Da un lodo all'altro, ma il Tar si chiama fuori nella diatriba tra Edison e Stato

Concessioni mar 19 novembre 2019
Attualità di La Redazione
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Piattaforma Edison ©Termolionline.it
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TERMOLI. Ancora trivelle e piattaforme petrolifere alla ribalta a Termoli e sempre per vicende squisitamente amministrative. Stavolta non per la contrapposizione con i Comuni costieri, ma con lo Stato. Edison, proprietaria del campo Rospo Mare, ha contestato, impugnandola al Tar Molise, la comunicazione del 4 febbraio 2016, e relativo ordine di introito n. 1/2016, della Capitaneria del Porto di Termoli concernente la determinazione del canone dovuto per l’anno 2016 per concessione demaniale, nonché dei relativi atti presupposti e preparatori. In giudizio, Edison si è costituita contro Ministero delle Infrastrutture e il Mef.

La ricorrente è titolare di una concessione demaniale marittima per l’occupazione di uno specchio di acqua della superficie di mq 16.935 nel mare Adriatico al largo di Termoli.

Con provvedimento n. 030302/2099 del 4 febbraio 2016 la Capitaneria di Porto di Termoli procedeva alla determinazione del canone per l’anno 2016, richiamando le precedenti note del 13 febbraio 2013, 10 aprile 2013, 29 agosto 2013 e 20 febbraio 2015, determinandolo in euro 369.864,96 sulla base della cosiddetta superficie virtuale. La ricorrente ha impugnato la suddetta nota e le comunicazioni in essa richiamate, ritenendo gli importi non dovuti e, comunque, erronei nella parte in cui viene in essi applicato il suddetto criterio della superficie virtuale rilevando come il canone sarebbe dovuto con esclusivo riferimento alla superficie effettivamente occupata secondo i parametri stabiliti dalla circolare 13 aprile 2012 n. 342.

Secondo parte ricorrente il criterio dello specchio d’acqua virtuale (criterio dei gavitelli) applicato dalla Capitaneria di Porto di Termoli avrebbe validità solo per il caso di concessioni con finalità turistico ricreative e non anche per quelle aventi finalità produttive come nella specie, per le quali invece varrebbe il criterio della superficie effettiva occupata. Peraltro il criterio in questione era quello applicato negli anni precedenti dalla Capitaneria che avrebbe immotivatamente modificato il proprio approccio.

Quand’anche poi si ipotizzasse l’applicazione del criterio dettato per le concessioni turistico ricreative anche al caso della concessione per coltivazione di idrocarburi, come nel caso della ricorrente, occorrerebbe comunque tenere conto che il serbatoio galleggiante che occupa lo specchio d’acqua non può essere assimilato ad un gavitello, avendo una funzione diversa dalla semplice segnalazione, emergendo anche sotto questo aspetto un’ulteriore ragione di illegittimità del criterio adottato dall’Amministrazione. L’erroneità del criterio e l’esorbitante importo delle somme asseritamente dovute non potrebbe poi fondare alcuna decadenza in caso di mancato pagamento del canone nella misura richiesta. Si sono costituite in giudizio le Amministrazioni intimate chiedendo dichiararsi il difetto di giurisdizione dell’adito Tribunale. Alla pubblica udienza del 23 ottobre 2019 la causa è stata trattenuta in decisione. Il ricorso è inammissibile per difetto di giurisdizione essendo devoluta la presente controversia alla giurisdizione del Giudice ordinario.

Come rilevato dal Consiglio di Stato in analoghe fattispecie, infatti, la Capitaneria di Porto, “nella determinazione del canone concessorio in sede di rinnovo della concessione (con conseguente conguaglio per gli anni precedenti) ha fatto applicazione delle prescrizioni contenute nella circolare del Ministero dei trasporti e della navigazione 24 maggio 2001, n. 120, e, segnatamente – a quanto consta dalla prospettazione delle parti – del criterio previsto alla lett. g) del paragrafo “Superficie occupata virtualmente”, riferito ai “Gavitelli singoli” che identifica la superficie occupata come “quella definita dal cerchio avente il raggio pari alla lunghezza fuori tutto dell’unità maggiorata della lunghezza del cavo e/o nella catena utilizzati per l’ormeggio”. In sostanza, come emerge dal contenuto dell’atto impugnato, rispetto ai detti criteri discretivi della giurisdizione, la Capitaneria di Porto ha quantificato le somme dal concessionario sulla base dei presupposti fattuali previsti dalla normativa in materia; non v’è, infatti, in essi ponderazione di diversi interessi inveratasi in una attività di tipo normativo, poiché, invece, detta attività è presente nelle circolari delle quali la Capitaneria ha fatto applicazione, e che, come evidenziato dalle amministrazioni appellanti, non sono state oggetto di impugnazione con il ricorso proposto in primo grado.

A fronte di ciò, difettando ogni apprezzamento discrezionale, va ravvisato un diritto soggettivo e la giurisdizione è del giudice ordinario” (cfr. Cons. Stato, sez. V, 21 febbraio 2019, n. 3154). In conclusione, il ricorso va dichiarato inammissibile per difetto di giurisdizione. La natura della decisione giustifica la compensazione, tra le parti, delle spese di lite.

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