Pandemia: decessi, aumenti dei prezzi e ritorni in Patria

L'osservatorio gio 04 giugno 2020
Attualità di Claudio de Luca
3min
Gestione covid ©TermoliOnLine
Gestione covid ©TermoliOnLine

TERMOLI. A leggere i social, la situazione economica non sarebbe delle più felici. Di questo passo, dopo che se n’è andata all’altro mondo un’intera generazione a causa del Covid, sussisterebbe anche il pericolo concreto che una parte del ceto produttivo vada ad ‘esaurirsi’ nel giro di pochi mesi. Forse il Molise non è il punto migliore di osservazione, un po’ per la sua classe politica versata in ben altra decenze, un po’ per il curioso modo di pensare di tanti, sicuramente affaccendati in tutt’altre faccende. Dal canto loro chi pratichi i ‘social’ alimenta una sorta di protesta di strada scarsamente proficua; ed ogni giorno, nella 20esima regione, va in iscena una ripartenza che, al massimo, si accoda al ‘deja vu’, sottolineando la solita (simbolica) consegna al sindaco delle chiavi della propria attività (manco se un primo cittadino avesse a rabbuiarsi per questo); poi l’eterno ‘pour parler’ di mascherine, di distanze di sicurezza, di collocazione di ombrelloni sulle spiagge libere. E tutto ciò mentre si avvicina l’autunno che sarà la nostra vera stagione dello scontento. Opportuno, allora, vedere cosa si agiti di più serio oltre il piccolo mondo molisano che ‘bighellona’ fra i problemi.

Il famoso discorso del ‘premier’ Conte sul sostegno all’economia è parso a molti impalpabile e lacunoso, un po’ come i protocolli delle banche che per cedere i soldi promessi usano il contagocce, non facendo arrivare la liquidità. La Politica, invece, dispensa ottimismo pur sapendo che i prossimi mesi saranno tremendi. Persino chi si sia convinto che la ripresa ci sarà, comprende bene che essa sarà lentissima. Basta chiedere un caffè al bar per sapere che i prezzi stanno salendo; come pure il conto al ristorante e gli usuali servizi alla persona (visto che, persino i cinesi, han fatto lievitare
l’importo di un taglio di capelli). Il carrello della spesa accelera in modo marcato (da +1 a +2,6%); gli alimentari lievitano addirittura ad un rincaro mensile medio del 2,8%; e la crescita dei prodotti ad alta frequenza d’acquisto (detersivi, saponi, disinfettanti, prodotti per l’igiene della person e della casa in genere) passa da +0,6 a +0,8%.

E’ successo persino per i limoni, transitati da 60 cent ad 1,50 euro; per le fragole, vendute ad oltre 7 euro (ed ora tocca alle ciliegie). I cavolfiori sono aumentati del 230%, le carote raddoppiate da 40 ad 80 cent; le arance sono salite anche fino a 3 euro. Ma i rincari maggiori si sono avuti per le uova (+77%) e per la farina (+80%). Certi prodotti per la cura della persona sono letteralmente impazziti. La speculazione ha colpito mascherine e guanti, con ricavi arrivati al 500%. Una scatola, ammesso di riuscire a trovarli, è passata da 3 euro per 100 pezzi a 9 euro per 10 pezzi. Per le mascherine i rincari salgono a 15 volte tanto, mentre quelle del Commissario per la Protezione civile non si trovano perché costerebbero poco. Non parliamo, poi, del ‘boom’ di vendite di alcol (+400%), dei disinfettanti e dei presidi individuali di protezione. Assalto all’arma bianca persino sulle tinture per capelli (+135%), su candeggina (+200%), salviettine (+600%) e detergenti (+380%). Insomma i prezzi si sono allineati al rialzo e, per fortuna, la distribuzione ha giocato un ruolo positivo. Cosicché i supermeati hanno evitato i rincari mentre l’ ‘online’ è stato il luogo dove si sono
registrate le maggiori speculazioni. La mascherina ha messo a nudo i grandi limiti della globalizzazione, diventando il simbolo dell’eccesso
di specializzazione per aree geografiche e della ricerca spasmodica della maggiore efficienza e del osto più basso. Di colpo ci siamo accorti che solo alcuni Paesi producono beni essenziali, come la mascherina.

Tra tanti guai, almeno una fortuna: la rilocalizzazione di talune imprese strategiche in Patria ed il rientro delle fabbriche che erano state delocalizzate in Paesi a basso costo del lavoro. Cosicché Società che operano nel settore-abbigliamento e pellame, seguite da aziende informatiche e di apparecchiature elettriche hanno deciso di rientrare in Italia. Uno degli ultimi ritorni è stato quello della Candy di proprietà della cinese Haier che ha riportato la produzione di lavatici da incasso, puntando sulla competenza dei dipendenti italiani.

Claudio de Luca

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