A Berlino trent’anni fa cadeva il muro, oggi restano le macerie delle contraddizioni

Riflettori sab 09 novembre 2019
Attualità di Sabina Sestu
4min
Una delle foto emblematiche della caduta del Muro di Berlino ©Acistampa
Una delle foto emblematiche della caduta del Muro di Berlino ©Acistampa

TERMOLI. A Berlino trent’anni fa cadeva il muro, oggi restano le macerie delle contraddizioni.

Il muro di Berlino è stato il simbolo della guerra fredda. Una città tagliata in due da un muro alto 3,6 metri. Berlino, fino al 9 novembre 1989, ha rappresentato il baluardo della divisione del mondo in due blocchi ideologici, quello comunista da una parte e quello del liberismo capitalista dall’altro. Un esperimento antropologico di cui, oggi forse più che mai, si sentono ancora gli effetti. Ventotto anni, tanto è durato questo esperimento,che hanno cambiato per sempre non solo il volto della città, ma anche la mentalità delle genti che lo hanno vissuto sulla propria pelle. Rimangono ancora impresse nella coscienza collettiva le immagini di quanti hanno cercato, in quasi tre decenni, di scavalcare quel muro e di recuperare la propria libertà. Tanti sono morti nel tentativo, tanti altri si sono rassegnati a vivere in confini, sia mentali che fisici, che li tenevano divisi da parenti e amici che vivevano a pochi metri di distanza dall’altra parte di quel muro. Confini arbitrari, stabiliti a tavolino dai capi delle due superpotenze di allora, che, come sempre succede, non hanno tenuto conto delle persone che li subivano. Ma d’altronde i confini sono sempre arbitrari, sempre stabiliti dalla fantasia ideologica umana.

Il muro di Berlino è qualcosa di più della storia di una città e di una nazione divisa. È la storia di come i leader mondiali stabilirono le proprie zone di influenza. La storia di quel muro è emblematica sin dal principio. Lungi dall’essere stata il risultato della divisione delle spoglie di guerra tra un esercito vincitore e quello perdente, la Germania post-seconda guerra mondiale è stata l’oggetto, nel vero senso della parola, della risoluzione di una controversia ideologica tra le due grandi potenze vincitrici della più devastante delle guerre contemporanee, conclusasi il 2 settembre del 1945. URSS e Stati Uniti hanno impiegato quasi 16 anni – il muro è stato iniziato nel 1961 - tra tira e molla, scaramucce e dita pronte a spingere il tasto che avrebbe potuto scatenare una guerra nucleare e la fine probabile di tutto il genere umano, (tenendo in questo modo l’intero globo con il fiato sospeso) fino a stabilire che le due superpotenze si trovavano in una situazione di stallo. L’allora presidente americano J.F.Kennedy e il leader supremo sovietico Nikita Chruščëv, erano i primi anni’60, per evitare un’escalation di ostilità tra i due ex alleati, decisero che l’unica soluzione era quella di fissare a tavolino le proprie zone di influenza. Nei decenni successivi sembrò che il mondo non si sarebbe mai sboccato da quella posizione di stallo. Solo grazie alla volontà di grandi leader del blocco sovietico, tra cui il più influente e determinato è stato sicuramente Michail Gorbačëv, venne dato l’avvio al movimento di riforma e di riapertura delle frontiere degli stati soggetti all’influenza sovietica.

Dentro e fuori. Due Germanie e due avversari che si sfidavano sulla scacchiera internazionale, muovendo pedine e cercando la mossa che avrebbe determinato il vincitore. Da una parte gli Stati Uniti, nella cui zona di influenza, la Germania dell’Ovest, vennero fatti prevalere gli interessi capitalistici e la mentalità liberista di stampo americano; nell’altra la guida forte dei sovietici, la Germania dell’Est, dove si instaurò il laboratorio dell’ideologia comunista dell’URSS e della centralità del potere, ben controllata dalla potente Stasi (il servizio segreto della Repubblica Democratica Tedesca). Due modi diversi e contrapposti di gestire il bene collettivo. Quale dei due è risultato il migliore? Difficile dirlo. Difficile trarre delle conclusioni. Se per la gran parte dell’opinione pubblica la caduta del muro di Berlino è stata salutata come una “liberazione” dalla dittatura oppressiva del regime comunista, ciò che è accaduto in questi ultimi 30 anni, dopo la riunificazione delle due Germanie, rimescola ulteriormente le carte del gioco internazionale.

La caduta del muro di Berlino, infatti, non ha per nulla risolto il mistero di quale sia il modo migliore di gestire le società umane. Se così fosse, molte delle contraddizioni che ancora oggi affliggono le nostre società sarebbe già state risolte e superate. Certo, per quanto riguarda la Germania sembra che quell’evento storico abbia dimostrato che è possibile superare le crisi economiche e prosperare. Ma è del tutto vero? La Germania viene oggi considerata la super-potenza europea e il fatto che sia riuscita a prevalere economicamente rispetto a tutti gli altri paesi europei, nonostante il costo della riunificazione e della ricostruzione della Germania dell’Est, la rende speciale agli occhi di gran parte dell’opinione pubblica, perlomeno europea. Ma la Germania non è essa stessa esente da scandali politici ed economici, da grandi ingiustizie sociali e da fermenti di estrema destra. Inoltre, non si è ancora risolto il grande dilemma riguardante il post - capitalismo e il post – comunismo, visto che oggi a guidare i destini del genere umano sono gli interessi finanziari ed economici e guarda caso è proprio uno degli ultimi baluardi dell’ideologia comunista a detenerne in gran parte le redini: la Cina.

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