“Sotto padrone: uomini, donne e caporali nell’agromafia italiana”

Città invisibile dom 19 gennaio 2020
Attualità di Francesca D'Anversa
3min
“Sotto padrone. Uomini, donne e caporali nell’agromafia italiana”. ©Termolionline.it
“Sotto padrone. Uomini, donne e caporali nell’agromafia italiana”. ©Termolionline.it

TERMOLI. Tantissima gente ieri sera, alla Città invisibile di Termoli, per ascoltare Marco Omizzolo, autore del libro “Sotto padrone. Uomini, donne e caporali nell’agromafia italiana”.

Omizzolo, sociologo originario di Sabaudia, ha ricevuto l’onorificenza di Cavaliere della Repubblica, minacciato di morte più volte e dopo aver subito vari attentati, nel suo libro racconta una storia triste del nostro paese come dice lui stesso “il caporalato è un tema trasversale riguarda tutti anche noi consumatori”.

“L’agromafia è un fenomeno criminale che non riguarda solo il Sud Italia o solo gli immigrati, ma riguarda anche italiani e regioni del Centro e del Nord”.

Omizzolo ci parla di storie di sfruttamento, violenza fisica ogni vota che un bracciante si ribella. Di ricatti continui a cui sono sottoposti.

Tutto è cominciato per caso quando vedeva passare sotto la sua finestra tanti ragazzi indiani che andavano la mattina verso le campagne spesso in bici e ritornavano la sera tardi.

“Non li vedevo con gli occhi dell’indifferenza, ma volevo sapere chi fossero e così ho deciso di incontrarli” racconta Omizzolo. Qualcuno tra il pubblico parla di invisibili ma lui ci tiene a chiarire che “sono invisibili se non li si vuole vedere”.

“Ho scoperto che nella provincia di Latina c’era una comunità di circa 30mila persone presenti fin dagli anni ‘80 tutte appartenenti alla comunità di indiani sikh impiegati nella campagne agro-pontine. Queste persone erano considerate evanescenti”.

Per fare la sua tesi di dottorato decide anche spinto dalla sua curiosità a voler capire e approfondire cosa facessero queste persone, che a Sabaudia vivevano in un residence Bella Farnia, “Ho cominciato a stabilire un rapporto con loro, frequentandoli per conquistare la loro fiducia”.

In fase di stesura della tesi bisogna decidere quale linea di ricerca adottare e lui decide di calarsi totalmente in quella realtà: “ho cominciato a vivere con loro, per tre mesi ho fatto il bracciante agricolo, chi lavorava con me sapeva chi fossi anche il caporale indiano”.

Durante la convivenza ormai aveva stabilito un rapporto di confidenza e qualcuno cominciò a parlargli dei traffici umani.

“Sono andato in Punjab in India con uno dei trafficanti per indagare su quali fossero le modalità del sistema di tratta degli esseri umani a scopo di sfruttamento lavorativo”.

Da lì inizia un opera di coscientizzazione: “Insieme alla cooperativa In Migrazione abbiamo tradotto insieme a loro i contratti di lavoro, abbiamo tenuto lezioni di diritto costituzionale. Gli abbiamo fatto capire che non dovevano pagare 50 euro al medico del pronto soccorso, che non dovevano pagare 800 euro per il rinnovo della carta d’identità (il caporale era d’accordo con un impiegato dell’ufficio anagrafe).

Hanno imparato a leggere la busta paga, abbiamo spiegato loro che non era normale che quando si ferivano sul lavoro il caporale li lasciasse a 300 metri dal pronto soccorso e non dovevano raccontare la verità di come si fossero fatti male”.

Questa presa di coscienza, porta nell’aprile 2016 al primo grande sciopero organizzato da Flai Cgil e In Migrazione più di quattromila lavoratori sikh, pagati 3,50 l’ora, che scendono in piazza a Latina per rivendicare i loro diritti.

“Da quel momento sono state raccolte più di 159 denunce. Sono iniziati i processi e noi ci siamo costituiti come parte civile”.

“Il caporalato - aggiunge Omizzolo - è solo una dimensione di un sistema, sulla schiena di quelle persone hanno costruito carriere politici e imprenditori.

Queste iniziative come quelle di questa sera sono importanti perché si costruisce una rete, io sono qui per condividere”.

Sembra assurdo oggi giorno parlare ancora di schiavitù, quando si pronuncia la parola schiavi la nostra mente compie un viaggio indietro nella storia pensando agli schiavi dell’Alabama della guerra di secessione americana: purtroppo anche grazie al lavoro di persone come Omizzolo e tanti altri siamo a conoscenza che la schiavitù è ancora presente e non lontano da noi.

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