​Col Mes anche il Molise disporrebbe di tanti soldi

L'osservatorio lun 13 luglio 2020
Attualità di Claudio de Luca
4min
Mes ©Money.it
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MOLISE. Col Mes anche il Molise disporrebbe di tanti soldi. Per le strutture private? Talvolta è solo il caso a condurti dove, da solo, non saresti mai arrivato. Incontro un vecchio amico universitario, laureato in Scienza delle finanze, consulente di diversi politici bolognesi proprio in grazia della sua riconosciuta competenza. Per i suoi acquisti in edicola attinge a vari quotidiani, tutti autorevoli e degni di rispetto. Questo perché l’antico sodàle non è legato ad alcuna sigla politica in particolare, preferendo accostarsi – senza pregiudizi – alle opinioni di questa o di quell’altra testata. L’altra sera, tra le piazze Maggiore e Nettuno, mi ha segnalato un articolo sul Mes scritto dal Direttore italiano del ‘Max Planck Institute’ di Colonia (Luigi Baccaro), esortandomi a meditarne i contenuti.

L’Autore parlava di cose che, in qualche modo, già mulinavano nella mia testa, seppure ne avessi a rifuggere per la mia scarsa competenza in questa materia. In sintesi il pezzo sosteneva che il Mes sarebbe stato apprestato per ‘robotizzare’ la Penisola. I Paesi nord-europei (Germania in testa) l’avrebbero apprestato per sottoporre al proprio controllo la spesa pubblica nostrana. Continuando nella lettura, il Direttore del “Max Plank” metteva a parte l’ìnclita dell’èsito finale del tentativo: di fronte all’eventuale aggravarsi della crisi economica, provocata dall’incedere del Covid-19, poteva essere posto in essere un Mes di gran lunga più esteso, addizionato dalle pesanti condizioni disposte in questi casi dai trattati dell’Unione. Il copione sarebbe stato quello solito: dapprincipio una moltiplicazione degli inviti a fare presto; dopo di che, a cose fatte, sarebbe stato ben difficile (per i giovani virgulti del Governo italiano) ignorare l'invito in cui venivamo sospinti. A quel punto ne sarebbe derivato il trànsito dei poteri di governo alla Troika.

Un’evenienza che, per un soggetto esperto di queste cose (quale Baccaro), non sarebbe stata inattesa. Sin qui il chiaro ragionamento dell’Autore che, temendo il ricorso dell'Italia al Mes-sanitario, spiegava ancora: ”A porre fine al teatrino delle polemiche (che dura da mesi) non sarà una scelta politica, chiara e ponderata, quanto piuttosto il prevalere di precisi interessi economici che si richiamerebbero agli appetiti della Sanità privata”. Intendeva sottolineare che una certa politica, vedendo esposto, alla propria portata, un gruzzolo di 36 miliardi, non si sarebbe fatta sfuggire l’occasione; e le ‘lobbies’ del settore, presenti come sono in ogni Regione, dopo di avere operato in silenzio, avrebbero saputo ricavarne il risultato auspicato. Guardando alle cose senza paraocchi, arriveremmo ad un Pd (primo garante per il Mes sanitario) ed a Silvio Berlusconi con FI (che, inserito in certi gangli, sostiene che la sua firma sotto il documento non significherebbe la rottura del Centrodestra). E questo può essere anche vero nel senso che sia il Cav che i ‘dem’ stanno solo facendo l'interesse della Sanità privata (che sarebbe il vero ‘dominus’ della situazione). Ma perché sostenere che si debba parlare di “affari” della Sanità privata?

Di sicuro perché, per chi opera nel settore, in grazia del sistema dei servizi accreditati (quelli rimborsati dallo Stato e dalle Regioni), essa è solo un affare; e, come tale, è giusto che produca utili. Un ‘business’ che coinvolge il mondo imprenditoriale e che, negli ultimi anni, si è allargato di gran lunga. Secondo un ‘rèport’ della ‘Bocconi’, nel 2018, la spesa-SSN per assistenza privata accreditata ha registrato un valore medio di 392 €/ab., pari al 20,3% di quella complessiva, in aumento rispetto al 2017 (362 €; 18,8%). Tale incidenza varia sensibilmente a livello regionale, passando dai massimi registrati in Lombardia (27,5%), Lazio (24,5%) e Molise (23,2%), al minimo del 6,7% in Valle d’Aosta, unica regione insieme all’Umbria (9,3%) e alla PA di Bolzano (9,7%) sotto il valore del 10%. Nella “ospedaliera accreditata” si passa da una spesa pro-capite massima in Molise (237 €) ad una minima in Basilicata (21 €), con un valore medio pari a 146 € di spesa a testa ed un coefficiente di variazione pari al 41,9%. L’attività specialistica presenta una variabilità interregionale in termini di coefficiente di variazione pari a 41,0%, con valori particolarmente elevati in Campania e Molise (132 € e 127 € capitari, rispettivamente). Per trarre una sintesi, dovremmo concludere che - se davvero arrivassero i 36 miliardi del Mes-sanitario - tutte le Regioni avrebbero a disposizione una montagna di soldi da distribuire ai privati (cliniche, centri di analisi, istituti per la riabilitazione, case per anziani …) .

Tutto questo rimanda la mente ad una simulazione del ‘Corrierone’: 6 miliardi alla Lombardia; 3 al Veneto, all’Emilia-Romagna, al Lazio, alla Campania ed alla Sicilia; 2,3 alla Toscana, 2,4 alle Puglie, poco meno di un miliardo alla Liguria (e ce n’è, come abbiamo visto, anche per il Molise). E’ stato proprio grazie ad ‘èscamotages’ del genere che - negli ultimi 10 anni - la Sanità privata accreditata ha visto lievitare le proprie entrate, raggiungendo in media (2018) il 20,3% della spesa sanitaria nazionale (116 miliardi). Il privato accreditato gestisce il 31,3% dei posti-letto ospedalieri a livello nazionale. Ma all'interno di questa media vi sono picchi quasi incredibili per alcuni servizi: sono a cura dei privati accreditati il 72,9% di tutti i posti-letto per la riabilitazione ospedaliera, con Liguria, Marche e Basilicata al ‘top’; il 51,7% dei posti-letto per le lungodegenze post-acuzie ed il 23,5% per gli acuti. Il privato è invece poco presente nell'emergenza sanitaria (9%), dove i ricoveri non sono programmabili ed i casi più complessi.

Claudio de Luca

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