I giudici del Tar Molise bocciano il ricorso di Toma contro la nomina del commissario Giustini

Carte bollate sab 28 marzo 2020
Attualità di La Redazione
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Il Tar Molise ©web
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CAMPOBASSO. La giustizia amministrativa non arretra nemmeno in epoca di coronavirus. E' stata pubblicata oggi la sentenza con cui il Tar Molise ha bocciato il ricorso della Regione contro la nomina della struttura commissariale, formata da Angelo Giustini e Ida Grossi.

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 31 del 2019, proposto da

Regione Molise, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Massimo Luciani, Alberta De Lisio, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso la sede del Servizio Avvocatura regionale in Campobasso, via Genova, n. 11;

contro

Presidenza del Consiglio dei Ministri, Ministero della Salute, Ministero dell'Economia e delle Finanze, Commissario ad acta Piano di rientro dai Disavanzi del Servizio Sanitario Regione Molise, Sub Commissario per l'attuazione del Piano di rientro dai Disavanzi del Settore Sanitario, in persona del rispettivo legale rappresentante pro tempore, rappresentati e difesi ex lege dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato, presso i cui Uffici domiciliano in Campobasso, alla via Garibaldi n. 124;

nei confronti

Angelo Giustini, rappresentato e difeso dall'avvocato Giuseppe Ruta, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

Ida Grossi, non costituita in giudizio;

e con l'intervento di ad opponendum:

Forum per la Difesa della sanità pubblica di qualità del Molise, rappresentato e difeso dall'avvocato Massimo Romano, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

Comitato Pro Cardarelli, rappresentato e difeso dagli avvocati Mariano Morgese, Massimo Romano, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

per l'annullamento

Per quanto riguarda il ricorso introduttivo:

-della Delibera del Consiglio dei Ministri del 7 dicembre 2018, recante la nomina del Dott. Angelo Giustini a Commissario ad acta e della Dott.ssa Ida Grossi a sub-Commissario per l'attuazione del piano di rientro dai disavanzi del servizio sanitario della Regione Molise;

- del verbale di insediamento del Commissario ad acta Dott. Angelo Giustini del 27 dicembre 2018;

- del verbale di insediamento del sub-Commissario ad acta Dott.ssa Ida Grossi del 27 dicembre 2018;

- del decreto del Commissario ad acta 31 gennaio 2019, n. 1, avente a oggetto “Piano Nazionale della Cronicità di cui all'art. 5, comma 21 dell'Intesa n. 82/CSR del 10 luglio 2014 concernente il nuovo Patto per la Salute per gli anni 2014-2016. Recepimento Accordo Rep. atti 160/CSR del 15 settembre 2016. Recepimento”;

- di ogni altro atto presupposto, consequenziale o comunque connesso, anche, allo stato, non conosciuto dalla ricorrente.

Per quanto riguarda il ricorso incidentale

Per l’annullamento, previa sospensione dell’efficacia,

-della delibera della Giunta Regionale del Molise n.12 del 24 gennaio 2019, e di tutte le altre delibere presupposte e connesse, incluso le delibere di G.R.n.10 del 24.1.2019 e di G.R.n.11 del 24.1.2019, aventi ad oggetto il conferimento di incarico agli avv.ti Prof. Luciani del foro di Roma ed all'avv. Alberta Di Liso del Foro di Campobasso per proporre ricorso avverso la Delibera del Consiglio dei Ministri del 7 dicembre 2018 di nomina del dott. Giustini a Commissario ad acta e della dott.ssa Ida Grossi a sub-commissario per l'attuazione del piano di rientro dai disavanzi sanitari della Regione Molise, concernente il conflitto di attribuzioni e la dichiarazione di illegittimità costituzionale dell'art.25 septies del D.L.n.119/2018, convertito, con modificazioni, nella L.n.136/2018 e di tutti gli altri atti presupposti conseguenti e connessi

nonché per la declaratoria di nullità e invalidità derivata del mandato così come conferito ai suddetti professionisti in assenza di previo atto deliberativo di conferimento e/o sulla base di atti illegittimi oggetto di annullamento.

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio della Presidenza del Consiglio dei Ministri, Ministero della Salute, Ministero dell'Economia e delle Finanze, Commissario ad acta Piano di Rientro dai Disavanzi del Servizio Sanitario Regione Molise e di Sub Commissario per l'attuazione del Piano di Rientro dai Disavanzi del Settore Sanitario;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 12 febbraio 2020 la dott.ssa Rita Luce e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

Con Delibera del 7 dicembre 2018 il Consiglio dei Ministri ha proceduto alla nomina del dott. Angelo Giustini e della dott.ssa Ida Grossi rispettivamente quale Commissario ad acta e Subcommissario per l’attuazione del piano di rientro dai disavanzi sanitari della Regione Molise.

La Regione Molise ha impugnato la suddetta delibera e ne ha chiesto l’annullamento, instando per la sostituzione del Dott. Giustini con il dottor Toma, Presidente della Regione Molise in carica.

A tal fine, dopo aver illustrato la complessa evoluzione normativa in materia, la Regione ha dedotto l’illegittimità della delibera per violazione di legge, assumendo che la nomina del Presidente della Regione a Commissario ad acta sarebbe un atto dovuto e vincolato, per difetto di motivazione, in quanto non sarebbero state esplicitate le ragioni sottese alla nomina gravata, e per difetto di contraddittorio con l’ente regionale che avrebbe dovuto essere pienamente coinvolto nel procedimento.

Preme evidenziare, sin d’ora, che le questioni oggi all’esame di questo Tribunale sono state scrutinate anche dalla Corte costituzionale innanzi alla quale la Regione Molise ha, da un lato, sollevato conflitto di attribuzione proprio con riferimento alla Delibera 7 dicembre 2018 e, dall’altro, contestato la legittimità l’art. 25-septies del d.l. n. 119 del 2018, rubricato “Disposizioni in materia di commissariamenti delle regioni in piano di rientro dal disavanzo del settore sanitario” che aveva previsto, tra l’altro, anche per le Regioni commissariate ai sensi dell’art. 4, comma 2, del d. l. n. 159 del 2007 il principio dell’incompatibilità fra la nomina a commissario ad acta e l’affidamento o la prosecuzione di qualsiasi incarico istituzionale presso la Regione;

In merito, i due ricorsi sono stati decisi dal Giudice delle leggi, rispettivamente, con sentenza n. 247 del 2019, che ha accolto il ricorso proposto in via principale e con sentenza n. 255 del 2019 che ha rigettato il ricorso per conflitto di attribuzione.

Venendo, quindi, all’esame del presente gravame, con il primo e articolato motivo di ricorso la Regione deduce la “Violazione e falsa applicazione dell’art. 1, comma 395, della legge 11 dicembre 2016, n. 232, e dell’art. 2, comma 84-bis, della l. 23 dicembre 14 2009, n. 191, nel testo vigente ratione temporis. Eccesso di potere per illogicità, irragionevolezza, contraddittorietà. Difetto di motivazione e di istruttoria.”

Dato per presupposto che la Regione Molise è stata commissariata ai sensi dell’art. 4, comma 2, del d.l. n. 159 del 2007, ad essa non si applicherebbe né il principio dell’incompatibilità tra incarico commissariale e incarico istituzionale presso la Regione, introdotto proprio dall’art. 1, comma 569 della legge n. 190/2014, né la regola secondo cui “il commissario deve possedere un curriculum che evidenzi qualificate e comprovate professionalità ed esperienza di gestione sanitaria anche in base ai risultati in precedenza conseguiti”, pure ivi prevista. Non spiegherebbero effetto, altresì, nei confronti della ricorrente, le modifiche apportate ai commi 79, 84 e 84-bis, dell’art. 2 della l. n. 19/2009 dal comma 569 citato.

Inoltre, l’art. 2, comma 84-bis, della legge n. 191 del 2009 consentirebbe la nomina a Commissario di un soggetto diverso dal Presidente della Regione esclusivamente nell’ipotesi di dimissioni o impedimento di quest’ultimo e, in ogni caso, solo fino all’insediamento del nuovo Presidente o alla cessazione della causa del suo impedimento, fattispecie chiaramente non rinvenibili nel caso qui in esame ove, infatti, si è proceduto alla nomina del nuovo Commissario semplicemente per cessazione del mandato per scadenza dei termini.

Il provvedimento impugnato sarebbe anche illegittimo per difetto di motivazione e contraddittorietà in quanto, pur avendo richiamato la complessa normativa in materia, non avrebbe chiarito le ragioni della nomina a Commissario ad Acta di un soggetto diverso dal Presidente della Regione Molise.

Con il secondo motivo di ricorso la ricorrente deduce la “Violazione e falsa applicazione degli artt. 1, comma 395, della legge 11 dicembre 2016, n. 232, e 2, comma 84, della legge 23 dicembre 2009, n. 191. Difetto di motivazione e di istruttoria. Eccesso di potere per manifesta illogicità”. Quand’anche la Delibera impugnata costituisse esercizio dei poteri riconosciuti dal predetto art. 2, comma 84, della l. n. 191 del 2009, essa sarebbe comunque illogica e adottata in patente carenza dei presupposti previsti dalla legge, oltre che in assenza di istruttoria e di motivazione.

La delibera, poi, sarebbe stata adottata senza la prescritta partecipazione della Regione ricorrente e senza averne acquisito il necessario parere.

Con il terzo motivo la ricorrente deduce ”Eccesso di potere per sviamento. Difetto di istruttoria e di motivazione. Violazione e falsa applicazione degli artt. 3, 97, 81 e 120, 24 della Costituzione”, rilevando che la nomina del Dott. Giustini in luogo del Dott. Toma non conseguirebbe ad una ponderazione comparativa dei vari interessi in gioco e risulterebbe contraddittoria rispetto alle finalità del piano di rientro dal deficit della sanità adottato nella Regione Molise.

Con ricorso incidentale il Dott. Angelo Giustini ha, a sua volta, impugnato la delibera della Giunta Regionale del Molise n.12 del 24 gennaio 2019, unitamente a tutte le altre delibere presupposte e connesse, incluse le delibere di G.R.n.10 del 24.1.2019 e di G.R.n.11 del 24.1.2019, aventi ad oggetto il conferimento di incarico professionale agli avv. Prof. Massimo Luciani e all'avv. Alberta De Lisio per la proposizione del presente gravame e dei giudizi innanzi alla Corte Costituzionale per conflitto di attribuzioni e dichiarazione di illegittimità costituzionale dell'art.25 septies del D.L.n.119/2018, convertito, con modificazioni, nella L.n.136/2018, chiedendo dichiararsi la nullità e/o illegittimità derivata del mandato così conferito con conseguente inammissibilità del gravame principale.

Si costituivano in giudizio la Presidenza del Consiglio dei Ministri, il Ministero della Salute, Ministero dell'Economia e delle Finanze, il Commissario Ad Acta Piano di Rientro dai Disavanzi del Servizio Sanitario Regione Molise e di Sub Commissario per L'Attuazione del Piano di Rientro dai Disavanzi del Settore Sanitario chiedendo il rigetto del ricorso.

Rilevavano, in via preliminare, l’inammissibilità del ricorso in primo luogo per omessa evocazione in giudizio del Consiglio dei Ministri, quale organo cui imputare la delibera impugnata ed in secondo luogo per il fatto che la Regione ricorrente avrebbe inteso proporre motivi di censura diretti, nella sostanza, alla salvaguardia delle proprie prerogative costituzionali e, in quanto tali, non conoscibili da questo Giudice. La Regione, poi, vanterebbe un interesse solo mediato ed indiretto alla impugnazione dell’atto in quanto fondamentalmente indifferente alle vicende inerenti le designazioni individuali del Commissari ad acta ed interessata, semmai, solo alla piena funzionalità dell’organo straordinario.

Il ricorso sarebbe inammissibile anche nella parte in cui – presupponendo una non provata inscindibilità tra le parti decisionali di cui consta il provvedimento impugnato – mira a travolgere pure la nomina del sub Commissario, oltretutto con argomenti che non inficiano affatto quest’ultimo atto; così, pure, sarebbe inammissibile per difetto di interesse l’impugnativa del decreto commissariale n. 1/2019, peraltro non oggetto di specifiche e apposite censure e consolidatosi nei suoi effetti alla luce di principi sul c.d funzionario di fatto. E, comunque, sulle questioni poste all’esame di questo Tribunale, sarebbe già pendente il ricorso per conflitto di attribuzione proposto dalla stessa ricorrente innanzi alla Corte Costituzionale.

Le Amministrazioni eccepivano, ancora, l’incompetenza di questo Tribunale ai sensi dell’art 13 comma 3 c.p.a, venendo in esame un atto emanato da un’Autorità centrale ed avente comunque riflessi su tutta la finanza pubblica nazionale.

Nel merito, deducevano l’infondatezza di tutti i motivi di ricorso e rilevavano come l’atto impugnato costituiva espressione di alta discrezionalità, non gravata da particolari oneri motivazionali e non altrimenti sindacabile in sede giurisdizionale. Ad ogni modo, il commissariamento in corso verrebbe travolto per effetto della recente prescrizione di incompatibilità tra incarico commissariale e carica di vertice dell’Amministrazione regionale introdotta dall’art. 26 septies del D.L. n. 119/2018; anche per tale ulteriore motivo, la ricorrente non avrebbe più interesse alla decisione della causa.

Con ulteriore memoria, la Regione depositava copia della sentenza della Corte Costituzionale n. 255 del 5 dicembre 2019.

Intervenivano in giudizio il Comitato pro Cardarelli ed il Forum per la Difesa della Sanità Pubblica di Qualità del Molise per chiedere il rigetto del ricorso, eccependone l’inammissibilità e l’infondatezza.

La Regione ricorrente depositava ulteriori memorie difensive nelle quali replicava alle difese avversarie e chiedeva il rigetto del ricorso incidentale, insistendo per l’accoglimento del ricorso principale. Anche il dott. Giustini insisteva per l’accoglimento del ricorso incidentale.

All’udienza pubblica del 12 febbraio 2020 la causa è stata trattenuta in decisione.

Con riferimento alle eccezioni sollevate in via preliminare dalle Amministrazioni resistenti, si rileva quanto segue.

In tema di competenza territoriale del giudice amministrativo, è noto, in primo luogo, che il criterio della sede dell’autorità che ha emanato l’atto impugnato non opera là dove gli effetti diretti del potere siano individuabili in un ambito diverso e, in tal caso, deve essere sostituito da quello inerente gli effetti “diretti” dell’atto, qualora essi si esplichino in ambito territoriale ben definito, compreso in un diversa circoscrizione territoriale di Tribunale amministrativo regionale (Consiglio di Stato, Adunanza Plenaria, 24 settembre 2012, n. 33).

Sul punto, anche questo Tribunale ha già avuto modo di rilevare come “il rapporto tra i due criteri previsti dall'art. 13, comma 1, c.p.a., segue la logica della complementarietà e della reciproca integrazione, nel senso che il criterio principale è quello della sede dell'Autorità che ha adottato l'atto impugnato ma, nel caso in cui la potestà pubblicistica spieghi i propri effetti diretti esclusivamente nell'ambito territoriale di un Tribunale periferico, il criterio della sede cede il passo a quello dell'efficacia spaziale” (T.A.R Molise, 15 novembre 2018, n. 133). Ne consegue la spettanza della competenza al Tribunale nella cui circoscrizione gli effetti dell’atto si producono anche nell'ipotesi in cui l'atto sia stato adottato da un organo centrale dell'Amministrazione statale. Ciò detto, l’eccezione di incompetenza territoriale sollevata dalle Amministrazioni intimate è infondata considerato che l’atto impugnato, anche se posto in essere dal Consiglio dei Ministri, appare evidentemente destinato a produrre i suoi effetti diretti esclusivamente nell’ambito della Regione Molise

Quanto alla ulteriore eccezione di inammissibilità del ricorso per omessa evocazione in giudizio del Consiglio dei Ministri, poi, il Collegio ritiene che la Regione abbia correttamente notificato l’atto introduttivo sia al Presidente del Consiglio dei Ministri, quale organo esponenziale del Consiglio dei Ministri, sia ai Ministri della Salute e dell’Economia e Finanze che hanno controfirmato la determina impugnata cosicché tutti i soggetti da cui l’atto promana risultano correttamente evocati in giudizio. In tal senso, non si ritiene decisiva la circostanza evidenziata dalla Difesa Erariale secondo cui il Consiglio dei Ministri costituisce un organo distinto dal suo Presidente in quanto, se ciò è vero stante l’autonomia costituzionale dei due soggetti, è pure vero che la legittimazione processuale del Consiglio dei Ministri è sempre affidata al suo Presidente- che ne costituisce l’organo esponenziale- ed è, per l’appunto, il Presidente del Consiglio che, nel caso in esame, è stato evocato in giudizio.

Priva di pregio, ancora, è l’ulteriore eccezione secondo cui il ricorso sarebbe inammissibile perché proposto avverso un atto afferente al “merito” dell’azione amministrativa, espressione di alta discrezionalità ed a fronte del quale la Regione porrebbe, sostanzialmente, in questione la lesione delle proprie prerogative costituzionali, come tali non tutelabili innanzi a questo Tribunale.

Come è noto, infatti, la natura ampiamente discrezionale degli atti di c.d. “alta amministrazione” non esime l’Autorità amministrativa dal rispetto delle regole di legittimità formale e procedimentale che presiedono alla formazione dell’atto né esclude, in questi termini, il sindacato giurisdizionale del Giudice amministrativo. Soccorre, al riguardo, il ben noto orientamento giurisprudenziale secondo cui, pur se la deliberazione per il conferimento delle più alte cariche amministrative ha natura giuridica d’atto d’alta amministrazione, non per ciò solo essa è sottratta al sindacato giurisdizionale di legittimità e, più in generale, alla garanzia di tutela prevista nei confronti di tutti gli atti della P.A. ai sensi degli art. 24 e 113 Cost. (cfr. Cons. St., IV, 10 luglio 2007 n. 3893). Ciò in quanto anche una scelta altamente fiduciaria ed effettuata intuitu personae non può tradursi in una nomina arbitraria, immotivata, peggio, insindacabile (T.A.R. Lazio, sez. II, 7.11.2007, n. 13361).

Con riferimento al dedotto difetto di interesse ad impugnare la determina qui in esame, in quanto implicante scelte sostanzialmente di merito, poi, è sufficiente richiamare, in contrario, il consolidato orientamento giurisprudenziale per il quale “la natura ampliamente discrezionale di un giudizio può sempre esser sindacata dal giudice sul piano della sufficienza, della logica e della sostanziale congruità e razionalità, in quanto non possono ritenersi sussistenti zone assolutamente franche dal sindacato giurisdizionale sull'esercizio di detto potere discrezionale, seppure circoscritto all'accertamento estrinseco della legittimità, cioè al riscontro dell'esistenza dei presupposti e dell'esistenza e della congruità del nesso logico di consequenzialità fra presupposti e conclusione” (cfr. T.A.R. Lazio, sez. I, 5 marzo 2012 n. 2223).

Ed infine, come opportunamente rilevato dalla ricorrente, il fatto che un provvedimento amministrativo sia oggetto di un conflitto di attribuzione innanzi alla Corte Costituzionale non esclude che lo stesso possa essere impugnato innanzi al Giudice amministrativo per i distinti profili di illegittimità che ne vengono dedotti (Cons. Stato, sez. VI, 13 giugno 2012, n. 3487). Nulla impediva, quindi, alla ricorrente di sollevare la questione di conflitto di attribuzione innanzi al Giudice delle leggi, lamentando ivi la lesione delle propri prerogative costituzionali ed impugnare contestualmente la delibera di nomina innanzi a questo Tribunale per distinti profili afferenti la sua legittimità.

Da ultimo, la disciplina sopravvenuta con l’art. 26 septies del D.L. n. 119/2018 non ha fatto venire meno l’interesse della ricorrente alla decisione della causa in quanto è stata dichiarata la sua illegittimità costituzionale con sentenza della Corte Costituzionale n. 247/2019.

Tutto ciò premesso, respinte le eccezioni preliminari poste dalle resistenti e passando al merito del ricorso, si rileva quanto segue.

Con il primo e articolato motivo di ricorso la ricorrente assume che, al momento della adozione della Delibera impugnata, sussistesse l’obbligo, per il Consiglio dei Ministri, di nominare quale Commissario ad acta il Dott. Toma, ricoprendo quest’ultimo la carica di Presidente delle Regione; il principio della incompatibilità tra i due incarichi, previsto dall’art. 1 co. 569 della legge n. 190/2014, non opererebbe, infatti, per la Regione Molise in quanto Regione commissariata ai sensi dell’art. 4 comma 2 del decreto legge 1 ottobre 2007 n. 159, convertito dalla legge 29 novembre 2007 n. 222. L’art. 1 comma 395 della legge n. 232/2016, infatti, per le Regioni commissariate ai sensi della citata disposizione normativa, avrebbe previsto una particolare disciplina derogatoria, escludendo l’operatività di tutte le disposizioni contenute nel comma 569 dell’art. 1 della legge 23 dicembre 2014 n. 190.

La ricorrente aggiunge che non troverebbe applicazione, al caso in esame, nemmeno il principio di incompatibilità tra le due cariche previsto dall’art 25 septies del d.l. 23 ottobre 2019 in quanto entrato in vigore soltanto in sede di conversione, con l’art. 1 comma1, della legge 17 dicembre 2018, n. 136, successivamente alla adozione della delibera impugnata.

Ed inoltre, la delibera impugnata sarebbe illegittima anche a voler applicare l’art. 2, comma 84-bis, della legge n. 191 del 2009 che consente la nomina a Commissario di un soggetto diverso dal Presidente della Regione solo in ipotesi eccezionali mentre, nel caso qui in esame, si è proceduto alla nomina del nuovo Commissario semplicemente per naturale scadenza del precedente mandato.

In conclusione, dalla applicazione della disciplina vigente al momento dell’adozione della delibera impugnata, discenderebbe per il Consiglio dei Ministri, l’obbligo di nominare quale Commissario ad acta il Dott. Donato Toma nella sua qualità di Presidente della Regione.

La Difesa Erariale, al contrario, ha concluso le proprie articolate argomentazioni difensive sull’assunto della vigenza del divieto di nomina del Presidente della Regione quale Commissario ad acta: alla Regione Molise dovrebbe, infatti, applicarsi il principio della incompatibilità tra i due incarichi sancito dall’art.1 comma 569 della legge n. 190/2014. La Difesa Erariale giunge a siffatta conclusione rilevando come la Regione Molise non rientrerebbe tra le Regioni commissariate ai sensi dell’art. 4 comma 2 del decreto legge 1ottobre 2007 n. 59 ma avrebbe subito un diverso tipo di commissariamento, ovvero un commissariamento di tipo “forte”, essendo esso transitato nella sfera di applicazione dell’art. 2 della legge n. 191/2009 e, come tale, sottratto alla previsione derogatoria contenuta nell’art. 1 comma 395 della legge n. 232/16.

Ciò detto, il motivo di ricorso è infondato alla luce delle conclusioni raggiunte dalla Corte Costituzionale con la sentenza n. 255/19 dalle quali il Collegio non può che prendere le mosse. Ed invero, ripercorrendo la ricostruzione normativa operata dal Giudice delle leggi, occorre prendere in considerazione innanzitutto l’art. 4 del d.l. n. 159/2007 con il quale si è previsto che il Consiglio dei Ministri nomina un Commissario ad acta nelle ipotesi di inadempimento da parte delle Regioni degli obblighi assunti in sede di sottoscrizione del piano di rientro sanitario, per poi rilevare come, soltanto dal periodo dal 2009 al 2012, compare nell’ordinamento il principio della automaticità della nomina del presidente della Regione a Commissario ad acta e ciò per effetto della legge n. 191 del 2009 che poteva ritenersi applicabile anche alle Regioni commissariate ai sensi della disciplina del 2007. Occorre evidenziare, poi, che il quadro normativo muta radicalmente con la legge 23 dicembre 2014 n. 190, recante “Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato”, ove si prevede, all’art. 1 comma 569, l’incompatibilità tra incarichi istituzionali regionali e la nomina a Commissario ad acta e si estende tale incompatibilità anche ai commissariamenti eseguiti ai sensi del d.l n. 159/2007. Viene, altresì, abrogato il riferimento al “Presidente della Regione” contenuto nei commi 79, 83 e 84 dell’art. 2 della legge n. 191/2009 e modificato il comma 84 bis dell’art. 2 citato, stabilendosi che in caso di impedimento del Presidente della Regione il Consiglio dei Ministri nomina “un Commissario ad acta …fino alla cessazione della causa di impedimento”.

Infine, con legge 11 dicembre 2016 n. 232, all’art.1 comma 395, viene escluso il regime di incompatibilità previsto dall’art. 1 comma 569 della legge n. 190/14 per le Regioni commissariate ai sensi dell’art. 4 comma 2 del decreto legge n. 159/07, convertito in legge n. 222/07.

Ciò premesso, nel respingere il ricorso per conflitto di attribuzioni sollevato dalla Regione Molise e non condividendo la tesi secondo cui l’originario commissariamento subito dalla Regione Molise avesse subito, per così dire, una novazione e fosse transitato nell’ambito del più rigido sistema di commissariamento delineato dalla legge n. 191/2009, la Corte Costituzionale ha rilevato come, al momento della adozione della delibera qui gravata, non operasse, per la Regione ricorrente, commissariata ai sensi dell’art. 4 comma 2 del d.l. n. 159/2007, il principio della incompatibilità introdotta dalla legge n. 190/2014. Ed infatti, per le Regioni all’epoca già commissariate, la legge n. 191/09 ha posto interamente nel nulla la precedente disciplina - che, anzi, continua ad essere espressamente richiamata dall’art. 1 comma 395 delle legge n. 232/16 – senza, tuttavia, determinare alcune reviviscenza della regola della nomina automatica a Commissario del Presidente della Regione; il tutto “posto che il ripristino di nome abrogate è un fatto eccezionale, ammesso solo se disposto dal legislatore in modo espresso”. “Su tali basi, deve concludersi che l’art. 1 comma 395 della legge n. 232 del 2016, stabilendo che le disposizioni di cui al comma 569 dell’art. 1 della legge n. 190/2014 non si applicano alle Regioni commissariate ai sensi dell’art. 4 comma 2 del d.l. n. 159/07, nel superare la regola della incompatibilità, introdotta dalla legge n. 190 del 2014, non ha determinato (e non avrebbe potuto determinare) il ripristino delle norme abrogate da quest’ultima. In conclusione, il Consiglio dei Ministri poteva discrezionalmente nominare quale Commissario ad acta tanto il Presidente della Regione quanto un altro soggetto” (cfr Corte Costituzionale sentenza n. 255/19).

In conclusione, la Corte Costituzionale ha ritenuto che il Consiglio dei Ministri poteva nominare discrezionalmente quale Commissario ad acta sia il Presidente della Regione sia un altro candidato purché in possesso delle necessarie competenze e professionalità.

Ciò detto, l’esame del Collegio deve allora spostarsi sulle ulteriori censure mosse dalla ricorrente alla determina gravata che, a suo dire, da un lato, non sarebbe congruamente motivata e, dall’altro, sarebbe stata adottata senza la necessaria partecipazione della Regione.

Sostiene, infatti, la ricorrente che la nomina del Dott. Giustini non sarebbe stata preceduta dalla necessaria ponderazione comparativa dei vari interessi in gioco, nell’ottica del miglior perseguimento dell’interesse pubblico ad una gestione del sistema sanitario; la delibera, infatti, non avrebbe dato conto delle ragioni che suggerivano di non nominare Commissario il Presidente pro tempore della Regione, che pure era stato eletto solo pochi mesi prima e che, dunque, non aveva mai svolto le funzioni di Commissario ad acta prima d’allora; delle ragioni che rendevano, invece, preferibile nominare un soggetto esterno; dell’esistenza di un nesso tra lo stato di avanzamento del piano di rientro dal deficit sanitario nello specifico caso della Regione Molise, ormai nella fase conclusiva del commissariamento, e la scelta di affidare la struttura commissariale a un soggetto che della sanità molisana, prima d’allora, non si era mai occupato.

Il motivo è infondato.

Come già rilevato, la natura ampiamente discrezionale che caratterizza la categoria degli atti di c.d. “alta amministrazione”, all’interno dei quali sussumere il provvedimento qui impugnato, fa sì che il sindacato del Giudice amministrativo debba limitarsi al rispetto delle regole procedimentali che presiedono alla loro formazione ed alla sussistenza di una adeguata motivazione che dia conto delle ragioni e dei presupposti assunti a giustificazione dell’atto, senza alcuna possibilità di entrare nel merito della scelta operata dalla Amministrazione. Proprio in materia di conferimento di incarichi altamente fiduciari, poi, si è ritenuto, che, ai fini di una congrua motivazione, non trova applicazione alcun onere di valutazione comparativa tra gli eventuali candidati essendo piuttosto necessario che i soggetti prescelti “siano effettivamente professionalmente qualificati con riferimento al grado ed alle funzioni dell’ufficio da ricoprire; dall’altro, occorre che, dagli atti del procedimento, emergano i criteri seguiti e le ragioni giustificatrici poste a base dell’atto, così da consentirne la puntuale verifica in sede giurisdizionale” (Cons. St. sez. IV,1 marzo 2005, n. 810).

Sulla base di tali premesse, il motivo di ricorso concernente il dedotto deficit motivazionale dell’atto impugnato non merita accoglimento in quanto la delibera qui in esame, dopo aver dato conto dei presupposti normativi legittimanti la sua adozione e dell’avvenuto esame dei curricula dei candidati nominati, null’altro doveva motivare circa la loro designazione e preferenza rispetto agli altri candidati.

Anche l’ulteriore motivo di ricorso con il quale la ricorrente si duole della violazione dell’art. 2 comma 84 della legge n. 191/09 risulta infondato; sostiene la Regione, infatti, che nel caso in esame il suo parere sarebbe stato del tutto pretermesso né poteva ritenersi acquisito in forza della mera partecipazione del Presidente della Giunta Regionale alla seduta del Consiglio dei Ministri che aveva proceduto alla adozione della delibera gravata.

Come già rilevato dalla corte Costituzionale con sentenza n. 255/19, tuttavia, l’obbligo della acquisizione del preventivo parere della Regione non è previsto né dall’art. 2, comma 84, della legge n. 191/09 né dalla più generale disciplina sul potere sostitutivo contenuta nell’art. 8 della legge n. 131/2003 la quale, infatti, prevede soltanto che la Regione “sia sentita”. Nella specie, la Regione è stata sentita mediante la partecipazione del suo rappresentante alla seduta del Consiglio dei Ministri da cui è scaturita la delibera impugnata (circostanza, peraltro, non contestata dalla ricorrente).

Occorre, infine, passare all’esame del ricorso incidentale con il quale il Dott. Giustini chiede l’annullamento della delibera G.R. n. 12 /2019, e di tutte le delibere presupposte e connesse, ivi compresa la delibera G.R. n. 10/19 e n. 11/19, aventi ad oggetto il conferimento di incarico agli avv.ti Prof. Massimo Luciani e Alberta De Lisio per violazione dell’art. 3 e 6 bis della legge n. 241/90 ed eccesso di potere. Deduce, in sostanza, il ricorrente incidentale che alla adozione di tali delibere aveva preso parte, nella qualità di assessore e di vice Presidente della Giunta, l’ing. Cotugno, legato alla famiglia Patriciello, a sua volta titolare di rilevanti interessi coinvolti dalla gestione della sanità molisana.

Il motivo è del tutto infondato in quanto basato sulla mera asserzione di una situazione di conflitto di interessi in cui si sarebbe venuto a trovare l’ing. Cotugno, asserzione che, tuttavia, rimane meramente astratta e del tutto sfornita di prova.

In definitiva, per le ragioni sin qui esposte, il ricorso principale ed il ricorso incidentale vanno respinti perché infondati.

La natura della controversia giustifica l’integrale compensazione, tra le parti, delle spese di giudizio.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Molise (Sezione Prima), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Respinge il ricorso incidentale.

Compensa le spese.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Campobasso nella camera di consiglio del giorno 12 febbraio 2020 con l'intervento dei magistrati: Silvio Ignazio Silvestri, Presidente, Rita Luce, Primo Referendario, Estensore, Silvio Giancaspro, Referendario.

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