora risultasse colpevole di qualche furbata . “Di principio è una buona cosa - dice Manuele - ma proviamo a pensare: se il cittadino X ha usufruito del contributo Y per sistemare un garage e a distanza di anni debba restituirlo, sarebbe giusto? Non credo. Da quanto abbiamo capito, solo chi ha la prima casa danneggiata non rischia la restituzione. Tutti gli altri si. Ma anche questo lo verificheremo nei prossime settimane”. I primi nullaosta comunali dovrebbero arrivare a breve e, le domande essere inoltrate entro fine anno con la speranza di ricevere il contributo in pochi mesi.

Lo stato d’animo dei civitesi

La comunità civitese, dal punto di vista economico, ha già qualcosa da recriminare. Il 31 dicembre del 2018 è scaduto lo stato di emergenza. Modalità che ha consentito la sospensione dei tributi comunali per il 2018 e parte del 2017. Dal 1 gennaio del 2019, non essendo stato rinnovato lo status emergenziale, i cittadini sono costretti a pagare anche le imposte comunali relative agli di sospensione in quanto il provvedimento è retroattivo. “Non si paga l’Imu sulla prima casa ma sulla seconda. Si paga parte della Tari con l’aliquota al minimo” specifica Manuele.

“Dopo il danno anche la beffa, ora ci tocca pagare anche l’Imu per case dove non viviamo più!” sbotta un residente. La sua casa è nella zona rossa ed è un crogiuolo di crepe e lesioni. “Siamo arrabbiati e ci sentiamo abbandonati dalle istituzioni: son passati due anni ma della frana che ci ha colpito non ne sappiamo nulla”. E ancora: “ricordo bene quei momenti: quando era in atto la frana qui sentivamo scricchiolare tutto”. Combattuto tra la voglia di restare e quella di andare via. “Non è solo un mio problema ma di tutti i miei concittadini: la voglia di restare e di non abbandonare il paese c’è, ma come possiamo investire qui se non sappiamo nulla di ciò che ci ha colpito? E quando lo sapremo forse sarà troppo tardi”. Una ragazza affacciata alla finestra della propria casa che non ha subito lesioni, ma che rientra nella zona rossa, racconta di lei e della sua famiglia e dei non pochi disagi che affrontano quotidianamente per la strada chiusa perché interdetta. “Abbiamo difficoltà per scaricare la spesa e anche per uscire a piedi dobbiamo chiedere il permesso al comune”. La sua abitazione è una di quelle su cui è montato il fessurimetro per monitorare i possibili movimenti franosi. “Per me Civita è tutto anche se studio a Campobasso, sono nata qui e da qui non me ne andrò”.

Tra festival e futuro

Stati d’animo combattivi che contrassegnano, e si estendono sulla quasi totalità della popolazione civitese che è intenzionata ad investire e a rimanere a Civita. Ma, allo stesso tempo, ha bisogno di risposte per farlo. Il Cvtà Street Festival è una vetrina sul mondo che ha consentito al piccolo borgo molisano di essere conosciuto e visitato anche durante il resto dell’anno: “questo è un elemento positivo perché si passa da un riferimento, meta e tappa storica culturale legata esclusivamente al Castello, ad avere questa nuove veste di centro di arte contemporanea: nuovo target di turismo, molti giovani” dice un soddisfatto Manuele. Piccoli numeri ma sostenibili rispetto al contesto: “a mio avviso ci sono delle possibilità di creare una piccola struttura ricettiva come formula di un B&B piuttosto che anche una piccola locanda all’interno del centro abitato che non dispone di un vero e proprio ristorante, il primo è a 3 chilometri dal paese” chiosa il sindaco. Ma qui si pone il grande interrogativo per tutti i civitesi: guardare al futuro con speranze o costruire un futuro altrove? E’ questa attesa, più della frana, ciò che psicologicamente affligge la popolazione.

Alessandro Corroppoli

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