​Lavoratori in nero ai tempi del Covid-19: la triste storia di una madre single

L'emergenza Coronavirus mar 31 marzo 2020
Attualità di Valentina Cocco
3min
Lavoratori in nero ai tempi del Covid-19: la storia di una madre single ©https://catania.liveuniversity.it/
Lavoratori in nero ai tempi del Covid-19: la storia di una madre single ©https://catania.liveuniversity.it/

TERMOLI. Essere lavoratori in nero non è mai semplice: nessuna assicurazione o disoccupazione, niente busta paga o contributi, nessuna pensione o congedo per maternità o malattia. Se non vai a lavoro, non incassi i soldi della giornata e rischi di perdere quell’impiego che, seppur poco redditizio, ti permette di arrivare a fine mese. Lavorare in nero, ai tempi del Sars-Cov-2 è ancora più difficile, soprattutto quando il tuo introito dipende dalle pulizie effettuate in condomini, uffici o abitazioni private: nessuno ti fa entrare, per la paura del contagio, e tu ti ritrovi senza un euro per acquistare cibo per i tuoi due figli di 15 e 18 anni. Ancora peggio se sei una madre single che, da tre anni, combatte per avere la separazione ed il mantenimento.

«Mangiare ogni giorno è un’impresa», confessa Carla (nome di fantasia), 39enne residente a Termoli tra una lacrima e l’altra. La sua condizione economica e familiare è difficile e le restrizioni dettate dal Governo nelle ultime settimane sono una spada di Damocle in un universo non proprio roseo. Per lei restare in casa ha dei risvolti negativi sul portafogli, già provato da prima che la pandemia colpisse il Mondo, e sullo stomaco dei suoi figli che reclama cibo.

Riuscire a sbarcare il lunario è impossibile, ancora peggio riuscire a farsi aiutare: «Ho fatto richiesta per il reddito di cittadinanza ma mi è stato negato – racconta a TermoliOnLine mentre le lacrime scendono lente ed inesorabili e sua figlia le chiede un abbraccio – Purtroppo risulto ancora nel nucleo familiare del mio ex compagno e lui non vuole che la situazione cambi. A fine marzo avrei avuto l’udienza per la separazione, dopo tre anni che non stiamo più assieme, ma è saltato tutto a causa del virus. Lui lavora ed il suo Isee supera la cifra utile per la concessione del reddito. Peccato che lui non mi abbia mai dato il mantenimento».

Carla alloggia in un piccolo garage: un cucinino, i divani-letto ed un riscaldamento sono tutto ciò che possiede oltre all’amore dei suoi figli. Paga 100 euro al mese per stare lì, malgrado tutte le difficoltà per racimolare una cifra che, per altri, sarebbe irrisoria e trascorre le sue giornate chiedendo alle associazioni ed alla chiesa un aiuto per lei ed i suoi figli: «Non chiedo denaro o cibo, voglio lavorare. Lavoro da quando avevo 13 anni, andavo anche a scuola, e mi sono sempre mantenuta da sola. Se uno chiede aiuto e si umilia dinanzi ai suoi figli lo fa perché ne ha davvero bisogno. È facile dire di rimanere a casa, ma nessuno pensa a chi una casa nonpuò permettersela».

Ha bussato alle porte di tutti gli enti e le chiese di Termoli, ma nessuno sembra avere la possibilità di aiutarla: «Ho chiesto anche il sussidio al Comune ma non mi è stato concesso perché non sono ancora separata e risulto a carico del mio ex che non mi dà un euro. Mi hanno detto di portar loro le bollette, che non sono a nome mio, e le ricevute che attestassero le spese sostenute per mantenere i miei figli e, malgrado questo, hanno respinto la domanda. Lo concedono solo ai raccomandati». Per cercare di riempire il piatto dei figli, Carla si è recata anche in Caritas dove le hanno risposto che «avrebbero potuto provvedere solo alle medicine, nel caso in cui mi fossero servite», dalle suore «che mi hanno consegnato la lista delle chiese che forniscono generi alimentari agli indigenti» e nelle chiese che dopo i «primi due pacchi per i poveri hanno detto di non averne più a causa delle alte richieste a cui devono sopperire».

Ha contattato chi raccoglie generi alimentari provenienti dalla catena di solidarietà.

«Mi hanno detto che avrebbero portato pasta, acqua, latte e la salsa e mi hanno riferito che non sono riusciti a venire da me a causa della mole di consegne e di lavoro, assicurandomi che passeranno oggi o domani. Cosa darò da mangiare ai miei figli fino ad allora?».

Carla è una donna forte e tenace che, per sopravvivere, si adatta a tutto: «Ho fatto anche le pulizie al Palazzo Vescovile. Grazie a quei soldi ho potuto fare la spesa per due settimane, ma il cibo sta finendo. Ho chiamato tutti, ma non ti aiuta nessuno. Gli enti e le associazioni ti fanno rimbalzare da una parte all’altra senza darti un aiuto concreto. Io voglio solo lavorare, guadagnare qualcosa per permettere di acquistare cibo, vestiti e materiale scolastico per i miei figli. Non mi importa di altro. Non posso fornire le mie generalità perché temo che possano portarmi via i miei figli. Li ho cresciuti con amore e, a costo di non poter mangiare io, a loro non ho mai fatto mancare un piatto caldo a tavola».

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