«Si applichi al Molise il decreto Calabria, così non possiamo andare avanti»

La conferenza stampa gio 28 maggio 2020
Attualità di La Redazione
9min
La conferenza di Termoli Bene Comune-Rete della Sinistra ©TermoliOnLine
La conferenza di Termoli Bene Comune-Rete della Sinistra ©TermoliOnLine
Rete della Sinistra-Termoli Bene Comune

TERMOLI. Una decina di attivisti con cartelli alla mano e dovute mascherine hanno messo in scena una protesta sulla gestione della sanità pubblica nel Molise.

L'hanno fatta in piazza Sant'Antonio, dove Marcella Stumpo prima e Pino D'Erminio poi hanno illustrato i contenuti di una iniziativa politica: estendere al Molise il dispositivo del decreto Calabria, che assegna pieni poteri, di fatto, al commissario ad acta.

La conferenza è stata seguita in diretta Facebook da Termolionline.

«La nostra conferenza stampa arriva proprio nel momento in cui ci si dice che gli ospedali riprenderanno la loro attività normale perché l’emergenza virus è quasi finita.

Possiamo, e dobbiamo, dunque, riflettere sui tanti punti dolenti del periodo che abbiamo fin qui vissuto, e cercare di riprendere quel discorso globale sulla sanità molisana che portiamo avanti da sempre, e in questi due mesi ripetutamente, fino ad arrivare ad un esposto in Procura.

Da un lato abbiamo la condizione “normale”, appunto, del sistema sanitario locale: indebitamento siderale, squilibrio estremo tra pubblico e privato, smantellamento progressivo dei presidi ospedalieri, carenza cronica di personale e conseguente mancato raggiungimento di un decente livello diffuso di assistenza: di fatto, da noi i Lea restano spesso una sigla senza significato.

Dall’altro dobbiamo collocare lo spettacolo indegno del Presidente Toma e dei vertici Asrem che per due mesi e più non hanno saputo fare altro che chiudere gli ospedali, specie il San Timoteo, a qualunque accesso che non fossero gli interventi e i ricoveri salvavita, e anche quelli con gravi criticità, come hanno denunciato i primari di Campobasso. Dunque difficoltà o impossibilità di curarsi, mentre continuava l’indegno balletto della lotta intestina contro il commissario Giustini, reo di avere svelato come più di 29 milioni di tasse versate dai cittadini molisani per la sanità non fossero mai stati trasferiti al bilancio sanitario.

Riassumendo: gestione dilettantesca e improvvisata di una situazione grave, se pur non emergenziale in senso stretto; diritto alle cure e alla salute sospeso senza nessun vero motivo; prosecuzione dei contratti milionari ai privati a fronte di prestazioni minime, dato che per fortuna non ce n’è stato finora bisogno di interventi massicci; mancanza di un serio piano di ristrutturazione e assunzioni di personale per invertire l’inesorabile svuotamento degli ospedali regionali.

Nel mezzo, stritolati da questa formidabile tenaglia, i cittadini molisani: che non si sono più curati, per paura del virus ma soprattutto per l’impossibilità di controlli e prestazioni ambulatoriali. Che hanno visto crescere ancora il mostruoso debito sanitario regionale, e aumentare fino al massimo consentito in Italia tutte le tasse che dovranno pagare. A fronte di un sistema sanitario al collasso, che ha retto alle necessità imposte dalla pandemia unicamente grazie all’abnegazione del personale medico. Come sempre accade.

Il tutto, occorre dirlo chiaramente, senza che una sola parola, tranne le nostre, fosse spesa a Termoli a livello istituzionale, come avvenuto invece a Campobasso, per denunciare la colpevole assurdità di un ospedale inaccessibile per “sicurezza”: ma la sicurezza e l’accesso alle cure sono stati garantiti ovunque, persino a Milano e a Bergamo, loro sì travolte dallo tsunami coronavirus.

E ora di dire basta; è ora di riprendere in mano i nostri diritti costituzionali e dire chiaramente che non pagheremo più sulla nostra pelle incapacità, scelte scellerate, indifferenza totale per il bene dei cittadini che in teoria, secondo costituzione, si avrebbe il dovere di servire e tutelare. Abbiamo imparato in tutto il paese, se non altro, da questo difficilissimo periodo che è unicamente il servizio sanitario pubblico a salvare il paese, nei casi di difficoltà, e che la parola azienda diventa una parolaccia se la si accosta alla parola salute. E il recentissimo, tremendo servizio di Report ci ha sbattuto in faccia, nel caso noi molisani ne avessimo ancora bisogno, le orribili storture che la corsa al profitto può innescare in questo campo.

Poiché è nostra abitudine proporre, prima ancora di criticare, concludiamo dicendo che occorre l’immediata stesura di un piano sanitario che restituisca al Molise una sanità pubblica efficace e presente su tutto il territorio; l’inversione totale dello squilibrio pubblico-privato; un piano ragionato di assunzioni che permetta a tutti i reparti di funzionare bene; l’estensione al Molise delle disposizioni del Decreto Calabria.

Lo chiediamo con forza, in nome dei cittadini molisani che meritano, e hanno diritto a, una sanità degna di questo nome, emergenza o no. Pubblica, ovviamente».

LA LETTERA INVIATA AL MINISTRO DELLA SALUTE SPERANZA

Egregio Ministro, di fronte all’emergenza dovuta alla pandemia da covid-19, la Giunta regionale del Molise ha assunto iniziative tardive, ondivaghe ed inadeguate, quando non sbagliate, spesso in palese contrasto con il Commissario ad acta, nominato dal Governo per risanare il servizio sanitario regionale.

Nonostante che la nostra regione sia tra quelle meno colpite dal virus, la gestione balbettante dell’emergenza ha causato e sta causando pesanti ricadute negative sui molisani, che ormai dall’inizio di marzo non possono accedere ai servizi sanitari, se non per le urgenze. Il blocco degli ambulatori e dei ricoveri non in acuzie procura disagi e rischi anche gravi alla salute dei cittadini, nella diagnostica come nella cura. Ritardare la diagnosi e la cura può peggiorare il quadro clinico e comunque comporta il protrarsi di una condizione di sofferenza.

Soltanto pochi giorni fa l’ASReM ha comunicato che doterà gli ospedali di base pubblici di Termoli e di Isernia delle attrezzature necessarie a verificare i tamponi; attività cruciale, che è gravata e continua a gravare completamente sull’ospedale pubblico di Campobasso, DEA di I livello, con la conseguenza che i tamponi vengono centellinati agli stessi operatori sanitari, che sono i soggetti più esposti. Sempre e solo sull’ospedale pubblico di Campobasso è stato caricato il compito di fungere da centro regionale anti-covid, monopolizzando a tale scopo il reparto di rianimazione.

Il 5 marzo è stato bloccato l’ospedale di Termoli, che serve un distretto sanitario con circa 100.000 abitanti, in quanto sono risultati positivi al covid-19 due medici ed un tecnico di laboratorio. La riapertura, per le urgenze e per i trattamenti indifferibili, è avvenuta soltanto due settimane dopo, scontando lungaggini ed indecisioni sul da farsi.

Il 10 marzo l’ASReM ha emanato il “Piano aziendale per la gestione dell’emergenza coronavirus”: un documento inservibile, perché del tutto vuoto, sia dal lato della previsione dei possibili scenari che delle azioni conseguenti.

Le vicende legate alla pandemia si innestano su una già grave condizione del SSR del Molise.

Il SSR del Molise è entrato nella procedura di “risanamento” nel 2008 ed ancora non se ne vede la fine. I Presidenti di Regione che fino al 2018 si sono succeduti anche nel ruolo di Commissari del SSR hanno seguito tutti una medesima strategia di fondo, incardinata su tagli feroci al personale ed agli investimenti. Tale strategia non ha risanato i bilanci, ma è stata molto efficace nel disfunzionare la struttura e ridurre i servizi ai cittadini.

Nonostante i tagli, il SSR del Molise continua ad essere uno dei più spreconi d'Italia: dal 2011 al 2017 la spesa sanitaria annua pro capite in Molise ha oscillato intorno a 2.100 euro, contro una media Italia di quasi 1.900 euro; i 200 euro di spesa aggiuntiva non trovano riscontro in prestazioni maggiori o migliori offerte ai molisani, anzi è vero il contrario, dunque sono dovuti a maggiori sprechi, rispetto alla media nazionale. Gli sprechi – che appaiono incomprimibili – non sono mai dovuti al caso: dietro lo svantaggio per i molti c’è il vantaggio per i pochi.

Se prescindiamo dalle prestazioni “per natura” affidate a privati (medici di base, farmaci, riabilitazione extraospedaliera, ecc.), che assorbono il 23% della spesa del SSR (22% nella media Italia), il Molise si distingue per il peso debordante nell’assistenza ospedaliera e specialistica (visite ed esami) dei privati accreditati, che nel Molise raccolgono il 26% della spesa per ricoveri ed ambulatori, contro la media nazionale del 16%, che – tradotto in denaro – vuol dire un esubero di quasi 50 milioni.

Gli ospedali ed i centri diagnostici accreditati – complice l’accondiscendenza della Regione – orientano le loro attività verso le prestazioni che offrono un margine maggiore, non verso quelle che maggiormente servirebbero ai molisani. Da qui un doppio scandalo: il Molise è la regione al primo posto in Italia nelle percentuali della mobilità sia passiva che attiva.

L’indice di fuga (mobilità passiva) dal 2013 al 2018 è andato sempre in crescita, passando dal 23% al 29%, contro una media nazionale che era dell’8% ed è salita al 9%. In altre parole, quasi un terzo dei ricoveri di molisani avviene fuori regione. La mobilità passiva non comporta solo una perdita economica per il SSR del Molise (80 milioni nel 2018), ma rappresenta soprattutto un grave disagio per i circa 13.000 molisani e per le loro famiglie, che ogni anno sono costretti a cercare fuori i servizi che avrebbero diritto di ottenere in regione.

Si può credere che la mobilità passiva sia più che compensata da quella attiva (103 milioni nel 2018), dove il Molise è nuovamente in testa con un indice di attrazione nel 2018 del 31%, anch’esso in crescita rispetto al 27% del 2013. Il differenziale positivo tra mobilità passiva ed attiva (23 milioni nel 2018) è solo un’apparenza contabile, perché i due fenomeni sono economicamente e socialmente incomparabili. Sul piano sociale, il disagio dei molisani che devono rivolgersi fuori regione non si compensa con il disagio dei fuori regione che vengono in Molise. Sul terreno economico, il 94% dei ricavi da mobilità attiva finisce nelle strutture private accreditate. Se aggiungiamo che il SSR del Molise recupera la differenza attiva dopo circa due anni, mentre paga a 60 giorni i privati accreditati, salta fuori anche un costo implicito per anticipazioni finanziarie non inferiore ad un milione.

Il permanere della condizione deficitaria dei bilanci del SSR ha comportato l’innalzamento del prelievo tributario da devolvere obbligatoriamente al SSR; ma è emerso che la Regione dal 2015 al 2018 ha trattenuto illegittimamente un terzo delle maggiorazioni tributarie, per un importo pari a 29,7 milioni. Per il 2019 dovrebbero essere “maturati” altri 20 milioni di maggiorazioni, che la Regione ancora non versa al SSR.

Rompendo la “tradizionale” nomina del Presidente della Giunta regionale a Commissario alla sanità, il 7 dicembre 2018 il Governo nazionale ha nominato un Commissario ad acta “esterno”, che l’attuale Presidente della regione Molise non perde occasione di contestare (ha tentato, perdendo, anche la via giudiziaria). Si è arrivati così ad uno stallo istituzionale, tanto che deve essere ancora approvato il Programma operativo 2019-2021, che ormai andrebbe realisticamente messo da parte, per lavorare al Programma operativo 2021-2023.

Egregio Ministro, quanto illustrato impone un Suo intervento deciso e preciso, per fornire al Commissario ad acta gli strumenti atti a rompere lo stallo istituzionale che blocca il rilancio dei servizi del SSR. Diciamo rilancio, non soltanto ripianamento economico, ché un’ottica di ulteriori tagli sarebbe non solo economicamente illusoria, ma specialmente ingiusta.

Riteniamo pertanto necessario che vengano estese anche al Molise le disposizioni contenute nel Capo I del cd. Decreto Calabria (DL 35/2019, convertito con modificazioni nella legge 60/2019), che consentono al Commissario ad acta, all’esito di verifiche semestrali, se motivatamente negative, di rimuovere il Direttore generale dell’ASReM, sostituendolo con un Commissario straordinario, il quale, a sua volta, se del caso, può motivatamente rimuovere il Direttore amministrativo e quello sanitario.

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